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eSports: la marina americana ha speso 2 milioni di dollari per il suo team

Il rapporto fra eSports e reclutamento militare negli Stati Uniti è stato uno degli argomenti caldi dell’estate 2020, con addirittura un’interrogazione formale della democratica Alexandria Ocasio Cortez contro l’utilizzo di Twitch come ambiente per procacciare nuove reclite (ne parlavamo qui), e oggi veniamo a sapere che la marina americana non ha certo badato a spese in progetti di questo tipo.

Stando a un report di Vice, la US Navy avrebbe speso due milioni di dollari per la promozione del suo team di eSports, i Goats & Glory, assumendo come responsabile il gigante del settore Young & Rubicam (fondato nel lontanissimo 1923 e di fatto una delle agenzie di comunicazione più importanti della Storia).

Stando al pitch del progetto di Y&R, la campagna di comunicazione su Goats & Glory aveva l’obiettivo di

“sviluppare una specifica strategia di e-gaming che includesse la partnership e la collaborazione con entità coinvolte nel settore dell’e-gaming, consentendo che i contenuti a marchio Navy fossero veicolati a coloro che seguono questi sport. [L’azione di marketing] metterà il marchio Navy su vari aspetti dell’esperienza di gioco elettronico, aumentando notevolmente la consapevolezza e allineando la Marina a questo settore.”

In poche parole: sensibilizzare i partecipanti agli eSport ad avvicinarsi e informarsi sugli scopi dell’U.S. Navy.

Una pratica svolta con l’impegno in prima persona soldati e consulenti del corpo militare presenti su Twitch. Ha infatti spiegato un ufficiale come, pur non essendoci al momento un’azione di reclutamento attiva, “i membri del team di eSport sono lì per rispondere alle domande sulle loro esperienze in Marina“.

Sensibilizzare e reclutare: qual è il confine?

Diciamoci la verità: le spiegazioni di Y&R e della Marina sembrano piuttosto confuse, se non in grado di generare ancor più dubbi sugli obiettivi della campagna e sul delicato discorso dell’utilizzo dei tornei di videogiochi per fare propaganda.

Nell’ambiente delle forze armate americane le figure dei reclutatori sono molto attive e operano fra la popolazione intercettando i potenziali militari anche da molto giovani, durante il periodo dell’università, attraverso un’azione di propaganda persuasiva.

Se avete visto un qualsiasi film che tocchi l’argomento (me ne viene in mente giusto uno, Forrest Gump), l’azione viene portata avanti in modo molto “dialogico”, dando al possibile “candidato” una serie spunti di riflessione sui possibili vantaggi che entrare nelle forze armate potrebbe portargli.

Capite bene quindi quanto ambigua e fumosa possa apparire la dichiarazione dei diretti interessati ai critici di queste pratiche.

Le accuse di “brutalizzazione”

Infine, a pesare sull’ambiguità di fondo, a tenere banco sono anche alcune metodologie e il lessico utilizzato da alcuni reclutatori su Twitch nelle scorse settimane.

Questi reclutatori utilizzerebbero infatti nickname che vanno anche oltre il “politicamente scorretto” per sconfinare nel cattivo gusto, come “Nagasaki” (la città straziata da una delle due bombe atomiche sganciate dagli U.S.A. sul Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale).

Capite bene come questa situazione, per l’U.S. Navy, non sia affatto facile: a conti fatti l’accusa è quella di utilizzare toni e modalità espressive che sconfinano nella brutalizzazione dei giocatori/futuri soldati.

Come si evolverà? Le pressioni dei media sull’U.S. Navy in tempi di una delle campagne elettorali più dure degli ultimi anni creeranno un dibattito su questo tema simile a quello sulla vendita delle armi?

This post was published on 30 Settembre 2020 12:02

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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