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[State of Play Dicembre 2019] Resident Evil 3: formula che vince non cambia

Annunciato nelle ultime settimane, il remake di Resident Evil 3 non poteva che essere un piatto forte dello State of Play 2019, e Sony non ci ha delusi: durante i venti minuti di show odierno il chiacchierato e atteso titolo Capcom si è mostrato con un trailer, ha confermato la strategia di “ritorno al passato” della casa, ma soprattutto lasciato intravedere un approccio al gioco molto interessante a un’operazione così attesa e così delicata.

Ma soprattutto, a neanche un anno da Resident Evil 2 abbiamo già una data di uscita di questo “nuovo” capitolo: 3 aprile 2020.

Non ci resta che fare il punto della situazione.

Nemesi in prima persona

Pur essendo abbastanza criptico e (forse volutamente) confuso, come già detto il video ha messo molta carne al fuoco: nei suoi tre minuti ha già fatto respirare atmosfere malsane e apocalittiche in grado di evocare incubi riaffioranti dal nostro passato di videogiocatori, ma soprattutto ha mostrato con alcune sezioni in prima persona che sembrano strizzare l’occhio alle meccaniche degli horror psicologici di ultima generazione.

Queste ultime in particolare sembrano aver trovato una loro naturale collocazione all’interno delle fughe della nostra Jill dalle grinfie di Nemesis, lasciando intuire che saranno sezioni parzialmente distaccate dal resto del gioco e dedicate. Un approccio che potrebbe dar vita a fasi di gioco al cardiopalma, capaci di diventare un incubo per i giocatori.

 

Da quel che abbiamo potuto vedere, Capcom sembri ormai avviata su una strada fortemente sperimentale, che vuole contaminare il gameplay più tradizionale di RE con quello di prodotti più moderni. Una strada che in passato ha ripagato, soprattutto se pensiamo a Resident Evil 7, titolo “iniziatore” di questo approccio.

Infine, il trailer ha confermato anche un’altra feature molto chiacchierata: la famosa modalità co-op che nei mesi scorsi aveva fatto parlare di “cambio di genere” per la serie.

Fedeli a una tradizione

Se il trailer di oggi ha lasciato pensare a una rilettura libera del materiale “storico”, com’è ovvio la strategia di Capcom sembra puntare soprattutto su un certo effetto nostalgia. Gli stemmi dell’Umbrella Corporation in bella vista sulle pareti nell’ultimo tratto del trailer, il ritorno di personaggi iconici e soprattutto di location del gioco originale in una nuova e fiammante veste grafica danno l’idea che a Capcom interessi soprattutto coltivare i fan storici e portarli nella nuova generazione.

Pertanto, okay innovazione, okay nuova veste, purché sia volta a tramandare un brand tanto amato facendo leva sui “punti giusti”. Del resto, l’horror commerciale-e Resident Evil, nella sua incarnazione videoludica, ne è uno degli esempio più importanti degli ultimi vent’anni – è forse uno dei generi che più si basa su questo continuo gioco di recupero del passato, e con risultati sorprendenti. Un approccio che però non rifugge da una sua declinazione attraverso nuovi linguaggi e nuovi modi di raccontare.

Per gli appassionati di horror cresciuti fra gli anni ’90 e i 2000 RE è un classico tanto quanto lo potrebbe essere il primo film di Dracula (ovvero Nosferatu), portato al cinema centinaia di altre volte dopo la sua prima uscita ma di volta in volta reinventato seguendo nuove “mode narrative” e nuovi approcci registici.

Non sorprenderebbe quindi un remake che non abbia paura di inserire degli elementi di forte differenziazione col passato.

 

Reinventando un classico

Cosa vuol dire questo? La risposta sembra essere intrigante. A Capcom non basta più che Resident Evil sia considerato IL survival per eccellenza, che abbia iniziato un genere e fondato un modo di intendere il videogioco-di-paura. L’obiettivo dei “nuovi” Resident Evil sembra piuttosto essere quello di rinvigorire questo  status in mezzo a tutti i cloni, epigoni e rivali.

Come farlo però? Semplice: non facendone una fotocopia sbiadita dal tempo, ma dimostrando che può perfettamente resistere alle novità. Una scelta molto diversa da quella fatta per Resident Evil 2, che invece portava avanti un disegno quasi “filologico” nella riproposizione del gameplay originale, a rischio di farlo apparire ostico e lontano dalla modernità.

A fronte del successo del predecessore, il cambio di rotta potrebbe essere tanto una carta interessante da giocare quanto un azzardo.

Per cominciare, quando si parla di remake di videogiochi il pubblico sa essere particolarmente critico con qualsiasi tipo di innovazione e il rischio di ritrovarsi un gruppo di nostalgici inferociti sotto casa è molto alto. In secondo luogo, c’è sempre il pericolo che una contaminazione eccessiva del gameplay originario con uno “più al passo con i tempi” rischi non tanto di snaturare, quanto di inseguire approcci più moderni facendo perdere la specificità e l’originalità dell’originale.

Capcom, facci il miracolo!

Per quanto qualsiasi interrogativo o curiosità lanciati dal trailer di oggi possano essere più che leciti, la storia recente di Capcom ci rende abbastanza speranzosi su ciò che stanno facendo. Dimenticate le sterzate verso action e altri lidi, Capcom ha deciso di riavvicinarsi al suo pubblico storico attraverso un approccio di attento recupero, facendo letteralmente strage di cuori fra i fan di lungo corso. Una strategia che oggettivamente finora ha pagato, riuscendo a farle guadagnare di nuovo un posto nell’olimpo del survival.

Certo, l’approccio usato è stato un vero e proprio “ritorno al passato”, ma esso è stato condotto con maggiore eleganza e disciplina rispetto ad altre operazioni analoghe.

E siamo certi che, arrivati a questo punto, alla Capcom non vogliano buttare tutto alle ortiche.

>>Leggi anche: Il remake di Resident Evil 3 Nemesis-Come lo vorrei<<

 

 

This post was published on 10 Dicembre 2019 18:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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