Benvenuti ad un nuovo #Gamersdigest, recap delle principali notizie della settimana videoludica appena trascorsa.
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Questo digest è in versione ridotta per cause di forza maggiore, sorry. Settimana prossima lo farò lungo il doppio, così siamo tutti più contenti.
Non si fa in tempo a dire “convergenza mediatica” che subito spunta fuori una nuova media company impegnata in adattamenti audiovisivi di videogiochi. Dopo avervi raccontato delle collaborazioni in atto tra case di produzione e sviluppatori come Nintendo e ZA/UM (l’uno per Super Mario Bros. – Il film; l’altro per una serie tratta da Disco Elysium), questa settimana arriva l’annuncio della formazione di una nuova realtà produttiva: si tratta di Story Kitchen, compagnia creata da Dmitri Johnson, già fondatore di quella Dj2 Entertainment impegnata proprio nell’adattamento del gioco di ZA/UM. Assieme a lui hanno unito le forze Derek Kolstad, ideatore e sceneggiatore della serie cinematografica John Wick, e l’agente Mike Goldberg, ex membro della talent agency californiana APA.
Siamo giunti tutti alla stessa conclusione: che l’unico modo per velocizzare la realizzazione dei nostri sforzi relativi alla creazione di stupendi franchise e universi narrativi era quello di unirci era quello di unirci in una singola entità. Ultimamente abbiamo visto molte volte mettere in pratica questa strategia, con il film Uncharted di Sony, basato sulla serie di videogiochi omonima, e l’imminente serie televisiva che HBO sta producendo basata sul videogioco The Last of Us.
dichiarazione dei fondatori di Story Kitchen riportata da Dean Takahashi per GamesBeat – 7 ottobre 2022
Si tratta di una strategia transmediale consueta, solo che ora avviene all’inverso, visto che in passato si è concentrata sul realizzare videogiochi tratti da film.
Lecito dunque attendersi che il focus della neonata compagnia sia proprio l’adattamento di videogiochi di successo in prodotti audiovisivi, seriali e non. Su quali IP possa rivolgersi l’attenzione di Story Kitchen vige per adesso il riserbo, sebbene Johnson abbia dichiarato che ci sono già progetti in atto. Rimaniamo in attesa di annunci ufficiali in merito.
Ogni tanto è gratificante dare una bella mano di vernice agli uffici delle software house, e magari anche cambiare la targhetta all’ingresso. È accaduto di recente a Koch Media, ribrandizzata Plaion (si è messa così al riparo da imbarazzanti pronunce del suo nome, oltre ad aver sottolineato come ormai il gaming sia il core business, a discapito della distribuzione e dell’editori home video) ed è accaduto ora in casa Embracer Group. È ormai notizia nota che Square Enix abbia svenduto a Embracer i suoi studi occidentali, ovvero Eidos-Montréal (sulla cui gestione problematica si è espresso il suo fondatore) e le sue sussidiarie Crystal Dynamics e Square-Enix Montréal.
Il rebranding ha interessato proprio quest’ultimo studio, che in uno slancio di fantasia è stato ribattezzato Onoma (ovvero “nome” in greco). Nel comunicato ufficiale rilasciato dallo studio, si spiega che la scelta del nome è stata orientata da motivi fonetici, ovvero dal tentativo di trovare una parola che fosse facile da pronunciare sia in lingua inglese che francese, nonché dalla ricerca di una parola che volesse rappresentare un nuovo inizio, nonché un orizzonte aperto di possibilità. Forse si tratta di un tentativo di smarcamento dalla precedente nomea di sviluppatore di soli giochi mobile (la serie GO), che ha contraddistinto le produzioni dell’ultimo decennio. Impossibile dire di più per ora, dato che non trapelano informazioni ufficiali sui progetti futuri. I giochi attualmente in lavorazione infatti continuano nel solco già ampiamente tracciato.
In compenso il team è in piena campagna assunzioni: scrutando le posizioni aperte si può vedere una propensione per sviluppatori con conoscenza di ambiente Unreal Engine 4 o 5, esperienza in produzioni AAA e capacità di ottimizzazione per piattaforme PC e console. Insomma tutto l’occorrente per sviluppare grandi produzioni multipiattaforma.
D’altra parte il rebranding può riguardare anche singoli servizi offerti da una compagnia: è il caso di EA, che ha ufficialmente dismesso il suo client Origin, sostituendolo con la più catchy EA app, dotata di un’interfaccia sicuramente più snella ed intuitiva. In questo modo la compagnia ha anche tagliato l’ultimo fievole legame con un passato molto remoto, ovvero la collaborazione di lungo corso avuta con Origin System, la software house fondata dal leggendario Richard Garriott, creatore della serie Ultima.
Proprio in virtù dell’acquisizione dello studio di Garriott, EA entrò in possesso del marchio Origin, che utilizzò per nominare il suo client a partire dal lancio avvenuto nel 2011: Origin Systems era già stata smantellata nel 2004, a seguito dei forti attriti tra il personale dello studio ed il nuovo management di EA che ne stravolse struttura e pratiche di lavoro (sul tormentato rapporto tra le due compagnie e sull’avventura imprenditoriale di Richard Garriott è stato scritto un monumentale libro in due volumi che abbiamo recensito qui). Insomma un piccolo cambio di nome dietro cui si cela un grande capitolo di storia del videogame.
Certi lavoratori hanno pretese assurde. I QA tester ad esempio sono davvero insopportabili: non solo tentano ogni due per tre di fare un sindacato per il puro piacere di dar fastidio ai manager (sta succedendo in questi mesi a Raven Software), ora vorrebbero pure essere pagati di più. Pagati per videogiocare! Ma vi rendete conto! E se li fai “lavorare” troppo o li paghi troppo poco vanno a lagnarsi dai giornalisti. Signori miei dove andremo a finire!
Stavolta i piantagrane provengono da Quantic Lab, società rumena specializzata in QA facente parte della neonata divisione Freemode di Embracer Group, da cui è stata acquisita nel 2020. La società era salita agli onori delle cronache già quest’estate a proposito dell’insoddisfazione espressa da CD PROJEKT RED per il lavoro di testing compiuto su Cyberpunk 2077, che aveva portato al mancato rinnovo del contratto di fornitura dei servizi offerti da Quantic Lab. Proprio un gruppo di 10 tester della compagnia (8 ex dipendenti e 2 attualmente assunti) hanno rilasciato dichiarazioni a PC Gamer sulla vicenda, scoperchiando una realtà aziendale fatta di scorrettezze e paghe da fame.
Nel concreto, durante il lavoro su Cyberpunk 2077 la paga mensile per un tester junior sarebbe stata di 1450 Lei (circa €300), mentre un figura senior sarebbe potuto arrivare a €680. Le condizioni di lavoro poi sarebbero state particolarmente provanti in periodo pandemico, con l’obbligo di recarsi a lavorare in ufficio, senza alcun rispetto delle norme di distanziamento sociale (ai manager sarebbe stato invece consentito il telelavoro). In generale le fonti denunciano la totale mancanza di etica aziendale rispetto agli accordi presi con i committenti, cui si prospettavano ampie squadre di lavoro con anni di esperienza: secondo la versione di questi impiegati, invece, Quantic Lab prende sistematicamente una quantità di ingaggi di molto superiore alla forza lavoro di cui dispone, così da assegnare a ciascun tester un carico di lavoro esorbitante e spesso al di là del livello di preparazione del singolo lavoratore, costretto a turni massacranti e sprovvisto di preparazione sufficiente.
Dulcis in fundo, spesso ai tester non viene riconosciuto alcun credito per il proprio lavoro nei titoli di coda dei giochi cui ha lavorato. Forse, nel caso specifico di CP 2077, questa è l’unica nota positiva per i lavoratori coinvolti…
Flash news su trailer e annunci della settimana:
Niente recensioni a questo giro, in compenso sono diverse settimane che Alessandro Colantonio si esibisce in virtuosismi alla chitarra tramite Rocksmith+, con buona pace dei suoi vicini di casa. Leggete le sue prime – ma approfondite – impressioni in questa anteprima.
Rimasto senza più stimoli, al buon Michele Longobardi non resta altro da fare che indugiare nella sua passione proibita: quando il noir diventa furry. Michele ha anche un’altra passione, decisamente meno equivoca, ovvero gli indie: perciò in questo nuovo pezzo della rubrica #indie vi insegna come grazie ad essi potete fare retrogaming.
Gli appassionati di picchiaduro possono tuffarsi nell’intervista a Geecko, un vanto italiano nella community di Street Fighter V, condotta dal nostro fidato Pietro Falzone.
In conclusione vi spetta un sonora bacchettata da parte di Alessio Acunzio, che vi esorta a smetterla di comprare il monitor sbagliato, offrendovi qualche utile suggerimento per effettuare scelte più razionali.
Per questa settimana è tutto.
Appuntamento a domenica prossima con il #Gamersdigest 42.
This post was published on 16 Ottobre 2022 10:00
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