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Sherlock Holmes: Chapter One non è il primo prequel alla saga di Conan Doyle

Annunciato a maggio 2020, Sherlock Holmes: Chapter One è l’ultimo capitolo di un brand videoloduco quasi ventennale che ha esplorato una delle serie di narrativa gialla più importanti della storia della letteratura, quella curata dall’ucraina Frogwares.

Soprattutto però Chapter One rappresenta una sorta di variazione sul tema e quasi un’occasione di rebrending della serie.

Il gioco è in arrivo il 16 novembre (qui la news), e promette di rappresentare una sorta di level-up per la saga e di perfezionamento di un modello di investigativo open-world sulla base del precedente gioco dello studio ucraino, il discusso ma ricco d’amore The Sinking City.

Sherlock Holmes-Chapter One

Al di là del suo potenziale videoludico tuttavia, Chapter One è interessante soprattutto per il suo coraggioso e originale plot. Dopo aver messo in scena degli giochi dai plot nati sì dalla loro creatività ma comunque facilmente inseribili nel canone holmesiano (lo stesso Sherlock ha le sembianze di quello di Basil Rathbone, all’infuori di quello degli ultimi episodi, più simile a qziouello di Robert Downey Jr.), adesso Frogawares tenta la strada del prequel con un gioco che ci mette nei panni di uno Sherlock appena ventenne alle prese con un’indagine sull’isola mediterranea di Cordona.

Si tratta di un escamotage narrativo che permette agli sviluppatori di proporre un eroe diverso, più pop e forse anche più action rispetto al passato, in modo da trovare nuovi pubblici di affezionati.

Un’operazione del genere è tuttavia interessante anche da un altro punto di vista: quello del canone letterario sherlockiano.

Sherlock Holmes: un ritratto letterario

La serie di Holmes è una delle operazioni fondative dell’editoria moderna: dal 1887 al 1927, l’investigatore di Baker Street è comparso in 56 racconti e 4 romanzi lunghi che hanno di fatto fondato i canoni del giallo deduttivo contemporaneo, prendendo e perfezionando il detective Dupin di Edgar Allan Poe.

Sherlock Holmes-Il Risveglio delle Divinità (2007)

Nelle storie, narrate per lo più dal punto di vista dell’assistente Watson, Holmes è un uomo di mezz’età con atteggiamenti sociopatici e uno spiccato genio, in grado di risolvere i suoi casi in maniera più che brillante e al contempo di sfidare i suoi avversari anche con l’uso della forza. Il suo impatto sulla letteratura è stato straordinario, dando le coordinate per un’intera tradizione di detective e poliziotti letterari, primi fra tutti quelli di Agatha Christie, e persino per un supereroe come Batman, uomo di forza ma anche di ingegno.

Come detto sopra, fino agli ultimi episodi di Frogwares Sherlock ha seguito quasi pedissequamente questo modello, forte della sua profonda dignità letteraria e cinematografica. Giocare a uno degli Sherlock Holmes “canonici” era un modo per far rivivere le opere di Conan Doyle e le interpretazioni di Rathbone e Downey Jr. in una cornice gamificata in grado di trasportare certe atmosfere in un nuovo medium. Tuttavia, adottare una figura già così sovraesposta da un punto di vista mediatico porta inevitabilmente a una stagnazione. Dunque, ecco l’idea fondamentale: vediamo com’era Holmes da giovane, facciamolo ventenne e più portato all’action, intercettiamo un nuovo tipo di pubblico.

Funziona su carta, e funzionerà anche su gioco, perché Frogwares ha cavalcato l’idea di un personaggio dal design accattivante da “eroe dark” con davvero molto potenziale.

Tuttavia, arriviamo qui a un colpo di scena: Frogwares non è la prima ad aver avuto quest’idea.

Piramide di Paura, l’origin story di Sherlock made-in-Spielberg

La storia degli “Sherlock Holmes alternativi” al canone di Conan Doyle, da quelli attualizzati come quelli di Moffat e Gatiss al malinconico e anziano Mr. Holmes con Ian McKellen, è lunga e interessante, e fra questi ne spicca uno che parte più o meno dagli stessi scopi commerciali di Chapter One. Si tratta di Piramide di Paura, un film Amblin (casa di produzione di Steven Spielberg) del 1985 per la regia di Barry Levinson (Rain Man-L’Uomo della Pioggia) che narrava una sorta di “origin story” di Holmes, ma adatta ai ragazzi.

Piramide di Paura (1985)

Young Sherlock Holmes (questo il titolo originale) immaginava una dimensione alternativa in cui Holmes e Watson si conoscevano da adolescenti in un orfanotrofio londinese e qui si ritrovavano a dover fare luce su una serie di fatti di sangue legati a un oscuro rito egizio. Un film interessante, bello, coinvolgente nella sua struttura e nella narrativa (la sceneggiatura era di Chris Columbus, papà di Mamma, ho perso l’aereo e dei primi due Harry Potter), ma soprattutto dai bellissimi sottotesti dark, quasi horror, inediti in un film “per ragazzi”.

Con le dovute differenze di target e modalità di racconto/intrattenimento, l’operazione è quasi la stessa: riadattare a un pubblico giovane un brand straordinariamente popolare. Cambiano i tempi, cambiano le modalità, ma la necessità è la stessa, ovvero narrare l’inizio di una grande storia popolare in modo contemporaneo per trasmettere una legacy.

Di sicuro, il nuovo Sherlock Holmes di Frogwares darà una gran spinta al brand del detective, soprattutto quello videoludico. Magari, qualche appassionato incuriosito potrebbe arrivare ad approfondire il capitolo prequel/origin story e andare a recuperare Piramide di Paura (ancor oggi un gran bel pezzo di cinema per ragazzi).

Soprattutto, però, la speranza è che porti tanti giocatori a riprendere in mano l’opera omnia di Conan Doyle, e a immergersi in storie come Uno Studio in Rosso o lo splendido Il Mastino dei Baskerville.

This post was published on 17 Settembre 2021 14:30

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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