Sembrava impossibile fino a qualche mese fa, ma nel campo dei giochi calcistici è in atto qualcosa, una piccola e strisciante voglia di novità che colpisce anche chi mastica poco il genere. Mentre PES abbraccia la strada del free-to-play con eFootball (e la notizia è di un mesetto fa), la Gamescom ha infatti portato sulla scena due progetti di giochi calcistici che impunemente mettono bocca in un panorama consolidato sin dagli anni ’90.
Uno si intitola UFL, ed è stato sviluppato da Strikerz, un team con sedi a Cipro, in Bielorussia, Ucraina e Lituania. Il suo ambizioso obiettivo, nelle parole riportate sul sito del gioco, è molto interessante: far sì che il giocatore possa creare da zero un suo club di calcio, personalizzato (a quel che sembra) formato tuttavia da giocatori realmente esistenti (qui i dettagli, via IGN).
Cosa vuol dire questo? Semplice, che per UFL parte del problema più annoso per uno sviluppatore di giochi sportivi, le licenze, potrebbe risolversi attraverso un escamotage di sicuro furbo ma interessante.
D’altro canto, quest’impostazione potrebbe far prevalere un approccio quasi “manageriale”, unito tuttavia a un’impostazione comunque “easy” e immediata.
E se UFL ha questo come caratteristica fondamentale volta a differenziare il brand dai colossi di EA e Konami, Goals-sviluppato da Loaded, team fondato dall’ex-campione di eSport Andreas Thorstensson– gioca un’altra carta, promettendo un’atmosfera da eSport definitivo: il gioco, secondo il CEO, ricompenserà le azioni dei giocatori in-game in NFT-non-fungible token, ovvero unità di dati memorizzati su un blockchain che certifica che si tratta di beni digitali unici e quindi non intercambiabile- che potranno essere rivenduti per ottenere altri NFT, ma soprattutto criptovalute e soldi veri (qui la news originale, via Dexerto).
Cosa significa ciò? Semplice, che in teoria i giocatori di Goals potranno guadagnare giocando, diventando dei veri e propri professionisti. Un discorso che sembra andare verso una sorta di next-level nel campo degli eSport, con i giocatori portati a impegnarsi più del solito per costruirsi una sorta di “carriera sportiva” e poi ad accedere magari ai circuiti agonistici.
Entrambi i progetti si dicono ambiziosi, e con l’obiettivo di scrivere una pagina nuova nel genere.
Giochi di calcio: è possibile cambiare?
Il dato di fondo appare abbastanza chiaro: qualche attore (anche “big”, se pensiamo a eFootball) sta tentando di variare-“cambiare” sembra troppo azzardato- le regole di un mercato videoludico che sembrava assolutamente granitico e non necessitante di innovazioni.
Guardando dall’esterno (perché sì, chi scrive non è addentro al genere) sembra che qualcuno crerda che ci siano delle opportunità di affinare e variare delle specifiche ormai consolidate per costruire la “next big thing”, una nuova IP che scalzi gli avversari.
Sembra un obiettivo davvero imponente: immaginate cosa voglia dire inserire degli elementi di forte rottura in un segmento di mercato che fa della sua principale innovazione di iterazione in iterazione l’aggiornamento dei giocatori o dei club disponibili, più che le meccaniche base. Pensiamo a UFL. L’idea di permettere al giocatore di creare il club, magari permettendogli di personalizzarli e dargli un’identità, è un elemento di discreta rottura rispetto a un canone affinato in decenni interi, che potrebbe voler far leva addirittura sulla “creatività” del giocatore.
Difficile capire se avranno successo, difficile dire se queste variazioni si radicheranno: se è vero che come detto prima il mercato è abitudinario e conservativo, fatto che potrebbe portare eventuali nuove proposte a essere bistrattate, è anche vero che le meccaniche proposte potrebbero intercettare nuovi tipi di pubblico o addirittura crearne uno. Insomma, dalla stagnazione di un intero genere potrebbe nascere un’evoluzione.
E potrebbe non valere per il solo gioco del calcio.
Un segnale per il futuro?
E se queste “variazioni su tema” nel modello del football game avessero successo? Se la risposta dovesse avere successo, potremmo avere fra le mani gli strumenti per una vera “next gen”, quella di una lenta e complessa variazione delle formule di gioco proposte. Se il gioco di calcio cambia pelle e si declina a nuovi tipi di pubblico, seguendo in parte trend come il free-to-play o lo story mode, chi ci dice che non vedremo analoghi tentativi di innovazione in altri generi?
Un esempio, bislacco e paradossale, che dà l’idea di cosa voglia dire: un FPS alla Call of Duty ma con elementi da souls-like, in cui all’accuratezza della cornice storica o alla linearità della campagna per favorire il multiplayer si unisca o sostituisca un altro grado di impegno negli scontri. Un level-up, un’innovazione nel mercato mainstream che crei un nuovo tipo di giocatore, non per forza di nicchia.
Tenendo presente che ormai la classificazione dei generi forti del mercato sembra essersi critallizzata da almeno un paio di generazioni, l’idea non suona così male.