L’avvento delle nuove console è alle porte, e sta portando con sé una ventata di nuove tecnologie, nuovi modi di comprare e fruire i giochi (come game pass) e ovviamente nuovi titoli.
Mentre attendiamo Halo Infinite, God of War Ragnarok e tutti gli altri blockbuster annunciati in questi mesi però, vecchie ip tornano a far capolino più forti che mai e a conquistare la scena in nuove edizioni, fra remake, remastered e upgrade. The Witcher 3, GTA V e altri successi della gen che si sta chiudendo sembrano pronti a sopravvivere alle console che le hanno rese famose e ad accompagnarci per molto tempo.
Ma non solo loro.
È strano ma, di tutti i roboanti annunci degli ultimi mesi, i due che hanno colpito di più l’autore di quest’articolo sono stati proprio quelli delle remastered di Grand Theft Auto V (annunciato durante l’estate) e di The Witcher 3 (annunciato un paio di settimane fa).
L’effetto che mi hanno fatto è stato strano, stranissimo.
Da una parte, il pensiero di vedere le isole Skellige e Los Santos attraverso il filtro della next gen è stimolante, sfizioso e colpisce il mio animo di appassionato di questi titoli, vuoi perché sono due giochi che forse possono dare ancora molto grazie ad aggiornamenti del comparto tecnico o di gameplay, vuoi perché sono contento che abbiano avuto un successo tale da meritare di essere portati su altre console. Infine (di conseguenza) a far piacere è anche che le prossime generazioni potranno goderne semplicemente comprando una PS5 o una Xbox Series X.
D’altro canto, è come se il tempo si fosse fermato.
Quando GTA V è uscito la prima volta avevo 24 anni, ero al secondo anno di specialistica e la PS3 stava lentamente facendo il suo corso per lasciare spazio alla generazione successiva. Oggi, guardando al futuro, vedo quello stesso gioco prepararsi a essere accolto su PS5, dando probabilmente al pubblico un altro strabiliante saggio tecnico e permettendo a Rockstar Games di mungere una mucca sempre ricca di latte. GTA V insomma sempre quello è, ma torna di continuo, rinnovato (anzi, diciamo “ottimizzato”) nella forma.
Sorprendersi sarebbe stupido, sia nel suo caso che in quello di The Witcher 3.
Il kolossal Rockstar è stato il titolo più comprato di questa generazione, The Witcher 3 ha portato CD Projekt Red nell’Olimpo delle software houses europee e a un passo dal poter competere con le multinazionali come Ubisoft, quindi sfruttare i vantaggi nuove console per dare nuovo potenziale a due cavalli di razza sembra abbastanza scontato.
Non si tratta certo di un fenomeno inedito, se pensiamo che questa e quella precedente sono state forse le generazioni delle remastered.
Giochi come Shadow of the Colossus (per esempio) sono stati praticamente tramandati di console in console fin dalla loro prima uscita attraverso le remastered o, nel caso specifico, di un remake.
Oggi tuttavia la pratica delle remastered sembra aver dato origine a qualcosa di strano, di non atteso, che non riguarda i classici di cui abbiamo parlato poche righe più su: che succede infatti se a essere portato su gen successiva è un gioco con neanche due anni di vita? E non un gioco cross-gen, com’era GTA V, ma un titolo “di mid-gen” come Marvel’s Spider-Man (2018)?.
Se operazioni come quelle di The Witcher 3 e GTA V sembrano oculate, se il remake di Demon’s Souls appare un omaggio necessario e un atto di giustizia verso un intero genere, la remastered di Marvel’s Spider-Man, annunciata la scorsa settimana a margine del PlayStation Showcase sulla spinta del suo “figlioccio cross-gen” Marvel’s Spider-Man: Miles Morales (qui la notizia) inizia a far intravedere qualche anomalia.
Certo, il gioco Insomniac ha avuto un successo commerciale straordinario, ma si tratta pur sempre un gioco che a livello tecnologico non potrà avere lo stesso giovamento da una “cura ringiovanente” quanto potrà averlo un titolo del 2013 (GTA V) o del 2015 (The Witcher 3).
È vero, in termini produttivi sono le vendite di un gioco a determinare chi viene portato in next gen e chi no, tuttavia l’impressione è che la natura di queste grandi operazioni stia per avere un netto cambiamento.
Non credo di fare dietrologia quando ipotizzo che la potenza di questi giochi porti i grandi del campo a prevedere di poter quasi programmare in modo strategico dei loro rifacimenti, contando sull’apparato marketing di cui potranno godere, su un’attenta analisi mercato che permetta loro di capire cosa dovranno dare ai giocatori e ovviamente sul team e sulle sue risorse.
Da questo punto di vista Marvel’s Spider-Man potrebbe essere l’esempio perfetto di una politica del genere: un gioco basato su un brand forte (l’universo Marvel), in parte proprietario del publisher (Sony stessa, che detiene i diritti di Spidey) e sviluppato da uno studio interno permette in effetti di ipotizzare che Sony abbia strutturato tutto il ciclo di vita del gioco su un continuo gioco di lancio/rilancio su next gen, in maniera quasi scientifica.
Il tutto supportato dall’uscita di un nuovo gioco della serie, Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, che sembra quasi una sorta di gioco-ponte fra una generazione all’altra, né vero e proprio spin-off né sequel.
Ci dobbiamo allora preparare a un’età di giochi “immortali”, che rimangano costantemente attivi di generazione in generazione con upgrade, revisioni e nuove edizioni, e non più solo a remastered celebrative come quella di Shadow of the Colossus?
Quando The Witcher 3-Wild Hunt next gen è stato annunciato, qualche settimana fa, di tutti i commenti alla news uno mi ha colpito particolarmente: “Sì bello The Witcher 3, ma vorrei qualcosa di nuovo da quel mondo”.
Al di là dei giudizi personali, è un commento che fa riflettere, perché può dare l’idea di un possibile sentimento che questa politica potrebbe far nascere.
I giocatori potrebbero stancarsi, chiedere qualcosa di nuovo e addirittura vedere nell’ennesima edizione di giochi “vecchi” qualcosa di castrante per l’industria e l’innovazione. Sappiamo che non è così, sappiamo che sotto-sotto Rockstar sta programmando un GTA VI, che CD Projekt sfornerà Cyberpunk fra qualche mese e che persino The Witcher potrebbe tornare in una nuova incarnazione. Tuttavia, l’effetto è straniante e i commenti stupiti a certe nuove edizioni sono chiari.
D’altro canto, è affascinante notare un’analogia, ovvero come il videogioco si appresti a poter diventare sempre più come il libro, destinato, dopo una sua release iniziale, ad avere un’infinità di edizioni di generazione in generazione già pianificate, o come un certo tipo di cinema blockbuster americano in grado di rilasciare versioni aggiornate dei singoli film man mano che evolvono i supporti di trasmissione o gli effetti speciali (vedi Star Wars).
E qui entra in gioco ancor di più una delle novità di questi mesi, l’”upgrade”, in grado di “aggiornare” il gioco e renderlo performante anche su next gen.
Con quali conseguenze sull’originalità delle “next big things”? Alla lunga, se queste operazioni avessero successo, il numero delle nuove IP tripla A subirebbe un reale ridimensionamento (cosa paventata dalle dichiarazioni di Shawn Layden degli scorsi mesi) venendo rimpiazzate da nuove edizioni dei blockbuster del passato?
Solo il tempo ce lo dirà, e ci dirà quali saranno gli effetti.
This post was published on 24 Settembre 2020 8:49
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