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Cyberpunk 2077 potrebbe essere la miglior incarnazione del suo genere | Dettagli sulla mappa

Uno degli aspetti di Cyberpunk 2077 che più ha attirato interessi e domande del pubblico e della critica è senza dubbio quello legato alle dimensioni della mappa e alla struttura del mondo di gioco. Non poteva che essere così: The Witcher 3 ha presentato al pubblico un setting vasto, vario e in grado di incarnare alla perfezione il concetto di “epico”, quindi l’aspettativa è alta. Oggi alcune fotografie di un artbook ufficiale ci permettono di dare un primo sguardo a una cartina di Night City (o almeno di una sua parte), confermando news degli scorsi mesi e cominciando a stuzzicare la nostra immaginazione. Per spiegarvi il perché tenteremo di guidarvi in un breve viaggio fra estetica cyberpunk e videogioco, sperando che le nostre più rosee aspettative corrispondano a ciò che ci ritroveremo davanti. Pronti?

La mappa di Cyberpunk “piccola” e bella

Come già compreso da notizie passate, il mondo di Cyberpunk 2077 ha tutta l’aria di essere più piccolo di quello incontrato in giochi del passato , a cominciare dal precedente capolavoro fantasy CD Projekt o da Red Dead Redemption 2 (qui il nostro approfondimento). Questo fatto ci sorprende fino a un certo punto, anzitutto perché al contrario dei giochi appena citati CB 2077 fa riferimento a un immaginario prettamente urbano. In secondo luogo, va ricordato che in questo caso specifico “poco vasto” non significa per forza “meno vario”, anzi.

La fantascienza immaginata da Gibson o quella portata al cinema da Ridley Scott in Blade Runner è un genere che si ciba di spazi cittadini stretti, sporchi (e al tempo stesso asettici in modo inquietante), simili a quelli di un pozzo senza fondo fatto di metallo, vetro ologrammi. Ciò vuol dire locations che si sviluppano in altezza. Le città cyberpunk sono del resto una versione vagamente distopica delle metropoli occidentali e asiatiche fra gli anni ’70 e gli ’80, con una popolazione allo sbando che trova rifugio in alti palazzi-città i cui piani sono spesso divisi per ceto sociale.

Chi scrive crede che l’applicazione di un setting del genere a un open world possa dar vita un gameplay davvero vario e complesso. Lasciano perplessi a questo proposito alcuni commenti della critica non soddisfatti dell'”esigua” vastità del setting. Non vorremmo infatti che il giudizio sulle mappe diventi al lungo andare un metro di giudizio “assoluto” (ovvero senza una contestualizzazione) da parte di qualcuno.

Uscendo dalla modalità polemica, riprendiamo il filo del discorso, perché quello del confronto fra “vastità” e “profondità” di Night City non è che la prima delle sfiziose suggestioni che la mappa ci suggerisce.

Ed ecco a voi una prima mappa di Night City!

Un lungo viaggio, in campagna e in città

A colpire l’immaginazione di chi scrive non è però l’intreccio di vicoli, strade e piattaforma per navette che probabilmente ci ritroveremo davanti fra qualche mese. Quel che veramente rapisce la fantasia e fa sperare in un gioco con una forte identità e che vada oltre i cliché è che Cyberpunk 2077 promette di farci vivere anche i sobborghi della metropoli e, magari, persino le zone oltre i confini del centro abitato.

Se è vero che il cyberpunk è un genere che fa della città il suo ambiente fondamentale, va notato come già nella versione cartacea fosse possibile visitare le famose badlands. Piccoli centri di periferia, zone isolate sottoposte allo strapotere di predoni, aree industriali che CD Projekt sembra voler rendere protagoniste quanto lo saranno le strade cittadine (come raccontato dal team qualche mese fa a PC Gamer).

D’altro canto, tante sono le opere del genere che sia a livello letterario che cinematografico hanno lanciato lo sguardo oltre le città. Persino alcune delle pagine centrali di Ma gli androidi sono pecore elettriche? di Philip K. Dick, romanzo alla base di Blade Runner, sono ambientate fuori dall’immensa metropoli cornice della storia, mentre recentemente Blade Runner 2049 e Interstellar hanno lavorato sull’offrire un’idea di come possano apparire le campagne in uno scenario futuristico nel quale tutta la società sembra essersi rifugiata dentro le mura dei centri abitati.

Infine, se parliamo di estetica futuristica e “ruralità”, come non citare Death Stranding, titolo del momento basato sull’idea di mettere la città sullo sfondo e mettere al centro le vicende di un “portapacchi” costretto a fare il lavoro sporco in campo aperto?

Perché questo discorso è interessante? Semplice: perché forse grazie a Cyberpunk 2077 avremo fra le mani una visione di un’ambientazione futuristica quanto più “totale” e “fuori dagli stereotipi” potremmo immaginare. Una visione che forse solo un open world è in grado di dare.

 

Narrazione e potenza

Sono suggestioni di questo tipo che permettono di notare la vera potenza del medium.

Se parliamo di narrazione “di genere” gettando l’occhio a medium “lineari” e “non interattivi” come la letteratura o il cinema, il modo in cui essi riescono a farci vivere l’atmosfera portante di una determinata opera è quasi sempre limitata o stereotipata.

E’ difficile pensare che un film crime possa mostrare le badlands attorno a Los Angeles, o che un western tipico possa permetterci di lanciare un’occhio sulla New Orleans della fine del XIX secolo, mentre al contrario mondi “aperti” (in senso letterario e in senso “narrativo”) come quelli di giochi come GTA o Red Dead Redemption possono allargare la visuale e spingere l’immedesimazione di chi gioca “oltre”.

E chi scrive crede che questa sia la caratteristica capace di mettere un romanzo e un videogioco sullo stesso livello.

>>Quanto è “attuale” Cyberpunk 2077?

Scopriamolo con Piogge acide e riscaldamento globale, il futuro di Cyberpunk 2077 non è così lontano<<

 

This post was published on 4 Dicembre 2019 12:34

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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