Siamo stati all’anteprima del nuovo film di Steven Spielberg, e non potevamo non scrivere la recensione di Ready Player One. Una recensione senza spoiler, per quanto possibile.
Guardando questo film, i gamer di ogni età si sentiranno a casa propria. Magari davanti al PC o alla console preferita, con cuffie giganti, occhiali spessi e i tipici snack insalubri.
Sì, la visione del nerd di questo film è un po’ stereotipata. Ma a fin di bene.
Ambientato nel 2045, in un futuro non molto lontano, Ready Player One può entrare a pieno titolo nel novero dei film distopici. Prima di addentrarci nella recensione di Ready Player One, però, dobbiamo chiederci: cos’è una distopia?
Distopìa s. f. [comp. di dis-2 e (u)topia]. – Previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (equivale quindi a utopia negativa).
Sì, gli elementi ci sono tutti.
La libera trasposizione cinematografica di Player One, il romanzo cult di Ernest Cline, racconta di un’utopia andata a male, che rischia di trasformarsi in qualcosa di orwelliano.
Chi sarà l’eroe che salverà la situazione?
Il classico giocatore di football con i muscoli più scolpiti dei Bronzi di Riace? Un fascinoso agente segreto da kiss kiss bang bang?
No. I protagonisti di questo film sono un ragazzino e il suo PG – avatar.
Oasis è il mondo virtuale in cui trascorrerete gran parte delle due ore e venti minuti di questo film. Una sorta di fusione tra Second Life, un MMO e un compendio di retrogaming, il tutto drogato da una massiccia dose di cult anni Ottanta.
Entrare in Oasis è una fuga dai problemi della realtà, ma è anche un modo per lavorare, guadagnare, incontrare altre persone. O meglio, gli avatar di altre persone.
La realtà virtuale, le tute e i visori VR spadroneggiano in questo film, quasi quanto la CGI, le citazioni e i riferimenti ai personaggi più caratteristici della cultura pop.
Anche la musica non è da meno, sebbene la colonna sonora non sia stata affidata a John Williams, come invece era trapelato in un primo momento. La trama musicale di questo film include Duran Duran, Billy Idol, Cyndi Lauper, Van Halen, The Alan Parsons Project, Joan Jett, Wham!, Twisted Sister e tanti altri ancora.
Ogni pochi minuti, gran parte della sala -incluso chi sta scrivendo questa recensione di Ready Player One- ha debitamente punteggiato con esclamazioni e sghignazzi le apparizioni di citazioni cult particolarmente gradite.
In un mondo virtuale in cui è possibile personalizzare il proprio avatar, i propri veicoli e parte del proprio inventario, sarebbe poco credibile non essere circondati da citazioni ambulanti da film, romanzi, cartoni animati, canzoni e quant’altro.
In questo Ready Player One soddisfa pienamente lo spettatore: è sufficiente battere le ciglia per perdere due o tre riferimenti gustosi a qualcosa che quasi certamente ci piace.
Mentre non soltanto la politica, ma anche la stampa e la legge non perdono occasione per incolpare i videogame per episodi di violenza da parte di ragazzini con armi semi-automatiche, in questo film i videogame sono La Via.
L’iperuranio videoludico non è soltanto la principale fonte d’ispirazione per gli avatar di Oasis, ma è anche il fulcro della trama del film.
Perfino termini come skillato, nabbo e killare emergono più volte durante la visione.
Senza rischiare spoiler, come promesso, diciamo soltanto che la caccia agli easter egg non è soltanto un passatempo per il completionist più OCD.
A chi scrive, il film è piaciuto molto.
La parte che riguarda la realtà ha le tipiche caratteristiche della distopia: soffocante, sovraffollata e non troppo lontana dalla situazione attuale, con condizioni di vita largamente accettate che, oggi, ci farebbero inorridire.
Colori freddi e spenti, spazi claustrofobici, strade sporche e sorvegliate da droni delle potenti corporazioni. Sì, è decisamente un film distopico.
È in Oasis, però, che la creatività di Spielberg si scatena.
Scene irrealizzabili IRL, in real life (sì, nel film c’è anche questo termine), trovano una facile quanto grandiosa esecuzione nelle porzioni animate, che probabilmente in 3D risulteranno ancora più flashy e mozzafiato.
All’interno di Oasis perfino l’UI, o interfaccia utente per i nabbi, è credibile e funzionale.
Ci sono anche i mod, le transazioni in-game, il pay-to-win e tanti altri concetti che magari potrebbero essere di non immediata comprensione per i non-gamer.
Non vanno sottovalutati gli aspetti emotivi e nostalgici, che in realtà sono un po’ il fulcro del film. Qualcuno, nei dintorni della poltrona di chi scrive, si è anche commosso in alcuni passaggi. Chi scrive invece no: aveva solo un bug nell’occhio. Certo, come no.
This post was published on 21 Marzo 2018 19:07
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