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Cosa vuol fare da grande Bluepoint Games?

La notizia dell’approdo di Bluepoint Games fra i PlayStation Studios, ormai di una settimana fa, è stata una conferma di un rumor in circolazione ormai da qualche mese. Di fatto, grazie soprattutto alle varie remastered per il colosso giapponese, molti hanno visto in questo passo qualcosa di logico, naturale e strategico.

Ma quale è il futuro di Bluepoint Games in questa sua nuova dimensione? Avrà semplicemente il ruolo di curatore delle remastered next gen dei successi Sony, come suggerirebbe un rumor di un remake di Bloodborne (altra esclusiva PS4, qui la notizia)?
O nel suo futuro c’è una dimensione di studio di sviluppo di “originali”, come vogliono le dichiarazioni su un futuro gioco non basato su un successo del passato (il primo dal 2006)?

Ragioniamoci assieme.

Bluepoint Games: i guardiani della legacy

Chiunque bazzichi il videogioco sa quanto Bluepoint sia stata in un certo senso strategica nella generazione scorsa, a tutti gli effetti la prima che abbia mostrato un’attenzione smaniosa verso remastered e remake di giochi dei decenni precedenti: dai lavori su Shadow of the Colossus e Ico (portati prima da PS2 a PS3 e poi da quest’ultima a PS4) a quelli sui primi tre episodi di Uncharted, passando per Metal Gear Solid, fino ai God of War, Bluepoint ha incarnato l’idea di uno studio col compito strategico di preservare la legacy di grandi successi del passato.

Nata nel 2006 da un’idea dei veterani della serie Metroid Prime ed ex Retro Studios, Marco Trush e Andy O’Neill, Bluepoint ha inizialmente curato il progetto originale Blast Factor, un frenetico action con visuale dall’alto dalla veste grafica che ancor oggi appare meravigliosamente pulita e raffinata. Eravamo agli albori di PlayStation 3 e Bluepoint sembrava proiettata verso una dimensione chiara, ma già i progetti successivi, le remastered di God of War e GoW II, iniziarono a far capire quale fosse il punto forte dello studio.

In breve tempo, Bluepoint è diventato lo studio deputato al rifare la scocca dei classici di anni fa. Un esempio eccezionale è per esempio quello di Shadow of the Colossus: gioco dalla poetica potentissima e per questo esempio di gioco d’autore, le sue versioni PS3 e PS4 ne hanno aggiornato la potenza visiva e permesso al comparto ludico-narrativo di essere fruito anche da nuove leve di giocatori.

Il culmine di questo percorso è stato Demon’s Souls in esclusiva PS5, che non solo ha ridato vita al fondatore di uno dei generi più innovativi degli ultimi decenni, ma soprattutto ha fatto di Bluepoint uno dei protagonisti dell’inizio della next gen.

Un ruolo che forse ne ha segnato un destino da protagonista.

Bluepoint e Sony: fra “centro di ringiovanimento” e studio da “Game of the Year”

Appurata l’importanza storica di Bluepoint, ora possiamo ragionare su quelli che sembrano gli sbocchi della sua neonata collaborazione con Sony.

Al momento, sul tavolo ci sono due idee, che in fondo sono complementari: una, dalla bocca della stessa azienda, afferma che Bluepoint sia in procinto di tornare ai progetti originali, un kolossal che aspiri a divenire degno del GOTY.

D’altro canto, come dicevamo un rumor delle scorse ore hanno fatto partire l’ennesimo tormentone legato a un possibile “remake di Bloodborne” per PS5 da parte dello studio. Ora, se è vero che quest’idea può sembrare l’ennesima sparata da rumor in stile “progetto Silent Hill, progetto Metal Gear Solid”, è pur vero che stavolta l’operazione sembrerebbe logica: con Bluepoint fra le sue fila e l’esperienza dello studio con Demon’s Souls, Sony potrebbe contare su una remastered/remake d’autore che svecchi e rafforzi un classico della scorsa gen, e gli permetta di vivere una seconda vita su PS5.

Come dicevamo prima, in generale l’impiego di BP in casi del genere oggi o nei prossimi anni appare scontato, soprattutto in un momento in cui il ‘classico’ tira, che si chiami Metal Gear Solid, Silent Hill o Bloodborne.

La verità, anche stando a vedere la lunga serie di annunci di lavoro che Bluepoint ha pubblicato, è che è molto probabile che Bluepoint avrà un ruolo talmente strategico e un finanziamento talmente maestoso da parte di Sony da giocare contemporaneamente in entrambi i ruoli, portando avanti sia legacy che nuovi progetti, contando sulla forte identità del team.

Appurato questo, però, sorge un’ultima domanda: se i dubbi sul suo ruolo di “artigiano restauratore” sono ormai davvero pochi, come se la caverà Bluepoint con giochi originali?

La sfida di un titano

Bluepoint Games ha davanti una fida: a fronte di una grande esperienza nel campo del restyling grafico, dovrà dimostrare di aver appreso grandi lezioni dai giganti col quale ha collaborato, come From Software o Naughty Dog.

Bluepoint dovrà dimostrare di poter proporre gameplay solidi, che sostengano la perfezione della sua arte tecnica e aiuti il giocatore a immergersi nei suoi mondi, così come una capacità di storyteelling che porti i suoi “Originals” al livello di Santa Monica e Naughty.

Ci riuscirà, sia chiaro. Pochissime sono le cose che possono essere sbagliate, in un’operazione del genere e con Sony dietro. Sarà però interessante vedere in che modo, quale sarà la sua strada, quale il genere (o i generi, dato che BP ha curato giochi di vario tipo) che deciderà di trattare.

Sarà interessante, e forse anche eccitante: siamo di fronte a una prospettiva inedita.

This post was published on 7 Ottobre 2021 14:02

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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