Benvenuti ad un nuovo #Gamersdigest, recap delle principali notizie della settimana videoludica appena trascorsa.
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Giusto poche settimane fa Google ha messo la parola fine al progetto di Stadia, un concept tanto bello sulla carta quanto deludente nella pratica, almeno in termini di ritorno economico per l’azienda. Tuttavia Google non sembra avere intenzione di abbandonare il mercato del gaming, questa volta con un piano in scala più ridotta, ma d’altra parte con minori necessità di investimento e più plausibili successo di pubblico: parliamo infatti di Google Play Games, la piattaforma digitale pensata per portare su PC parte dello sterminato catalogo di videogiochi sviluppati per dispositivi mobili ed acquistabili fino ad oggi unicamente tramite il Play Store installato negli smartphone con sistema operativo Android.
Ad oggi il servizio è attivo sottoforma di beta pubblica in soli 7 paesi: Corea del Sud, Cina (limitatamente a Hong Kong), Taiwan, Thailandia e Australia, con l’intenzione dichiarata di estendersi sempre più nei prossimi mesi. L’aspetto interessante dell’operazione, oltre che di esporre i titoli del catalogo ad un bacino d’utenza ben più ampio di quanto non lo sia ora, è quella di garantire la funzionalità cross-save per tutti i titoli, rendendo così semplicissimo proseguire la propria partita tra PC e mobile, senza soluzione di continuità: proprio in ciò si vede l’eredità tecnologica di Stadia.
Per il resto, il catalogo disponibile al momento comprende una quarantina di titoli, certamente una quantità infinitesimale rispetto alla totalità dei giochi mobile: tuttavia Google assicura che ciascun titolo selezionato viene riadattato ad hoc nella sua versione PC con la collaborazione dello sviluppatore originale, quindi dovremmo poterci aspettare delle conversioni di ottima qualità. per un elenco aggiornato dei titoli vi rimando alla pagina ufficiale del servizio, dove potete anche iscrivervi per ricevere una notifica non appena sarà disponibile nel nostro paese.
Che il Giappone sia da sempre un paese di Sonari e Nintendari è cosa ovvia e nota a chiunque. Non è altrettanto evidente, almeno per noi occidentali, quanto il PC gaming stia prendendo piede negli ultimi anni nella terra del Sol Levante, come dimostrano i risultati di una ricerca condotta dai KADOKAWA ASCII Research Laboratories, i cui risultati sono stati riportati dal blog KantanGames.
Secondo tale ricerca, nel 2021 il settore PC gaming ha fatturato 896 milioni di dollari, circa il doppio del 2018. Stiamo quindi parlando di un settore che ha raddoppiato il proprio volume d’affari in soli 3 anni! Anche sul fronte del numero di giocatori la crescita è notevole: dagli 11 milioni di utenti del 2015 si è passati ai 16 del 2021, con un incremento del 45%. Se poi si considerano i giocatori che utilizzano unicamente il PC come piattaforma, si assiste anche in questo caso ad un raddoppio secco, dai 2.2 milioni del 2015 ai 4.5 del 2021.
La ricerca ha anche stilato una lista di motivazioni per giustificare questo trend così positivo: alcune di queste riguardano situazioni globali che si sono presentate allo stesso modo nel resto del globo, vedasi le restrizioni causate dalla pandemia, lo shortage di componenti che hanno causato penuria di console next-gen, e lo spopolare recente su PC di alcune IP come PUBG o lo stesso Final Fantasy XIV, per restare in terra nipponica. Altre motivazioni sono più localistiche, e riguardano ad esempio la sempre maggior penetrazione degli store digitali come Steam nel mercato giapponese, l’aumento dei giochi NFT/blockchain-based che generalmente in Asia sono meglio visti che altrove, e la sempre maggior presenza su PC di port o capitoli ad hoc di IP nate nel segmento mobile, da sempre una delle modalità di gioco più apprezzate dal pubblico di quelle latitudini.
In tale ottica acquisisce ancora più senso il servizio Microsoft di cui si è parlato sopra: Xbox ha sempre faticato parecchio a fare breccia nei cuori giapponesi, ma l’azienda di Redmond potrebbe aver subodorato il trend in atto e predisposto la tecnologia necessaria per penetrare un mercato tradizionalmente restio alle sue avances.
Remedy ha diffuso i dati finanziari del Q2, dai quali emergono luci ed ombre: il developer ha aumentato i propri ricavi Y-o-Y del 7% e ha sostanzialmente pareggiato in termini di vendite (+0.3%), ma il saldo finale è negativo, assestandosi su una perdita di 3 milioni di Euro.
Ciò è da imputare a 2 fattori principali: il primo, più che comprensibile, è dovuto alle spese di sviluppo di Alan Wake 2, che come sappiamo è in lavorazione almeno dall’anno scorso (il reveal trailer risale a dicembre 2021), e la cui uscita è prevista per il 2023. Il secondo, più preoccupante, sono le mancate royalties incassate da Alan Wake Remastered, ovvero le percentuali che uno sviluppatore incassa su ogni copia venduta del proprio gioco. Come riporta Gamesindustry, Remedy ha spiegato che nel periodo preso in esame, le royalties hanno costituito solamente il 5% dei ricavi complessivi.
Questo significa, in soldoni, che la Alan Wake Remastered ha venduto molto poco. Non è dato sapere quanto esattamente ed è un peccato, sarebbe stato interessante conoscere i dati di vendita per farsi un’idea di quanto questo tipo di operazioni, ormai prassi comune di qualunque software house che vanti in scuderia una IP dormiente, possa effettivamente generare in termini di ritorno economico.
Anche il servizio in abbonamento di Sony è in emorragia di utenti, come si evince dal report finanziario ufficiale (andate a pagina 9 e 10). Da quando sono stati annunciati i nuovi tier di abbonamento sono iniziate defezioni massicce, che hanno portato PS Plus a totalizzare una perdita complessiva Y-o-Y di circa 2 milioni di sottoscrittori (45.4 milioni nel 2022 contro 47.2 del 2021). La contrazione è tuttavia bilanciata da numeri confortanti per quanto riguarda le vendite hardware (rimaste invariate a 3.3 milioni di PS5, lo stesso numero del Q2 2021) e software (370 milioni di Yen ricavati tra giochi fisici e digitali, contro i 343 dell’anno prima).
La cosa che colpisce è che l’aumento di ricavi riguarda anche i servizi del Network: si registra infatti un aumento del 17%, passando dai 100 milioni di Yen del Q2 2021 al 117 del corrente Q2 2022. Insomma Sony con il PS Plus ha fatto bene i suoi calcoli: è riuscita ad individuare un range di prezzo che le ha assicurato introiti maggiori nonostante la perdita di parte del pubblico.
Cosa si può dedurre da questi dati: forse coloro che giocano in abbonamento hanno maggiore diponibilità a pagare rispetto agli altri? Sembra una conclusione in antitesi con la vulgata che inquadra i servizi pay come una democratizzazione del gaming per tutte le tasche. Forse è così in teoria, ma nella pratica i giocatori sembrano maggiormente propensi a pagamenti una tantum, piuttosto che a sobbarcarsi un’uscita fissa. Sarà interessante monitorare la situazione sul lungo periodo per provare a trarre qualche conclusione più avveduta.
La frenata comunque non riguarda solo Sony, ma investe un po’ l’intero settore, come dimostrano altri Q2 report (o H1 per chi li fa semestrali come Nintendo e Square Enix) gentilmente riassunti da GameIndustry:
Settimana scorsa vi avevo dato la flash news della nascita di Bodeville, un nuovo studio fondato dai fuoriusciti di Niantic Alexia Mandeville e Bo Boghosian, al lavoro su due giochi fortemente story driven, di cui ancora nulla si sapeva. Ora i due creativi hanno rilasciato le prime informazioni su uno di questi progetti.
Intitolato Watchmakers, ed è il risultato delle fonti si ispirazione più disparate, da Firewatch a BotW, da Horizon a A Night in the Woods. Da alcuni di essi hanno attinto a livello estetico, da altri a livello di meccaniche di gameplay. In definitiva il team racconta di essere pervenuto ad un punto fermo: creare un open world story driven. La coppia di autori ha anche svelato quella che sarà la tematica cardine che guiderà la narrazione:
Sono così tante le persone che, per un motivo o per l’altro, non compiono quel salto che potrebbe cambiare la loro vita per sempre. E se potessimo stimolare anche solo una o due persone a farlo? Questa è la storia di Watchmaker.
Alexia Mandeville and Bo Boghosian, newsletter di Bodeville – 11/08/2022
A vedere l’immagine proposta, mi potrei aspettare un’avventura a forte componente platform con grafica in cel shading e atmosfere alla Sable, ma un’immagine significa tutto e niente. Non resta che seguire il profilo Twitter di Bodeville, tramite il quale gli sviluppatori hanno annunciato di voler condividere ulteriore materiale nel corso delle prossime settimane.
Continua il balletto di accuse reciproche che da qualche settimana vede coinvolti i 3 fondatori del collettivo ZA/UM nonché creatori del videogioco Disco Elysium (il designer Robert Kurvitz, la scrittrice Helen Hindpere e l’art director Aleksander Rostov), e il board di amministrazione che li ha licenziati a fine anno scorso.
Dopo la denuncia di Kurvitz nei confronti della società, stavolta è ZA/UM a rispondere, anche se non per vie legali, bensì tramite dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa. Il CEO dell’azienda Ilmar Kompus ha infatti sostenuto che i soggetti – in particolare Robert Kurvitz – si sarebbero resi più volte protagonisti di episodi di mala condotta nei confronti dei colleghi e sottoposti, con atteggiamenti volti a sminuire in particolare le colleghe donne. L’uomo sostiene che queste notizie non siano uscite prima perché il personale si sentiva in debito con i fondatori per il successo del gioco, e di conseguenza temevano di compromettere la propria posizione denunciando i soprusi.
Non solo: secondo Kompus, Kurvitz e un socio di minoranza dell’azienda, tale Saandar Taal, avrebbero addirittura commesso un tentativo di furto di proprietà intellettuale, agendo sottobanco per vendere la licenza di Disco Elysium ad altre major videoludiche, ovviamente senza il mandato da parte di ZA/UM.
Infine, la società ha inviato un comunicato a GamesIndustry, riassumendo le ragioni dei licenziamenti eccellenti:
Per chiarezza e precisione, rendiamo pubbliche le motivazioni che hanno portato al giustificato licenziamento di alcuni ex dipendenti di ZA/UM:
● Scarsa o nulla applicazione rispetto al proprio lavoro e alle proprie responsabilità – tra cui non svolgere alcun lavoro effettivo pur continuando ad essere pagati dallo studio per quasi due anni – e aver forzato i colleghi a sobbarcarsi lavoro extra per compensare il loro lassismo.
● Aver creato un ambiente di lavoro tossico, in antitesi rispetto alla cultura aziendale di ZA/UM e alla produttività del team.
● Mala condotta nelle interazioni con i colleghi, inclusi abusi verbali e discriminazioni.
● Tentativi di vendere la proprietà intellettuale di ZA/UM ad altre aziende produttrici di videogiochi con lo scopo di delegittimare il resto del gruppo.
Stralcio del comunicato di ZA/UM pubblicato da GamesIndustry – 9 novembre 2022
Insomma lo studio sostiene di aver agito per ragion etiche e di protezione della propria IP, negando con forza problemi di natura economica. Si dice inoltre convinta che la causa legale che si aprirà a fine mese darà ragione a ZA/UM. Si preannuncia un match più serrato di Heard-Depp. Ma forse non al livello di quello qui sotto…
Avreste probabilmente gradito un approfondimento sulla diatriba Mick Gordon-id Software in merito alla OST di Doom Eternal, e io avrei altrettanto gradito fornirvelo. Tuttavia è tanto ampia la mole dello scritto difensivo che Gordon ha pubblicato tramite medium.com, in risposta alla lettera aperta pubblicata su reddit nel 2020 dal director dello studio Marty Stratton, che non ho avuto tempo di esaminarlo con il grado di approfondimento necessario. Rimando quindi ogni considerazione ad un approfondimento futuro, anche perché è prevedibile che ci saranno sviluppi nelle prossime settimane che potranno corroborare o meno le tesi dei due contendenti. Stray tuned e, se ve la cavate con l’inglese e vi piacciono le letture lunghe, avete di che tenervi impegnati.
Flash news su trailer e annunci della settimana:
Questa settimana vi abbiamo offerto una sola recensione, quella di Triangle Strategy, il TRPG di Square Enix che Gateano Rilievo si è divertito a spolpare in lungo e in largo, tracciandone una disamina precisa ed esaustiva.
In compenso vi abbiamo inondati di contenuti a tema God of War Ragnarok, uscito settimana scorsa: chi se non Simone Alvaro “Guybrush89” Segatori poteva offrirvi tutte le guide di cui avete bisogno per concludere il gioco al 100%? Ecco spuntare la sua guida completa, dalla quale è possibile accedere anche a quelle specifiche sui trofei (che però è di Claudio Albero), i Cervi delle Quattro Stagioni (yes, ancora Claudio Albero), GNÁ (sempre Claudio Albero), Re Hrolf e i 13 Berserker (davvero, proprio Claudio Albero) e le sfide di Muspelheim (questa l’ha scritta… sì, mi pare Claudio Albero), oltre ai collezionabili regione per regione (ecco, queste ultime in effetti sono di Segatori. A voi giudicare chi abbia lavorato di più).
Abbiamo anche potuto provare un paio di titoli in anteprima:
Pietro Falzone si è immerso nelle atmosfere misteriose di Blacktail, avventura del team polacco THE PARASIGHT che spolvera il mito slavo della Baba Yaga.
Invece Simone Mauro si è gettato a capofitto nella prova della demo PS5 di Wo Long: Fallen Dynasty, l’action RPG con cui Team Ninja vuol dimostrare ancora una volta di essere uno dei leader indiscussi del genere.
Infine tanto spazio per le rubriche:
Stefano Sergente ci parla di una delle figure più importanti per la storia dell’iconografia videoludica giapponese, ovvero dell’incredibile percorso di Yoshitaka Amano che – è ora di dirlo – NON ha fatto solo le illustrazioni di Final Fantasy. Ma non solo, ha anche compiuto la prima tappa di un’analisi su più articoli tra cinema e videogiochi, e più in particolare di quando i videogiochi ispirano i film.
Pietro Falzone si è gettato in una disamina musicale, analizzando la colonna sonora di Dark Souls tra impressionismo, pantonalità e…Kaiju?!
Ravanando nel passato del medium, Luca Venturino vi racconta come funzionavano i controlli di Resident Evil IV, così avrete un metro di paragone quando giocherete il remake.
Anche Michele Longobardi si è sentito un po’ archeologo questa settimana, ed è andato ad indagare una questione di prospettiva: com’è cambiata la telecamera nel genere horror.
Infine c’è il sottoscritto, che vi ha offerto una nuova #aDevStory su Bloober Team (parte 1, parte 2) per chi ha fame di retrospettive, ed un identikit del videogiocatore contemporaneo, per chi al mattino mangia caffelatte e statistica.
Per questa settimana è tutto.
Appuntamento a domenica prossima con il #Gamersdigest 46.
This post was published on 13 Novembre 2022 10:00
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