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Yakuza: Like a dragon, i produttori vogliono provare diversi generi

In un’intervista rilasciata a Bahamut (e riportata in inglese da Siliconera) per la promozione di Yakuza: Like a Dragon, uscito il 16 gennaio in Giappone e previsto in uscita nei prossimi mesi sugli altri mercati, i produttori di Ryu ga Gotoku Studio hanno raccontato alcuni retroscena sulla realizzazione del nuovo episodio e sulle idee per Yakuza 8.

Alla domanda sulla direzione che la serie intende prendere, il produttore Daisuke Sato ha raccontato che al momento non è il grado di dare una risposta dettagliata, in quanto da un lato il team è ansioso di sperimentare sempre nuovi generi e nuove impostazioni di gameplay, dall’altro perché per Ryu ga Gotoku Studio è necessario attendere le reazioni di stampa e pubblico a Like a Dragon.

L’altro produttore, Hiroyuki Sakamoto, ha approfondito il concetto di “sperimentazione” spiegando che la filosofia creativa della serie non è mai stata legata in maniera indissolubile a un genere specifico, quanto piuttosto alla ricerca di uno stile di gioco che permettesse di raccontarne la storia. Per esempio, facendo riferimento a una scherzosa proposta mossa da uno dei team di sviluppo di sviluppare uno Yakuza “a tema tennis”, Sakamoto ha raccontato come anche un gioco del genere potrebbe funzionare come titolo della serie. Del resto, ha aggiunto, il gameplay di Yakuza 5 era per esempio incentrato sulle meccaniche di un rythmin game, quindi perché non aprire anche a quelle che sulla carta sembrerebbero ipotesi bizzarre, laddove si adattino alla trama e ai personaggi?

Scendendo nei dettagli circa le idee in campo per Yakuza 8, Sakamoto ha rivelato che al momento non ci siano progetti definitivi, in virtù del fatto che sì, esisterebbero già delle idee da sviluppare, ma come detto si starebbe preferendo lasciarle a uno stadio molto approssimativo in attesa di entrare nella fase esecutiva del progetto. Ancora secondo Sakamoto, infatti, sviluppare i concept dei diversi giochi “a catena”, pensando in anticipo ai legami fra essi, limiterebbe le possibilità creative del team durante il processo di sviluppo.

Questa linea altamente sperimentalista vi convince o preferireste un approccio più “tradizionale“?

>>In merito alla questione, potrebbe interessarti anche questa story: Yakuza 7: la serie è pronta a cambiare pelle… e i giocatori?<<

This post was published on 20 Gennaio 2020 11:36

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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