Il caso Activision Blizzard (qui un articolo in merito) ha portato un vero e proprio tifone all’interno di questa placida e noiosa estate videoludica: i report in merito alla tossicità dell’azienda hanno scavato nel profondo, portando alla luce episodi terribili che hanno portato molte reazioni da parte dell’Industria e dell’utenza.
Le ultime notizie sul caso sono legate proprio a queste. Da un lato, i dirigenti di Activision Blizzard hanno tentato di rispondere in modo sparso e goffo agli attacchi.
Sia il presidente di Blizzard J. Allen Brack, sia il presidente di Activision Rob Kostich hanno rilasciato dichiarazioni in cui si dissociano dai comportamenti denunciati e che essi non riflettono assolutamente i valori dell’azienda. Fran Towsend, Chief Complice Office di Activision Blizzard, ha invece respinto del tutto le accuse bollandole come basate su elementi vecchi e decontestulizzati, dichiarazione tuttavia fortemente contestata. Nel frattempo si moltiplicano gli abbonamenti a WoW disdetti e decine di giocatori organizzano sit-in di protesta virtuali all’interno del gioco. Inoltre, mille sviluppatori dipendenti hanno firmato una lettera aperta ad Activision Blizzard, lamentando il fatto che le dichiarazioni dei dirigenti Activision Blizzard sarebbe un pericoloso tentativo di isolare e screditare i dipendenti che hanno denunciato.
La situazione è grave, forse la più grave e devastante vicenda di abusi sul posto di lavoro mai registrata nell’Industria, destinata forse a ridimensionare fortemente uno dei giganti del gaming. Ciò soprattutto perché le denunce non arrivano dal basso e dai singoli, ma da un’autorità dello Stato della California, dopo circa due anni di indagini. E non è un caso che siano stati gli stessi dipendenti Blizzard ad aver fatto un passo molto forte: proporre uno sciopero.
Lo sciopero del 28 luglio
Lo sciopero avrà luogo presso il campus di Blizzard a Irvine, California, tra le 10 e le 14 del Pacifico, oggi, 28 luglio.
I dipendenti hanno anche rilasciato una dichiarazione ufficiale delle richieste per lo sciopero. La loro dichiarazione di richieste per la leadership chiede:
- La fine delle clausole di arbitrato obbligatorio in tutti i contratti dei dipendenti, sia attuali che futuri. Il personale coinvolto dice che tali clausole “proteggono gli abusatori e limitano la capacità delle vittime di chiedere un risarcimento”.
- Una revisione delle politiche aziendali per le politiche di assunzione e promozione al fine di “migliorare la rappresentanza tra i dipendenti a tutti i livelli”. Il personale chiede anche un’organizzazione interna all’azienda per la diversità, l’equità e l’inclusività per approvare le nuove politiche. La dichiarazione aggiunge: “Le pratiche attuali hanno portato le donne, in particolare le donne di colore e le donne transgender, le persone non binarie, e altri gruppi emarginati che sono vulnerabili alla discriminazione di genere, a non essere assunti equamente per nuovi ruoli rispetto agli uomini“.
- Per Activision Blizzard, l’organizzazione DE&I ha assunto una terza parte che controllerà lo staff esecutivo del publisher, il dipartimento HR e la struttura di reporting. Questo è stato descritto come “imperativo” per identificare come gli attuali sistemi hanno “fallito nel prevenire le molestie dei dipendenti”. L’audit proporrà anche nuove soluzioni per affrontare i problemi in questione.
- Che Activision Blizzard pubblichi i dati sulle fasce salariali per i dipendenti di tutti i generi ed etnie, i tassi di promozione, e la compensazione relativa, comprese le sovvenzioni azionarie e la partecipazione agli utili. Il personale sostiene che le pratiche attuali “hanno portato i suddetti gruppi a non essere pagati o promossi equamente”.
La protesta è inoltre collegata con alcune leghe per i diritti di lavoratori nell’Industria, che interessano alcune categorie “delicate”: Black Girls Code, Futures without Violence, Girls Who Code, Women In Animation, Women in Games International.
Associazioni che, com’è evidente, hanno come obiettivo la tutela dei diritti delle lavoratrici in un ambiente che molte volte viene accusato di cultura maschilista e discriminatoria.
Ma com’è la situazione del sindacalismo e delle leghe di tutela dei diritti all’interno dell’Industria? Com’è immaginabile, non certo solida e fruttuosa.
Sviluppatori e diritti
Di fatto, quando parliamo di sindacati di sviluppatori parliamo di realtà che sono molto, molto recenti: il primo forte atto di sindacalizzazione nell’industria tripla-A è del 2018 con la nascita della Game Workers Unite, unione internazionale nata sull’impulso di un meeting di sviluppatori a San Francisco nel marzo di quell’anno.
Gli hot topic della manifestazione-lotta alle discriminazioni, alla tossicità degli ambienti di lavoro e alla crunch culture-hanno spinto larga parte dei partecipanti a riunirsi in gruppi Discord che sono sfociati in una rete di diversi “nuclei” fra Stati Uniti e Canada. Nel giro di pochi mesi, il movimento è sbarcato anche in Gran Bretagna, con la nascita del Game Workers Unite UK, inserita all’interno di uno dei più giovani ma attivi sindacati del paese, l’Independent Workers Union of Great Britain.
L’arrivo della pandemia a inizio 2020 sembra aver dato un impulso al fenomeno, a causa del largo ricorso allo smart-working e dunque alla sempre più strisciante e pericolosa sovrapposizione fra vita quotidiana e lavorativa. Inoltre, proprio la pandemia ha radicalmente ostacolato il consolidamento del sindacato a causa delle restrizioni, come testimonia un’intervista di Wired a una delle figure chiave del movimento in Gran Bretagna, Kevin Agwaze.
Si tratta della realtà più grande, in via di definizione e di strutturazione, ma siamo più che certi che sia solo l’inizio: l’esempio di questa rete inizia a essere seguito e potrebbe espandersi a vari livelli dell’industria, in ogni parte del mondo.
Certo colpisce come questo passo arrivi in maniera tarda rispetto a circa dieci anni e più di report di condotte problematiche da parte dei colossi dell’industria, che ci sentiamo di elencare soltanto per fare il punto della situazione: crunch per arrivare agli obiettivi fissati nel tempo giusto, posizioni precarie, assunzioni in luoghi lontani da casa, che portavano i professionisti a imballare tutto e partire per l’altro capo del paese, e ovviamente i problemi legati ai maltrattamenti da parte di questa o quell’azienda.
E parliamo di una categoria di lavoratore che, complice la giovinezza del settore, è riuscita a farsi riconoscere come tale solo abbastanza tardi rispetto alla nascita del medium (di fatto, i giochi hanno ad avere veri e propri credits solo attorno alla metà degli anni ’80).
Ma oggi, forse, ci siamo.
Forse siamo arrivati al momento della giusta consapevolezza e della piena padronanza di strumenti e temi da parte degli interessati. Di fatto, l’ambiente-anche virtuale-è quello giusto, col fiorire di piattaforme come Reddit o Discord, in grado di dare spazi di vivibilità a piccole “sotto-culture” organizzate e pronte a far sentire la loro voce.
E’ difficile capire come l’affaire Activision-Blizzard si evolverà e come le proteste di oggi potranno avere un impatto sul futuro, ma senza dubbio sarà così. Forse, a un movimento così giovane e ancora claudicante serviva solo una causa, un elemento scatenante per arrivare agli onori della cronaca.
E forse, nelle prossime ore a essere riscritta non sarà solo la storia di Activision-Blizzard, ma anche quella dei diritti degli sviluppatori.
Incrociamo le dita.