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Nintendo ed esports: il presidente spiega la mancanza di premi in denaro per i tornei ufficiali di Smash Bros.

Nintendo interviene nel dibattito sugli esports attraverso le parole del suo presidente, Shuntaro Furukawa, rilasciate nel corso di un’intervista al quotidiano finanziario Nikkei.

Alla domanda postagli sul perché Nintendo non mettesse in palio premi in denaro per i tornei di Super Smash Bros. Ultimate, fatto che aveva attirato attenzioni e perplessità da parte degli analisti del settore, Furukawa ha risposto spiegando come ciò andrebbe contro una certa “filosofia” di Nintendo. Una filosofia che a dire il vero sembra entrare in conflitto col concetto stesso di “esport”.

“Si parla di esports quando i giocatori si sfidano su un palco per contendersi un premio in denaro” ha detto Furukawa, tentando di far rilevare poi come le competizioni di casa Nintendo vogliano seguire uno spirito molto diverso: “Al fine di far giocare i prodotti della nostra azienda a un vasto numero di persone, indipendentemente dall’esperienza (…) vogliamo (…) rendere i nostri eventi appetibili da una vasta gamma di persone”.

L’impressione è che Nintendo voglia privilegiare una visione dei tornei videoludici del tutto “aliena” da quella dei competitor, in cui a prevalere è per lo più l’amore per “il gioco” in quanto tale e per la voglia di costruire community affezionate al brand.

Shuntaro Furukawa

Nintendo sbaglia?

Una domanda (e una risposta) che come dicevamo più sopra arrivano dopo alcuni interrogativi sollevati da alcuni analisti di settore che hanno rilevato come anche i montepremi per tornei esterni di giochi come Super Smash Bros. Ultimate siano molto inferiori a quelli di altri. Dai dati, durante EVO 2019 il campione di Super Smash Bros. Ultimate ha vinto 21.180 dollari da un montepremi di 35.000 dollari, cifra molto inferiore ai 70.000 di Street Fighter V e comunque inferiore ai 47.000 messi a disposizione per Samurai Showdown.

Secondo Rod Breslau, fra i più stimati consulenti e analisti nel campo esport, l’atteggiamento di Nintendo sarebbe irragionevole, in quanto non permetterebbe all’azienda di essere davvero competitiva nel campo.

A supporto della sua idea, Breslau non ha mancato di lanciare una frecciatina a Nintendo raccontando l’aneddoto di un partecipante al suo evento all’EVO dello scorso anno che, non avendo a disposizione un premio in denaro, non avrebbe potuto neanche permettersi una camera d’albergo per la competizione.

Nintendo segue una politica troppo distante dalla realtà rischiando di essere tagliata fuori dai giochi per inseguire le sue idee di brand? Oppure, al contrario, è l’industria dell’esport ad attaccarla gratuitamente, forse perché insoddisfatta del fatto che una multinazionale del gaming asiatico non faccia parte del “circo mediatico” degli esport?

>>Leggi anche: Pokémon Spade & Scudo: le novità annunciate al Pokémon Direct<<

This post was published on 10 Gennaio 2020 11:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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