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Vogliamo più videogiochi sui fumetti italiani

Con l’arrivo del 2021, il cinema italiano, pur se provato dal disastro-pandemia, tornerà in scena due film davvero gustosi per tutti gli appassionati di fumetto: Freaks Out di Gabriele Mainetti, che a cinque anni da Lo chiamavano Jeeg Robot sembra aver le carte in tavola per portare sullo schermo un nuovo cinecomic all’italiana di tutto rispetto, e Diabolik, dei fratelli Manetti.

Una nuova leva di cinema fantastico, basata direttamente (Diabolik) o indirettamente (Freaks Out) sulla tradizione letteraria e di genere del nostro paese.

Alla soglia di questi nuovi arrivi (Covid permettendo), ne abbiamo preso spunto per questo speciale, un piccolo viaggio nel fumetto italiano e fra i suoi grandi eroi, visti da una prospettiva poco nota ma estremamente affascinante: i videogiochi tratti da essi.

Diabolik, il fumetto italiano, il videogioco: una lunga storia

Dei due film “fumettosi” in arrivo nelle sale italiane l’anno prossimo (la loro uscita era prevista per dicembre 2020), Diabolik è senza dubbio il progetto che più sta incuriosendo gli appassionati di fumetto, anche e soprattutto per il posto centrale del personaggio all’interno della storia editoriale e della cultura pop del nostro paese.

Basato sull’omonima serie a fumetti delle sorelle Giussani iniziata nel lontano 1962, Diabolik riunirà un cast d’eccezione composto da Luca Marinelli (Diabolik), Miriam Leone (Eva Kant) e Valerio Mastrandra (l’ispettore Ginko), diretti da due mostri sacri del cinema fantastico made-in-Italy come i Manetti Bros (conosciuti soprattutto per la serie dell’Ispettore Coliandro).

Un bell’assortimento di talenti per un’operazione che sembra voler giocare pesante, sia al livello di talenti artistici coinvolti che di mezzi messi in campo.

Non stupisce: Diabolik è stata forse una delle icone pop più anticonformiste e dal respiro “internazionale” della cultura pop nostrana, capace di rielaborare prototipi come 007, Fantomas e Lupin per dar vita a qualcosa di inedito per la sensibilità italiana del secondo dopoguerra.

Per questo ruolo è stato celebrato anche con varie riduzioni radiofoniche, è arrivato ad avere una sua versione animata distribuita sul mercato internazionale (ma si trattava di un Diabolik riadattato per un pubblico più giovane) e ovviamente una prima trasposizione cinematografica firmata da Mario Bava nel 1968.

La consacrazione definitiva come fenomeno pop è però del 1993, quando Diabolik divenne, assieme a Tex Willer e a  Dylan Dog, protagonista di un’operazione videoludica di tutto rispetto, forse primo vero “crossover” fra videogioco e fumetto nella storia culturale del nostro paese.

Simulmondo: i fumetti sbarcano sul PC

Comparsa sulla scena all’inizio degli anni ’90, la collana Simulmondo è un’iniziativa editoriale (non un termine scelto a caso) davvero peculiare nella storia del videogioco nel nostro paese.

Promossa da Francesco Carlà e attiva fra il 1988 e il 2000, fra i suoi diversi titoli per Commodore 64, Amiga, PC e Atari Simulmondo spiccano diversi titoli ispirati al fumetto, ideati per essere venduti mensilmente in edicola, assieme ai fumetti ai quali si ispirava.

Un intrepido Tex Willer sfida le tenebre in uno dei giochi Simulmondo

Diabolik fu protagonista di circa tre giochi, ma accanto a esso troviamo anche serie su Tex Willer, Dylan Dog e-nella stessa collana-anche uno Spider-Man all’italiana.

Si trattava di giochi dalla struttura semplice e abbastanza brevi, avventure grafiche e platform (nel caso di Tex e Diabolik) con quella che oggi potremmo definire una componente story-driven, con un buon successo in termini di pubblico.

Chi scrive all’epoca ne provò uno, anche se sotto la rigida guida di una madre e di una sorella maggiore terrorizzate dal fatto che potesse turbarmi data la natura horror: Dylan Dog: Attraverso lo Specchio, il cui ricordo più nitido è per me una musichina elettronica primi anni ’90 insistente e petulante, oltre al tenebroso incipit.

Fra le caratteristiche davvero d’impatto, la natura “disegnata” della veste grafica, con una storia suddivisa in diverse sequenze simili alle vignette di un fumetto.

E proprio questo voleva essere un gioco della Simulmondo: uscendo una volta al mese, contenuto in un floppy-disk o in una cartucce Amiga allegate a un numero di un fumetto Bonelli, questi giochi si proponevano di fatto come vere e proprie trasposizioni digitali “navigabili” delle storie di Tex, Diabolik o Dylan Dog.

Gli anni 2000: Diabolik approda su PS2

Purtroppo, forse complice la difficile situazione del videogioco made-in-Italy in un decennio in cui la tecnologia digitale faticava a trovare una sua affermazione nell’industria dell’intrattenimento del nostro paese, Simulmondo andò in crisi e chiuse attorno al 2000 facendo piombare nell’oblio anche le sue discrete intuizioni.

Per fortuna, almeno per qualche tempo il videogioco ha continuato a ispirarsi al fumetto di casa nostra, con almeno due titoli (almeno quelli che vengono in mente all’autore).

La prima, relativa a Dylan Dog, è Horror Luna Park, un simpatico punta-e-clicca in terza persona del 1999, sviluppato dalla genovese Bedroom Studio Entertainment.

A differenza di un gioco come Attraverso lo Specchio, storia “canonica” di DD trasposta in formato ludico, Horror Luna Park era una sorta di vera e propria “celebrazione” dell’immaginario di Dylan Dog, con l’investigatore dell’occulto che si risveglia in un tetro parco divertimenti popolato da quelli che sembrano tracce dei suoi ricordi (e, quindi, elementi fondamentali della mitologia di DD).

Una scena di Dylan Dog: Horror Luna Park

In essi apparivano alcuni dei personaggi più importanti del pantheon del fumetto di Slavi, da Groucho (ovviamente) a Morgana, fino ad arrivare a Xarabas, in una location da incubo nella quale Dylan era chiamato a fare i conti con i suoi fantasmi interiori e i suoi “migliori avversari”.

Non un capolavoro se visto oggi (stiamo sempre parlando di un gioco del 1999), ma un piacevole tributo del videogioco alla storia del fumetto italiano.

Un po’ più interessante il discorso per Diabolik: The Original Sin, un’avventura grafica con elementi action/rpg in ambiente 3D basato sulla ricerca di indizi e la risoluzione di enigmi, che ci metteva al comando di Diabolik ed Eva Kant.

In una storia strutturata attraverso un racconto a base di flashback e flashfoward, i due protagonisti si ritrovano alle prese con un complotto internazionale ordito da Goran, capo della nazione di Denvon. Per far sì che Diabolik rubi una serie di quadri, Goran rapisce Eva, costringendo il ladro a un lungo viaggio e a una serie di sfide.

Dylan Dog va a caccia di orrori

Grazie a una grafica simil-fumettosa, a un gameplay vario che permetteva di guidare entrambi i personaggi principali del fumetto e che includeva anche sessioni di quick-time events, Diabolik: The Original Sin, sbarcato anche su PlayStation 2 e Wii, ha rappresentato forse la più potente affermazione di un fumetto italiano all’interno del mercato videoludico.

Un patrimonio da sfruttare?

Arrivati alla fine di questo breve viaggio, l’unica ciliegina sulla torta che ci viene in mente è una breve riflessione su un argomento ricco di suggestioni: l’avvento dei Diabolik dei fratelli Manetti potrebbe dare nuova linfa al settore dell’intrattenimento in Italia e, magari, al videogioco nostrano?

È una domanda complessa che dovrebbe tener conto di una marea di fattori eterogenei, ma ragionare non costa nulla e il fumetto italiano, rappresentato principalmente da Bonelli, ha dato prova di essere comunque pronto a captare la sfida dell’innovazione.

Diabolik: The Original Sin

Partiamo col dire che oggi imporre e far emergere dei brand molto “locali” come i fumetti di cui abbiamo parlato in un mercato internazionale e che concentra il suo focus sugli U.S.A. o l’Europa del nord non è semplice, nonostante i tentativi, come visto sopra, non siano mancati.

Ciò vuol dire banalmente che la sfida per investitori e professionisti del settore non è facile.

La speranza è principalmente che una serie di nuovi attori e autori nella scena del gaming riescano sempre più ad attrarre risorse e che vogliano sfruttare quello che è un patrimonio pop nazionale in maniera compiuta.

Diabolik: The Original Sin

Tanti possono essere i vantaggi.

Se la base di acquisto e lettura di un Diabolik o di un Tex non è certo vasta come quella dei fumetti Marvel (mentre Dylan Dog si difende bene) e dunque possa apparire poco appetibile, l’obiettivo di sfruttare e far fruttare delle creazioni dell’industria culturale made-in-Italy potrebbe giovare al rilancio del settore in maniera massiccia utilizzando delle filiere molto più semplici da gestire rispetto a qualche anno fa. Questo potrebbe portare a nuovi investimenti da parte degli editori tradizionali, decisi a ritrovare lo slancio e a proporsi non più solo a una nicchia di nostalgici, ma a un pubblico più ampio.

Al momento, gli sforzi sembrano essere diretti al mercato nell’animazione (vedi la serie di Zerocalcare, in uscita su Netflix nel 2021).

Che una grande produzione come Diabolik dia una spallata interessante al settore?

This post was published on 28 Dicembre 2020 14:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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