Ok, alla fine è inutile girarci attorno: i videogiochi From Software nel corso degli ultimi anni si sono fatti conoscere per essere guazzabugli di avversari difficili da mandare giù.
SPOILER ALERT:
Il seguente articolo contiene spoiler integrali o parziali sugli avvenimenti del gioco, siete avvertiti!
Nel corso degli ultimi undici anni la software house ha rilasciato sei giochi, ognuno di essi caratterizzato da un boss davvero difficile. Nel corso di questa lista andremo a parlare dei boss la cui difficoltà è davvero elevata, cercando di evitare fin quando possibile gli avversari resi complicati da artifici e non da naturali evoluzioni e deviazioni del gameplay
Niente Drago Antico, Demone Capra o Culla del Caos per capirci ma solo avversari che affettuosamente ricordiamo per essere scalabili muri del peccato.
NOTA BENE: I tre capitoli di Dark Souls che troverete citati qui sotto sono acquistabili in un comodo pacchetto chiamato Dark Souls Trilogy che rappresenta il modo migliore e comodo per potersi godere un centinaio di ore tra bestemmie e improperi.
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Cominciamo subito partendo dal primo/ultimo dei giochi From Software.
Il fiammeggiante di Demon Souls
Partiamo subito col botto con un avversario non particolarmente simpatico. Il fiammeggiante di Demon Souls è un gigante perennemente avovlto dalle fiamme che salta, come un orango tango impazzito, all’interno di un arena non sempre facilissima da traversare.
Nelle sue peregrinazioni il bastardo troverà pure il tempo per venire a farci due coccole prendendoci a schiaffi. Fin qui tutto normale direte voi, certamente, se non fosse che molto spesso gli attacchi del nemico una volta raggiunto il terreno finiscono per esplodere generando onde d’urto in grado di ferirci in maniera anche importante.
Fortuntamente sia su Playstation 3 che su Playstation 5 lo scontro può essere reso nullo dal punto di vista della difficoltà sfruttando un baco dell’intelligenza artificiale che costringe il mostrone ad incastrarsi dove non dovrebbe. Fatto ciò affrontare questo simpatico figuro diventa poco più di una formalità ma, se giocato in maniera lecita, lo scontro è di quelli che fanno venire voglia di abbandonare tutto e mettersi a coltivare rape in una solitaria casa di montagna.
Perché è così difficile?
Il fiammeggiante si muove rapidamente, infligge una quantità grande di danni ed ha un moveset abbastanza variegato da mettere in dubbio la memoria del giocatore. I suoi attacchi con effetti ad area sono davvero poco simpatici e risultano difficili da schivare per chi non ha grande consapevolezza dei timing di Demon Souls. Un ottimo punto di partenza per immergersi in una valle di lacrime che sublimerà poi nell’ancora più difficile (ma molto più onesto) Falso Re Allant.
Demon Souls è disponibile su PS5 (o su PS3 se siete dei nostalgiconi)
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Manus, padre dell’abisso in Dark Souls Remastered
Manus, padre dell’abisso è uno dei boss opzionali contenuti in Dark Souls Remastered.
Lo scontro con Manus è una delle battaglie più iconiche dell’immaginario darksoulsiano: la battaglia si svolge in un arena circolare con qualche ostacoletto in mezzo, nel buio più tetro, con davanti a sé un colosso di dimensioni enormi che attacca come se fosse un selvaggio sotto steroidi.
Lo scontro con Manus è caratterizzato da lunghe combo di colpi in grado di abbattere anche il giocatore più corazzato. Gli attacchi di Manus sono veloci e variegati, in grado di lasciare pochissimo spazio per le cure. Come se ciò non bastasse l’avversario è dotato anche di diversi attacchi a lungo raggio in grado di infliggere danni pesantissimi. Alcuni di questi sono anche difficilmente schivabili, anche in condizioni di favore, motivo per cui è bene apprendere subito dell’utilità del pendente d’argento.
Perché è così difficile?
Manus è davvero difficile perché condensa in un solo personaggio una serie di attacchi e tecniche in grado di abbattere anche il giocatore più scafato. Il suo damage output è enorme e le tempistiche con cui egli agita le sue armi sono davvero strettissime, lasciando al giocatore pochissimo respiro. Parare gli attacchi è spesso controproducente, visto che si finirà quasi sicuramente per terminare la stamina se non si è dotati di armature e scudi di alto livello.
Dark Souls Remastered è disponibile per PS4, Xbox One, Nintendo Switch e PC.
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Lud e Zallen: Famigli del Re in Dark Souls 2
Dark Souls 2 senza i DLC contiene un paio di bossfight completamente infati come Vendrick ed il Drago Antico. Queste sfide le saltiamo a pié pari perché entrambe caratterizzate da difficoltà completamente artificiali, con in entrambi i casi hp pool infiniti e mosse particolarmente cheap che non lasciano in nessun caso scampo al giocatore.
All’interno del terzo DLC di Dark Souls 2 c’è una bossfight incredibilmente difficile che abbiamo voluto citare, qualcosa che ha scalzato anche gli altri due pretendenti (nello specifico il cavaliere di Fume e Sir Alonne). Parliamo di una gank bossfight con due tigrotti semi invisibili in una tormenta di neve: Lud e Zallen.
Partiamo dal punto primo: è una bossfight di per sé arrivare all’arena. Una volta dentro l’arena ci ritroveremo faccia a faccia con il nostro primo tigrotto, con attacchi dai timing strani ed una serie di odiosissimi attacchi a distanza per cui benediciamo l’esistenza di scudi dall’alta resistenza magica.
Dopo aver tolto il 70% di HP al nostro primo avversario arriverà la croce e delizia di questa sfida: un secondo simpaticissimo tigrotto, con HP paragonabili e molta voglia di farci lo scalpo.
Perché è così difficile?
Questa bossfight chiede al giocatore di affrontare due nemici dall’ottimo HP Pool, dotati di attacchi devastanti e non semplicissimi da schivare. Se affrontare una tigre è già di per sé non esattamente una passeggiata, affrontarne due in contemporanea è quasi una maledizione. Tutto ciò andrà fatto alla fine di un percorso davvero ostico, in cui è semplice perdere punti vita ed in condizioni di visibilità a dir poco precarie. Tutte cose che gli spadaccini sopracitati non hanno.
Dark Souls 2: Scholar Of The First Sin è disponibile su PS4, Xbox One e PC
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Midir in Dark Souls 3
Arriviamo alla fine della triade maledetta dei Souls con un boss che ha fatto impazzire migliaia di giocatori. Midir è un avversario temibile, posto alla fine di un percorso da diverse decine di ore, che incarna perfettamente l’idea di un drago purulento e potentissimo: un avversario di quelli che non si dimenticano facilmente.
Il drago qui presente discende direttamente dagli arcidraghi molto importanti per la lore della saga ed ha il compito di combattere l’oscurità. Midir è enorme ed incredibilmente minaccioso, capace di attaccarsi da distanza ravvicinata con i suoi possenti arti e dalla lunga distanza con un raggio laser che godzilla scansate.
Ha resistenze molto elevate verso gli elementi ed ha una quantità di punti salute a dir poco devastante. Eliminare Midir vuol dire lottare per diversi minuti, cercando di non farsi mai disintegrare da un attacco di troppo. Dopo avergli tolto metà punti saluti il draghetto modificherà il suo pattern di attacchi, diventando ancora più pericoloso e minaccioso.
Perché è così difficile?
Le motivazioni per cui Midir è difficilissimo sono una pletora.
Dal punto di vista puramente statistico il nostro avversario è forse la creatura più colossale mai apparsa all’interno della saga dei Souls, con un HP pool grande quasi quanto il carico di bestemmie medio che i giocatori gli hanno tirato contro. I danni che fa sono moltissimi e, come se non bastasse, a complicare il tutto il drago prende danno pieno soltanto se attaccato in specifiche parti del corpo.
Dulcis in fundo c’è anche la telecamera a complicare il tutto ma tranquilli, su questo torneremo fra pochissimo.
Dark Souls 3 The Fire Fades è disponibile su Playstation 4, Xbox One e PC
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Orfano di Kos in Bloodborne
So che un po’ tutti stavate aspettando questa posizione.
L’Orfano di Kos è il boss finale del DLC The Old Hunters di Bloodborne e nel corso del tempo ha preso le vite di chissà quanti giocatori.
L’avversario in questione è abbastanza particolarmente all’interno dell’ecosistema di Bloodborne. Invece di essere un bestione colossale è un’umanoide che ci prende a randellate usando la sua placenta, con una furia a dir poco incredibile sfruttando un’agilità notevole unendo danni davvero elevati a moveset da vera e propria carogna.
Se si riesce a superare la prima metà del combattimento si passa alla seconda fase, ancora più violenta e arrabbiata della precedente. Qui l’orfano mette in piedi un teatrino incredibile, fatto di attacchi continui e di massacri perpetrati in maniera indefessa. Le sue combo si allungano, i tempi di relax diminuiscono. Arrivano gli attacchi a distanza, tra pezzi di placenta staccati e fulmini che attraversano la zona. L’orfano salta di più, attacca di più, odia di più.
Perché è così difficile?
Perché in un gioco rapido come Bloodborne l’orfano di Kos porta alle estreme conseguenze le caratteristiche cardine del gameplay. Il combattimento è incredibilmente dinamico e feroce, chiedendo al giocatore di stare perennemente sull’attenti valutando con grandissima attenzione quando attaccare e quando no. I problemi risiedono forse nel ritmo, davvero troppo incentrato sul lasciar fare all’orfano le sue cose mentre noi cerchiamo di sfuggirgli. In ogni caso chiunque sia riuscito nel terminare questo scontro risultando vincitore è testimone di una gioia incredibile, vera ricompensa per l’aver portato a termine una sfida particolarmente estrema.
Bloodborne è disponibile su PS4.
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Demone dell’odio in Sekiro: Shadows Die Twice
Dulcis in fundo troviamo il boss segreto di Sekiro: Shadows Die Twice. Il demone dell’odio è un nemico affrontabile soltanto alla fine dell’ultimo titolo di From Software ed è un avversario temibile.
In primis, per la prima volta nel gioco, ci troviamo di fronte ad un nemico di proporzioni importanti rispetto agli umanoidi affrontati finora: questo farà ritornare a galla gli storici problemi di telecamera che i videogiochi From Software si portano dietro quando abbiamo a che fare con avversari dalle dimensioni importanti.
In secondo luogo ci troviamo davanti ad un bestione talmente grande da farci ricredere su di un dato ben preciso: contro il demone dell’odio è meglio schivare che deflettere, senza contare che non è nemmeno possibile eliminare la prima barra di vita utilizzando un qualche stratagemma stealth. Bisogna armarsi di pazienza e picchiare, picchiare e picchiare.
Perché è così difficile?
Perché è un combattimento di resistenza, dove l’avarizia costa carissima e dove le regole del gioco applicate nelle trenta ore precedenti non hanno valenza. Per poter affrontare in maniera egregia il demone dell’odio è necessario mettere da parte le nozioni apprese e tornare a pensare all’avventura del nostro Sekiro come alle sfide affrontate dai vari chosen undead nei vari capitoli di Dark Souls.
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