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Final Fantasy VII: combat system al passo coi tempi (ma con un occhio all’originale)

Non giriamoci attorno: uno degli aspetti che più incuriosiscono e spaventano del remake di Final Fantasy VII Remake è il combattimento.

Più di un fan, dopo aver provato la demo rilasciata qualche settimana fa e visto i vari video di gameplay, continuerà infatti a credere che la nuova impostazione action-rpg possa rovinare l’esperienza di gioco e svilire quella che era una delle caratteristiche fondamentali del gioco. Square sembra tuttavia tenere particolarmente anche a questo aspetto, e con un nuovo video di making of con protagonista il director and concept designer Tetsuya Nomura fa chiarezza su alcune scelte di game design.

Anzitutto nel video Nomura conferma che nel gioco originale troveremo anche una sorta di “classic mode” nel quale varie meccaniche di combattimento action introdotte nel remake verranno automatizzate per evitare ai più nostalgici un approccio troppo frustrante e fuori dalle loro corde.

Una notizia che certo conforterà molti di loro magari spaventati dalla novità.

Tuttavia, pur rimarcando questa possibilità, Nomura non rinuncia a spiegare in profondità questo profondo cambiamento di approccio affermando che in questa fase dell’industria del gaming le mecaniche action-rpg siano diventate preponderanti rispetto al caro-vecchio approccio a turni. Evidentemente il pensiero è che seppur ancora applicato in una serie di produzioni di tutto rispetto, esso non fosse adatto per un remake sontuoso, ricco di contenuti e dall’alto valore simbolico con il dovere di intercettare un grande pubblico magari non avvezzo al genere.

Certo, se di rivoluzione si è trattata, il team sembra essere stato attento a mantenere quegli elementi di gameplay centrali nell’originale ma che potevano sposarsi con un impianto action. Per esempio le Materia continueranno ad avere un ruolo importante all’interno della gestione delle risorse dell’armamentario e delle mosse (anzi, nelle intenzioni del programmatori la loro funzione sembra essere diventata ancor più centrale e strategica), e anche la visualizzazione di statistiche e report dei colpi sulla schermata rispecchierà molto il senso estetico e la funzione che avevano nel gioco originale. Una scelta dettata dal rispetto per la storia del brand e del gioco originale.

E’ davvero possibile accontentare tutti?

Una cosa è sicura: a Square Enix il coraggio non manca.

Prendere un classico con una radicatissima community, farne un remake radicale e rivedere in profondità meccaniche ormai consolidate ed entrate così tanto nell’immaginario collettivo può essere un’arma a doppio taglio, poiché significa esporsi a una serie di confronti ed elementi di critica (a prescindere dalla bontà delle intenzioni degli sviluppatori).

Pensate solo a come il fattore nostalgico, uno dei motivi alla base di un acquisto di questo tipo per un giocatore adulto, potrebbe essere danneggiato da un simile cambiamento.

D’altro canto le parole di Nomura sembrano logiche, in quanto la storia del gioco di ruolo digitale ha visto nel corso degli anni un certo incedere spedito delle produzioni occidentali del mainstream che ha “circoscritto il j-rpg”. Okay, parlare di strategico a turni come di “nicchia” è certo senza dubbio ingiusto e fuorviante, ma è chiaro come esso non sia più diffuso come un tempo soprattutto fra le nuove generazioni (che di fatto nella maggior parte dei casi potranno dare una chance al capolavoro di Square solo attraverso questo remake).

Cosa ne pensate? Le spiegazioni di Nomura-san vi sembrano ragionevoli o trovate il tentativo azzardato? Avreste voluto un approccio più vicino all’originale?

This post was published on 2 Aprile 2020 12:26

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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