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Il sessismo per Riot Games vale dieci milioni di dollari di risarcimenti

Per Imran Khan (pezzo importantissimo di Game Informer) uno dei più importanti pezzi del giornalismo videoludico di questa decade è rappresentato dall’inchiesta portata avanti da Cecilia D’Anastasio, giornalista di Kotaku, riguardante le condizioni lavorative delle donne all’interno di Riot Games. Se gli ultimi anni della vostra vita li avete passati sotto ad un sasso, tentiamo di dare una rinfrescata alla vostra memoria portandovi alcuni dati tristemente interessanti.

Riot, l’azienda dietro League Of Legends (il moba più giocato al mondo e uno dei titoli esportivi più popolari sul mercato videoludico tutto), ha ricevuto una class action da parte da una folta schiera di dipendenti donne di Riot Games. L’accusa è stata pesante e parlava chiaro: l’intero sistema aziendale di Riot aveva comportamenti discriminatori verso le figure femminili presenti all’interno dell’azienda.

Tutto era partito lo scorso anno in seguito all’articolo della giornalista americana; inizialmente le lavoratrici di Riot avevano iniziato con delle proteste social finalizzate allo sciopero ma poi la situazione è rapidamente evoluta in qualcosa di molto più grande. Le dipendenti si sono alleate reciprocamente ed hanno avviato una class action contro l’azienda per comportamenti sessisti e discriminazioni di carattere sessuale sul luogo di lavoro.

Ecco, la class action sembra essersi conclusa con una vittoria per le vittime con un risarcimento enorme da parte di Riot.

Vittoria della class action

La notizia che maggiormente serpeggia in giro per la rete durante queste ore vede ben dieci milioni di dollari sul piatto dei risarcimenti, da dividere presso le mille partecipanti della class action. Tale cifra non è al momento definitiva e deve ancora essere valutata dal giudice che si sta occupando del caso.

A tal proposito un portavoce di Riot Games ha ufficialmente commentato la vicenda nel seguente modo:

“Siamo molto felici di aver proposto un accordo in grado di mettere la parola fine alla class action. Crediamo si tratti di un passo molto importante per l’azienda e della chiara dimostrazione del nostro impegno nel voler mantenere Riot Games un ambiente inclusivo per tutti i migliori talenti che lavorano e vivono in questo settore; un ambiente in grado di prescindere dal proprio genere e dal proprio orientamento sessuale”.

Una svolta importante per quello che è sembrato essere uno degli scandali più prominenti del mondo videoludico anglocentrico. In Riot Games le donne venivano generalmente pagate di meno rispetto ai colleghi maschi di pari posizione, subivano scherni di cattivo gusto da parte dei colleghi maschi ed in più momenti sono state vittime di comportamenti riprovevoli proprio a livello aziendale, trasformando le assunzioni in veri e propri incubi a occhi aperti. Per la California una Class Action di queste dimensioni è senza precedenti e darà sicuramente spazio a novità di qualche tipo dal punto di vista prettamente legislativo; sicuramente è quella più grande a livello economico quando parliamo di class action legate a disparità di genere all’interno di ambienti lavorativi.

Secondo alcune fonti interne a Riot i problemi non si fermeranno affatto con la vittoria di una simile class action. Nonostante ci sia effettiva volontà di cambiamento all’interno della compagnia, la maggioranza dei problemi provengono da una grande quantità di personalità all’interno dei luoghi di lavoro che incarnano perfettamente i problemi sopra descritti. Per la fonte di Kotaku è bellissimo che Riot abbia deciso di dare un compenso economico alle donne colpite dalle problematiche dell’azienda ma ciò è soltanto un palliativo; è difficile curare un ambiente marcio se non si rimuovono le fonti di problemi. Per tale fonte l’azienda sta praticamente pagando le sue dipendenti in modo profumato per resistere alle angherie e alle insofferenze presenti nel contesto aziendale; non quello a cui la class action aspirava.

Cosa successe all’epoca?

Riot Games è una software house del mondo videoludico fondata nel 2006 da due degli sviluppatori delle primissime versioni della mod di Warcraft 3: Defense Of The Ancient. La compagnia, dieci anni dopo, poteva vantare oltre cento milioni di giocatori mensili con oltre 2500 dipendenti sparsi per venti uffici in tutto il mondo. La compagnia è stata nominata anche da Business Insider come una delle migliori venticinque compagnie IT in cui lavorare e può tutt’ora vantare ricavi annuali miliardari.

L’inchiesta portata avanti dalla giornalista americana ha mostrato importanti diversità tra il come un impiegato maschio ed un impiegata femmina fossero trattati all’interno dell’ambiente di lavoro. L’esperimento cardine vedeva la stessa idea venir prima rigettata se proposta da una donna e poi approvata in pompa magna quando proposta in eguale maniera da un uomo; una pratica che sembrava essere praticamente la quotidianità all’interno dell’azienda.

L’intero report è impossibile da riassumere nel giro di qualche centinaio di parole ed è disponibile a questo link. All’interno del report sono presenti storie di sessismo, racconti infarciti di riferimenti non desiderati alla sfera sessuale delle lavoratrici e di mestizie tristemente comuni all’interno di ambienti lavorativi con molta mascolinità tossica.

Il futuro di Riot cambierà in qualche modo?

Al momento la compagnia è impegnata nella realizzazione di un nuovo sestetto di titoli, tutti in qualche modo ufficialmente confermati quest anno. I primi due, TeamFight Tactics e Legend Of Runeterra sono estensioni del gioco originale e rappresentano la modalità Auto battler e la versione digital trading card game dell’universo originale del brand: entrambi sono stati già rilasciati dalla compagnia dopo anni di League Of Legends classico.

Gli altri tre progetti della compagnia invece sono ancora tenuti relativamente sotto segreto: il primo è League Of Legends Esports Manager, videogioco manageriale che mette il giocatore nei panni di un gestore di una nascente squadra esportiva alle prese con tutti i problemi ed i crismi del caso. Il titolo avrà una grande integrazione con quello che è il reale mercato esportivo di League Of Legends, fungendo da specie di fantacalcio per tutti gli appassionati di MOBA.

Project A è il loro secondo progetto ed è la risposta, made in Riot, agli sparatutto character based che sono esplosi con l’arrivo di Overwatch sul mercato PC. Il titolo verrà pubblicamente rivelato durante il 2020 e sarà staccato dall’universo di League Of Legends essendo ambientato in una versione futuristica della terra che al giorno d’oggi conosciamo. Il titolo avrà interessanti updates riguardanti la qualità del netcode e prevede di essere una delle grandi scommesse dell’azienda durante i prossimi anni, con un ciclo di vita paragonabile a quello del suo titolo principale.

Abbiamo anche Project F, il picchiaduro made in Riot che l’azienda sta sviluppando da tempo e che è stato ufficialmente confermato durante l’EVO 2019, evento cardine per il genere videoludico in questione. Di questo non si sa praticamente niente, se non che lo sviluppo procede da molto tempo e che è ragionevole aspettarsi qualche dato in più sul prodotto durante il 2020.

L’ultimo progetto di Riot in ambito videoludico è invece un MMORPG legato al mondo di League Of Legends e Runeterra chiamato Project L. Su questo le informazioni sono pressoché assenti, motivo per cui non è possibile fare previsioni di alcun tipo.

Difficile dire se il rinnovato clima aziendale avrà in qualche modo effetto sullo sviluppo dei seguenti titoli. La compagnia ha anche in cantiere un paio di prodotti prettamente visivi: una serie animata chiamata Arcane, destinata ad approfondire le origin stories di alcuni personaggi della saga di League Of Legends ed un documentario chiamato League Of Legends Origin (o Le origini di League Of Legends in italiano) disponibile su servizio di streaming più famoso al mondo.

 

 

 

This post was published on 4 Dicembre 2019 9:30

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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