Secondo il responsabile della saga di Tekken, Katsuhiro Harada, il tanto atteso gioco crossover Tekken X Street Fighter è da considerarsi definitivamente cancellato, con uno stadio di sviluppo fermo al 30% al momento del termine dei lavori.
Il gioco, tecnicamente seguito di Street Fighter x Tekken, è stato annunciato per la prima volta 11 anni fa e doveva essere lanciato su Xbox 360 e PlayStation 3. Dopo un decennio di quasi totale silenzio, complice anche la traduzione di una dichiarazione di Harada, si è arrivati a una conclusione per questa vicenda (purtroppo abbastanza triste, soprattutto per gli appassionati di picchiaduro).
“Ci stavamo lavorando molto duramente, davvero”, ha riferito Harada durante un incontro con il director di Tekken 7 Kouhei Ikeda. “Vorrei potervi mostrare i modelli e tutto il resto”.
A quanto pare, sia Chun-Li che Dhalsim sembravano fantastici nella loro forma di modello 3D in Tekken X Street Fighter, superando abbastanza bene la transizione dal 2D al 3D. Harada si vanta anche che la maggior parte dei personaggi femminili “erano stati realizzati in maniera eccelsa”.
Riusciremo mai a vedere il gioco?
Non sembra probabile: “Vorremmo potervi mostrare i nostri risultati, ma Street Fighter appartiene a Capcom”, hanno detto gli sviluppatori.
Una scommessa azzardata
Gli indizi di uno sviluppo non proprio idilliaco erano già nell’aria da almeno un decennio.
Già nel 2012, Harada raccontò a The Independent che i progressi sul gioco erano “non proprio al 10%, ma quasi”. Commenti non molto più ottimisti arrivarono nel 2016 e nel 2019, quando il director notò come il successo di Tekken 7 non sembrava dare troppo spazio di manovra al progetto di crossover.
Sicuramente l’ultimo chiodo sulla bara è stato rappresentato dal flop commerciale di Street Fighter X Tekken, accolto in maniera tiepida sia dal pubblico che dalla critica.
Dunque la ragione è tutta qui?
E soprattutto, era un’idea che bastava a gettare alle ortiche un potenziale blockbuster miliardario che avrebbe permesso alle due compagnie nipponiche di fondare un nuovo filone delle proprie pubblicazioni?
Forse no: scavando fra varie indagini in rete (come questa) è possibile rendersi conto che in realtà l’idea di “contaminare” la filosofia di Street Fighter (dove per “filosofia” si intende anche e soprattutto l’approccio al gameplay) con quella di un gioco 3D come Tekken non andasse a genio ai creativi di Capcom, preoccupati che lo spirito di Street Fighter si andasse lentamente a perdere e sporcare se inserito all’interno di una cornice completamente diversa.
Per la cronaca, in realtà Street Fighter ha avuto un momento di uscita dalla “fase 2d” con l’uscita di Street Fighter EX Plus (dicembre 1996), premiato anche da due sequel, ma probabilmente in quel caso il producer ha pensato di star comunque giocando in casa e seguendo le sue regole. Capcom si è poi redenta dando alla luce Street Fighter III: Third Strike, considerato da molti come il miglior picchiaduro bidimensionale della storia e non toccando più neanche di striscio un gioco con caratteristiche tridimensionali.
Una storia del genere aiuta senza dubbio a far chiarezza sui rapporti fra due major nipponiche che hanno fondato e strutturato un vero e proprio genere. Ancor di più, sottolinea come gameplay 2D e 3D siano stati e in un certo senso siano tutt’ora veri e propri tratti distintivi di un modo di costruire il prodotto finale che i giocatori avrebbero giocato.
In più, ragioniamo secondo un elemento più “tecnico”.
Vi rendete conto di cosa voglia dire trasportare in tridimensionale una serie di personaggi con un moveset ideato per essere bidimensionale? Ecco, come giustamente nota il collega Graziano (sensei molto più esperto di me nell’arte del picchiaduro), tradurre un roster di combattenti ideati per il 3d, con a disposizione una rosa di mosse, movimenti, libertà di spostamento su schermo nella gabbia 2d deve essere un incubo.
Lente morti: giochi abbandonati dopo anni di sviluppo
La morte ufficiale di Tekken x Street Fighter arriva dopo quasi un decennio tondo e rappresenta un esempio di quanto dolorosi e intricati possano essere questi processi produttivi.
Anche senza andare scomodare processi produttivi decennali, gli ultimi anni hanno visto il tramonto di diversi giochi in teoria molto promettenti ad anni di distanza. Un esempio è Doom 4, quarto episodio della serie classica di Doom, annunciato a dicembre 2008 e lentamente andato a confluire nel progetto di un reboot che sarebbe divenuto il Doom del 2016. Menzione speciale per una leggenda nera come Scalebound, progetto concettualizzato da Platinum Games nel lontano 2006, sviluppato ufficialmente a partire dal 2013 al 2017 e poi dichiarato morto.
Ma in fondo, stiamo parlando di un’industria nella quale solo solo una minima parte dei progetti annunciati vede la luce e spesso affrontando le forche caudine del content cut o di revisioni spietate.
Una cosa è certa: quella di un mancato e compiuto crossover in 2d fra Street Fighter e Tekken sembra davvero un’occasione persa.