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Assassin’s Creed Valhalla: diamo uno sguardo agli insediamenti

Una delle caratteristiche più pubblicizzate di Assassin’s Creed Valhalla, in arrivo il prossimo 17 novembre, è quella di dover gestire un vero e proprio insediamento vichingo su suolo britannico facendolo fiorire e portandolo a diventare una vera e propria città. Un’intervista al level designer del gioco David Bolle rilanciata da più testate nelle scorse ore ci racconta qualcosa di più di questa features.

Partendo con un confronto, appare chiaro che il funzionamento della nostra base, Ravensthorpe, sarà molto simile a quello dell’indimenticabile Monteriggioni, città-covo di Ezio Auditore in Assassin’s Creed II. Stando alle parole di Bolle infatti Eivor avrà il compito di gestire l’insediamento facendolo prosperare dando ordine di costruire edifici, farli evolvere e personalizzando il loro aspetto.

Ah, una piacevolissima scena di vita quotidiana fra una razzia e l’altra…

Non si tratterà però certo di puri “plus” all’esperienza: com’è prevedibile ogni edificio-dalla caserma al fabbro per finire con la stalla-avrà lo scopo di rifornire il pg di nuove armi, cavalcature e truppe di supporto, e non mancheranno altre strutture come il birrificio, le fattorie o il panificio, le cui risorse rimetteranno in forze i nostri soldati prima di una scorribanda (ehi, conquistare un’isola non è un gioco da fare a stomaco vuoto).

In più ci sarà un esponente degli Occulti, il proto-ordine degli Assassini, che ci darà informazioni sui vari obiettivi da colpire.

E questi sono solo alcuni degli edifici presenti (ricordatevi che molti degli insediamenti vichinghi furono il primo stadio di molte città inglesi: qui si fa la storia!).

Va infine detto che come intuibile l’insediamento avrà una sua evoluzione a stadi, o livelli, e che al loro succedersi le varie strutture otterranno nuove abilità tali da rifinire sempre più le diverse strutture e al contempo ottenere un seguito sempre più potente.

AC Valhalla: al comando di un esercito

Infine, qualche dettaglio sull’insediamento ci aiuta anche a capire come funzionerà la gestione delle nostre “truppe”: stando all’intervista di Bolle, dalla nostra base saremo in grado di ordinare i vari raid e gestirli, più o meno come accadeva con il Tavolo di Guerra in Dragon Age Inquisition.

Se la mettiamo sotto questa luce, l’esperienza di AC Valhalla sembra sempre più avvicinarsi a quella di un vero e proprio “gioco di guerra”, nel quale poter decidere la sorte di un territorio conteso e di condurre una campagna di conquista, più che una solitaria cavalcata in un territorio ostile come accadeva in un Ghost of Tsushima.

Riuscirà Ubisoft ad amalgamare quest’interessante innovazione con la tradizione-recente e non troppo recente-della saga?

Cosa ne pensate?

This post was published on 13 Ottobre 2020 10:26

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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