Il periodo di maggio/aprile è per le aziende quello della chiusura degli anni fiscali e dei bilanci. Se la scorsa settimana era toccato a Nintendo parlare degli ottimi risultati conseguiti nel 2019, oggi tocca a una software house che nella scorsa annata ha dato incredibili segni di vitalità: Capcom. L’azienda ha chiuso l’anno fiscale con uno fra i suoi migliori risultati negli ultimi anni, forte del successo di pubblico e critica di Monster Hunter: World (15 milioni di copie vendute), e i buoni risultati di Resident Evil 2 (Remake)(5 milioni di copie) e Resident Evil 3 (Remake) (2, 5 milioni di copie).
Premesse incoraggianti che hanno portato il CDA a fissare un goal molto ambizioso per l’anno fiscale 2020: 28 milioni di copie da raggiungere entro marzo 2021.
La strategia scelta per un simile goal è articolata in tre step:
- Impulso alla promozione digitale e a soluzioni di prezzo specifiche per le singole aree di vendita
- Non accantonare le campagne di marketing dei giochi usciti fino a ora
- Realizzare nuovi titoli di peso che consolidino il trend positivo.
Capcom sembra insomma essersi resa conto del suo potenziale e dei suoi ottimi risultati e, com’è ovvio, sembra voler puntare sempre più in alto. Da questo punto di vista, l’ultimo step, quello delle nuove uscite, sembra un obiettivo molto comprensibile, ma è proprio da quest’ambizione che per la mamma di Resident Evil e Street Fighter potrebbero nascere nuovi problemi.
Capcom può ammalarsi di “sindrome da annualizzazione”?
Secondo i rumor che si sono susseguiti in queste settimane, il cavallo di battaglia di quest’operazione di consolidamento e rafforzamento dell’offerta potrebbe essere proprio Resident Evil. Ne abbiamo parlato molte volte, ricordate? Secondo leak abbastanza attendibili Resident Evil 8 potrebbe arrivare sui nostri schermi a marzo 2021, mentre Resident Evil 4 Remake nel marzo 2022.
Tutto porta a pensare a una marcata annualizzazione delle uscite, che segue e modifica di poco quella che ha guidato il corso della saga survival a partire da Resident Evil 7: Biohazard (2017), al quale è seguito Resident Evil 2 (Remake) nel 2019 e, infine, Resident Evil 3 (Remake) a marzo 2020.
Se il far passare un paio d’anni fra il settimo episodio e il revival del classico per PS1 sembra aver dato i suoi frutti, con un sapiente mix di innovazione e operazione nostalgia, è ormai acclarato che l’operazione Resident Evil 3 Remake non sia andata molto bene. Né la critica né il pubblico sembrano infatti aver apprezzato una certa “eccessiva rapidità” nel suo lancio, che ha portato al rilascio di un gioco a detta di molti monco e dalle potenzialità sprecate. La tesi è infatti che Capcom, orgogliosa di Resident Evil 2 (Remake), abbia voluto premere troppo l’acceleratore, in parte finendo di nuovo fuoristrada.
In base a ciò, non pochi sono stati i commenti tiepidi all’annuncio non tanto di Resident Evil 8 (il cui sviluppo, tra l’altro, dovrebbe essere iniziato più o meno in contemporanea con quello dei remake), quanto a quello di RE 4 Remake.
Vero è che si sta parlando di un titolo che arriverà sui nostri schermi solo fra un paio di anni. Tuttavia, è giudizio comune è che Capcom debba stare molto attenta e non cedere all’entusiasmo del mercato, a mettere nei suoi giochi futuri la stessa cura infusa nei titoli precedenti a Resident Evil 3 (Remake) e, soprattutto, non seguire un ritmo produttivo forsennato che potrebbe affossare di nuovo l’azienda.
Capcom ascolterà la coscienza e i consigli oppure darà vita a un nuovo caso Ubisoft-dei-tempi-peggiori, privilegiando la quantità sulla qualità?
Speriamo di no, davvero, perché sarebbe come tradire quanto di ottimo è stato fatto negli ultimi anni.