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Sekiro: Shadows Die Twice | La storia di Hanbei l’Immortale in un manga

Il Giappone medioevale di Sekiro: Shadows Die Twice, con il suo continuo coniugare storia e folklore, è un immaginario perfetto per essere espanso all’infinito. Arriva infatti il primo manga ufficiale tratto dal videogioco. Stiamo parlando di Hanbei l’Immortale, mentore del giovane shinobi Sekiro e maestro di spada maledetto che arriverà nel nostro paese il 27 febbraio 2020 edito da Dynit Manga.

Riuscirà questa nuova storia ad appagare gli appassionati di uno dei titoli più amati del 2019?

Una storia affascinante

Prima di inoltrarci nella nostra storia è d’obbligo una premessa per i non-sekirofili: Hanbei è un personaggio abbastanza importante di Sekiro, in quanto responsabile dell’allenamento del nostro alter ego le traumatiche vicende iniziali del gioco. Sekiro, ferito nell’onore e mutilato di un braccio dai suoi nemici, si ritrova a dover far pratica nel combattimento allenandosi alluso della nuova protesi costruita per lui dallo Scultore, e trova sul suo cammino colui che fa al caso suo. Hanbei è infatti un guerriero dal passato leggendario, con una particolarità: vittima di un’oscura maledizione, non può morire (in pratica, lo strumento di allenamento al combattimento definitivo).

In termini di gioco stiamo quindi parlando dell’addetto al nostro tutorial. Da un punto di vista eminentemente narrativo, tuttavia, rappresenta una grande occasione per iniziare a fare del mondo di Sekiro un vero e proprio universo di narrazioni incrociate.

Il manga è disegnato da Shin Yamamoto, già al lavoro su opere affini nate da Monster Hunter e verrà lanciato in contemporanea mondiale con Stati Uniti, Corea del Sud, Spagna, Francia e Germania.

Se volete dare uno sguardo alle prime tavole, potete leggere l’estratto in inglese disponibile qui.

Sekiro e Hanbei nel gioco.

Un guerriero dalle mille vite

Molti sono i personaggi di Sekiro (e in generale dei giochi di From Software) che possono vantare background molto complessi e ricchi di elementi sfiziosi che quasi mai vengono “raccontati” del tutto al giocatore. Da questo punto di vista è infatti buona cosa ricordare sempre quanto le ironie sull’estrema difficoltà dei giochi di Miyazaki-San finiscano sempre per mettere in ombra il talento di un team in grado di mettere in scena sistemi narrativi molto complessi, profondi e affascinanti.

Quelli di From sono infatti giochi evocativi, in grado di immergere il giocatore non solo nelle vicende dei loro protagonisti, ma soprattutto all’interno di un mondo e delle sue atmosfere, messi in risalto da un gameplay in grado di riflettere la loro cupezza.

Rispetto ai Souls o a Bloodborne, tuttavia, Sekiro si presta ancor di più a operazioni di questo tipo. A differenza di essi, infatti, il loro fratellino minore ha scelto di abbandonare la tradizionale narrazione “criptica” del mondo di gioco (elemento distintivo dei primi titoli From) per raccontare una storia più lineare e basata anche sulla precisa descrizione di fazioni, personaggi iconici e frammenti del passato dei protagonisti. Hanbei, con la sua storia fatta di un costante ciclo di morte e ritorno alla vita, rappresenta oltretutto la fonte perfetta per un’intera serie di storie sul genere del cappa-e-spada nipponico (qualcuno ha detto L’immortale?!).

La copertina di un numero dell’edizione originale e una pagina interna.

L’ultimo di una lunga serie

I più appassionati di fumetto e arti visive lo sapranno già, ma Sekiro non è il primo adattamento a strisce di un gioco di Hidetaka Miyazaki. Sia Dark Souls che Bloodborne, infatti, sono stati trasposti in due serie di comic books pubblicati in italiano da Editoriale Cosmo (la prima di quattro volumetti, la seconda di tre).

Al contrario di quanto potremmo pensare, non si tratta di mere trasposizioni degli eventi del gioco o delle semplici espansioni del narrato, ma una serie di storie che approfondiscono la lore affrontandola mediante miniserie a episodi, ma anche attraverso racconti autoconclusivi di poche pagine in grado di esplorare meglio i mondi di gioco e in un’ottica genuinamente “transmediale”. Un approccio seguito da moltissimi altri brand videoludici di successo, da Assassin’s Creed a The Witcher passando per Overwatch, e che in mano a studi in grado di produrre opere basate sulla narrativa possono diventare delle ottime occasioni di approfondimento (e fidelizzazione).

Al momento non sappiamo se le storie del vecchio Hanbei avranno un seguito oltre al previsto volumone di 192 pagine (mica male!), ma siamo certi che molti di voi non vedono l’ora di preparare di nuovo la katana per ritornare nell’epoca sengoku.

>>Leggi anche: Giappone Feudale e videogiochi: Nioh 2 ed i suoi fratelli<<

This post was published on 8 Dicembre 2019 13:04

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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