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Josef Fares: “Dire che i videogiochi non sono arte è stupido”

I videogiochi rappresentano una forma d’arte? C’è ancora qualcuno che mette in dubbio questa possibilità, nonostante ogni giorno veniamo messi di fronte a titoli dalla potenza artistica innegabile. I videogiochi hanno tutte le carte in regola per essere considerati una forma d’arte, ma convincere i più scettici è sempre difficile perché fare orecchie da mercante è più semplice che intavolare una discussione sulla questione.

Qual è il modo migliore per “redimere” queste persone? Nessuno per Josef Fares, il creatore di A Way Out. Bisogna semplicemente non parlarci, perché la loro opinione è stupida. In questi termini senza mezze misure ha parlato il regista del videogioco Co-op rivelazione dell’anno. Ricordiamo che Josef Fares è anche lo sviluppatore di Brothers: A Tale of Two Sons, una vera perla che conferma lo stato artistico dei videogame.

Durante un’intervista, Josef Fares è intervenuto su un dibattito acceso dalla frase “i giochi non sono arte”, un’affermazione che è stata espressa dal critico Roger Ebert. Ebbene, non le ha mandate a dire, affermando a modo suo che Ebert si sbaglia di grosso.

Josef Fares non parla con chi dice che i videogiochi non sono arte

Il creatore di A Way out ha espresso la sua opinione durante lo show IGN Unfiltered. E proprio senza filtri è stato lui che ha parlato in modo chiaro e diretto:

Sì, aveva assolutamente torto. Niente di personale contro di lui, ma è così – non parlo nemmeno con persone che dicono che i giochi non sono arte, non ha nemmeno senso, è così follemente stupido.

Follemente stupido. Queste le due parole con cui Fares smonta la teoria di Ebert, convinto che i videogiochi non siano arte. Molti si staranno chiedendo, però, chi sia Ebert. Va detto che non si tratta del primo arrivato. È stato infatti un critico cinematografico statunitense, vincitore del Premio Pulitzer per la critica nel 1975. Fa un po’ effetto che proprio una persona colta e che ha vissuto l’arte non creda nelle potenzialità artistiche dei videogiochi. Altra generazione, altri tempi, su questo non c’è dubbio, ma una chiusura mentale di questo tipo ce la aspetteremmo da altri.

Fares ha continuato poi a sottolineare come ci siano diverse sfaccettature nello sviluppo di un videogioco, ognuna con il proprio elemento artistico.

Se fai questa domanda: ‘Se ti disegno un dipinto qui, considereresti quello arte?’ Penso che la maggior parte delle persone direbbe “Sì”. Quindi la mia risposta è che è esattamente come fare un videogioco: sto pensando ai concept artist quando disegnano… ma è solo una piccola parte del processo creativo.

Sai, ci sono alcune persone che in realtà pensano: ‘Oh, questo è fatto al computer’. Ad esempio, pensano che si prenda un computer e si scriva semplicemente ‘open-world’, bla, bla, per poi premere ENTER. La gente pensa così a volte.

Non ascolto nemmeno queste cose. È come dirmi: ‘Ehi, sono stupido, vuoi parlare con me?’ ‘Sì, ​​certo, parliamo, ma di qualcos’altro’. Quindi non lo prendo nemmeno sul serio.

Qui in basso puoi vedere l’intera intervista che è stata fatta a Josef Fares durante lo show IGN Unfiltered. Se ti interessa, puoi anche leggere la nostra guida ai trofei di A Way Out, il videogioco cooperativo disponibile su PC, PS4 e Xbox One dal 23 marzo 2018. Oltre alla guida ai trofei, abbiamo anche altri consigli sull’avventura creata da Josef Fares. Se vuoi sapere come giocare insieme a un amico, clicca qui, se invece vuoi sbloccare entrambi i finali, leggi la nostra guida.

This post was published on 14 Aprile 2018 12:23

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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