Il mondo del game streaming sta ufficialmente arrivando nelle nostre case grazie agli sforzi di Google che, la prossima settimana, rilascerà ufficialmente per consumatori Google Stadia.
È impossibile pensare a Google Stadia e non pensare al futuro che essa rappresenta: un futuro privo di console fisiche, di videogiochi comprati nei negozi, un futuro privo di limitazioni tecniche e di problematiche legate all’hardware dei propri dispositivi.
Stadia arriverà sui nostri scaffali con delle serie limitazioni: nessun supporto al 4K, assenza del servizio su Android, assenza di compatibilità con le connessioni 5G ed una lineup al lancio praticamente ridicola; come abbiamo visto giusto qualche giorno fa, già il paragone con il millantato XCloud di Microsoft sarà impietoso almeno per quantità di giochi. Come sottolineato dal CEO di Google Sundar Pichai durante la presentazione del progetto Stadia, non c’è bisogno di rientrare nelle spese con dei ricavi durante il primo anno, i primi cinque o il primo decennio.
Google Stadia è un qualcosa che guarda molto più in là di quanto oggi siamo abituati a pensare con i videogiochi e, nonostante tutte le previsioni per ora guardino in modo particolarmente torvo il futuro della piattaforma, proviamo a fare i romanticoni e a pensare (in un gigantesco what if) a quale potrebbe essere il futuro della nostra passione.
Perché si, aziende come Microsoft, Sony o Nintendo (ahahaha) potrebbero mettere insieme un servizio di Game Streaming a loro volta ma il Pc Gaming per come è stato inteso fin’ora non ha molte speranze.
Che ci facciamo di un case tower full led con sistema di raffreddamento a liquido quando, per giocare al massimo possibile della qualità, ho semplicemente bisogno di una connessione a 10 Gbps?
Ecco, il primo grande problema che il mondo del pc gaming si troverà ad affrontare dopo l’arrivo dei servizi di game streaming sarà una perdita di senso espansa.
In primi i computer si ritroveranno a cambiare forma, perdendo l’aggressività estetica di alcune soluzioni odierne al fine di adattarsi ad un più algido design universale e minimale, in grado di far confondere una potentissima macchina da streaming con il decoder per un qualche abbonamento a televisioni satellitari; il videogioco alle massime prestazioni non sarà più un qualcosa accessibile ad una piccola nicchia di eletti ma diventerà popolare.
Diciamo addio a 15 chilogrammi di macchina, con prezzi esorbitanti e chissà quale altre mestizia; per poter giocare al titolo più esoso in assoluto in termini di risorse potrebbe essere semplicemente necessario il computer rinchiuso all’interno di un dispositivo di piccole dimensioni come un Chromecast. I vantaggi sono chiari fin da subito: maggiore spazio, minor consumo di corrente per utente, spese secondarie come manutenzione e aggiornamenti annullate e l’esperienza del gaming finalmente davvero plug and play, limitata unicamente dalla propria connessione.
Chiariamoci: il mondo dei computer continuerà ad esistere perché il game streaming non tocca la totalità del mercato pc: i basic users interessati dai social network, dalla contabilità o dalla creatività; né va a toccare tutti i professionisti come grafici o videomaker che acquistano workstation per poter lavorare senza particolari intoppi di tipo tecnico. Per un utente consumer base il pc arriverà plausibilmente come all in one integrato in schermi o in tastiere con soltanto le workstation a mantenere la forma che comunemente diamo a quel genere di macchine oggi, al fine di mantenere basse le temperature e di avere la potenza ed i componenti necessari per gestire tali tipologie di lavori.
Il mercato del PC Gaming per come lo conosciamo oggi diventerà sempre più simile ad una nicchia, come quella dei fotografi non digitali o dei retrogamer. Le componenti di un PC Gaming saranno principalmente disponibili presso rivenditori specializzati ma non serviranno con i giochi più recenti; questi ultimi non saranno più disponibili attraverso download ma saranno unicamente streammabili con il proprio servizio preferito.
La scomparsa totale della fisicità del videogioco e del possesso dello stesso porta sotto i riflettori una serie di considerazioni da fare.
Fermo restando che sì, per poter utilizzare questi servizi è necessario possedere una connessione degna di tal nome (cosa non scontata in Italia nel 2019, magari nel 2029 andrà meglio). Non poter possedere il gioco significherà anche non poterlo piratare in alcun modo.
Se il futuro del videogioco si baserà su un modello di revenue simile a quello attuale, dove gli abbonamenti netflix-like (cliccate qui per scoprirne di più) sono ancora lontani,l’assenza di pirateria implicherà dei ricavi decisamente maggiori a quelli che vediamo oggi; in caso di un mondo pieno di abbonamenti alla Xbox Game Pass tutto dipenderà dal come i publisher e chi eroga il servizio decide di retribuire le software house.
Niente più pirateria, niente più giochi fisici (lasciati da parte, all’interno di un mondo fatto di retrogaming) e niente più server multiplayer gestiti da giocatori.
Tutto ciò che è multigiocatore sarà gestito internamente ai vari servizi, con dei data center adibiti a tale scopo. Una scelta del genere essenzialmente rende, di fatto, impossibile il cheating per come lo conosciamo ora: nessun programma può modificare il client di un gioco perché quest’ultimo risulterà assente e riteniamo complicato l’hacking direttamente da lato server.
Il mondo dei cheat per come li conoscevamo una volta dovrà variare in modo importante: programmi del genere dovranno essere realizzati attraverso l’analisi del flusso video sul proprio pc (perché tale è adesso il gaming, visto che l’elaborazione dati è fatta altrove) e si baseranno sul generare input per controller in grado di soddisfare le esigenze del giocatore. Ovviamente le aziende del caso non staranno a guardare ma saranno in grado di generare meccanismi di controllo in grado di accorgersi di questi pattern di movimento e provvederanno a risolvere il problema attraverso punizioni e ban di vario genere.
Google (come Amazon e molte altre aziende) stanno facendo fortuna con l’analisi dei Big Data all’interno delle loro attività.
L’arrivo del game streaming è essenzialmente un ulteriore apertura del mercato dei big data verso nuovi modi do ottenere questi dati. Poiché i data center processano gli input che noi mandiamo, questi possono essere registrati ed elaborati per ottenere schemi comportamentali, paradigmi d’azioni, heatmaps e altri oggetti di questo tipo.
Queste raccolte dati, estremamente più capillari di quelle che vengono fatte da Steam o dagli altri servizi di Digital Delivery, possono passare ai publisher e alle aziende collegate informazione come la velocità di reazione, il tempo di concentrazione, il grado di apprezzamento per le cutscenes o dati ancora più sensibili come analisi comportamentali a partire dalla voice chat (se fatta in-game, ovviamente).
Questo può portare a nuovi modelli di gameplay basati anche sulla capacità di un engine di utilizzare correttamente questi dati, ma sono più che altro enormi miniere dorate per Google e per le altre aziende che possono tracciare con una profondità mai vista prima un enorme quantitativo di dati nuovi. Questi nuovi dati potranno essere anche utilizzati dall’azienda per targhettare con una certa precisione videogiocatori con messaggi pubblicitari in game, superando il concetto di sponsor o collaborazione e invece integrando adsense sugli sfondi di ciò che vediamo.
Giocando, per ipotesi, al prossimo capitolo di Grand Theft Auto ci ritroveremo con la possibilità di acquistare, in game, una lattica di sprite invece che di sprunk; a seconda del paese in cui ci troveremo sarà possibile vedere tali nomi cambiare, in modo da far contente le concessionarie pubblicitarie. Vi ci vedete a comprare la cedrata tassoni con il nostro personaggio in GTA Online?
Se proviamo a rimanere positivi ci troviamo a dover ragionare di fronte modifiche che porterebbero, per la prima volta da tempo, la rivoluzione dal punto di vista prettamente ludico all’interno del mondo di gioco: gameplay e strutture adattive. Se al giorno d’oggi abbiamo visto sistemi come la difficoltà adattiva o come il Nemesis System che modificano parametri del gioco in base alle azioni del giocatore, in futuro esisteranno sistemi più profondi.
Siete giocatori che non apprezzano l’evoluzione della storia attraverso le cutscenes visto che le skippate tutte?
Le prossime cutscenes saranno più veloci; evitate il combattimento per parlare con gli NPC?
Il resto del gioco cercherà di enfatizzare il dialogo e darvi più gameplay di quel tipo.
Anche lo sviluppo di giochi indipendenti potrebbe cambiare in modo interessante in seguito alla morte del pc gaming per come lo conosciamo oggi. Un esempio potrebbe essere dato da un processore produttivo molto più semplice a causa della mancanza dei processi di ottimizzazione che, al giorno, costringono i giochi a funzionare su un grande numero di dispositivi dotati di caratteristiche tecniche diverse. La presenza di data center scalabili potrebbe spronare gli sviluppatori indipendenti a concentrarsi su frangenti diversi dello sviluppo, dimenticandosi dell’ottimizzazione tecnica.
Quello che al momento non siamo in grado di prevedere completamente è l’andamento creativo del mercato indipendente. Se in un futuro i servizi di streaming avranno metodi di retribuzione unicamente ad abbonamenti pay-per-minute ci sarà il rischio di vedere l’intera industria spostarsi sul generare videogiochi rigiocabili, con meccaniche simile a quelle dei games as a service di oggi. Che senso ha parlare di mercato indipendente quando la remunerazione si basa unicamente sulla quantità di tempo spesa dal giocatore sul titolo?
Questa situazione sembra quasi far sprecare la potenza degli strumenti di sviluppo cloud-based che plausibilmente vedremo nel corso del prossimo futuro; Google stessa ha molto puntato sulla cosa quando ha annunciato per la prima volta l’arrivo di Stadia e aziende come Unity sembrano aver colto la palla al balzo.
A scomparire in modo definitivo sarebbero invece i tools di modding e in generale tutta quanta la scena di game designers DIY; soltanto attraverso degli strumenti ufficiali messi insieme dalle compagnie di streaming si potrà modificare un titolo, non con la potenza ottenibile attraverso le metodologie utilizzate sino al giorno d’oggi.
Una delle altre cose che plausibilmente si ritroverà pesantemente modificata rispetto a quello che oggigiorno ci troviamo a vivere è l’esperienza multigiocatore. Grazie alla potenza enorme dei data center delle aziende che metteranno a disposizione i loro servizi di game streaming, i videogiochi multiplayer potranno puntare molto più in alto proponendo partite da 1000 giocatori (plausibilissimo visto che MAG per Ps3 era in grado di sostenere partite da 256 unità) all’interno di mappe più grandi con engine più realistici.
Gli sviluppatori potrebbero anche pensare a videogiochi tra loro interconnessi grazie alla rinnovata potenza di calcolo come è stato per Dust514, esperimento con ormai una decina d’anni sulle spalle messo in piedi dagli stessi sviluppatori di EVE Online. I due giochi si influenzavano vicendevolmente: uno era uno sparatutto in prima persona ambientato su di un mondo dell’universo di EVE e in quest’ultimo, gli eventi delle campagne sparatutto modificava i parametri del pianeta andando a influenzare elementi del gameplay legati allo space sim. Sperimentazioni del genere potrebbero portare ancora più in la le intuizioni che Hideo Kojima ha voluto mettere all’interno del suo Death Stranding.
Con l’arrivo di nuove tecnologie arrivano anche nuove tipologie di incidenti (almeno secondo il filosofo francese Paul Virilio) e il game streaming farà sicuramente parlare di sé anche da questo punto di vista. Essendo un servizio basato completamente sulla rete e sull’internet, sarà lecito aspettarsi fughe di dati, problemi di sicurezza, crash dovuti ad attacchi informatici e chi più ne ha più ne metta. Visto che la quantità di dati processati verso i data center è molto elevata (il consumo per il 4K orario è stimato a 16GB per Stadia) è impossibile evitare di pensare ai danni che si possono fare con un attacco informatico molto serio.
Il futuro verso cui ci stiamo approcciando come umanità, al netto delle catastrofi climatiche che (si spera) impareremo a gestire in modo più o meno intelligente, è fatto da una connettività iperestesa a velocità che oggi reputiamo implausibili. Dieci anni fa connessione internet nell’ordine dei gigabit erano da considerarsi appannaggio di ricercatori mentre oggi sono proposte quotidianamente agli abitanti delle città servite dalla fibra ottica; a questo dobbiamo aggiungere anche tutte quelle aree in cui internet ancora non arriva che finiranno per venir servite da progetti come Starlink, Oneweb, Athena e così via. Non si può scappare (per molto) dal progresso.
Abbandonare il PC Gaming per come lo conosciamo oggi potrebbe essere difficile ma ha con sé potenzialità enormi. Davanti a creativi, sviluppatori e publisher si apre uno scenario completamente nuovo; una terra dove muoversi e cercare di alzare nuovamente l’asticella grazie all’assenza delle limitazioni che sino al momento hanno guidato lo sviluppo dei videogiochi. Tra dubbi e paure resta una domanda senza risposta: siamo sicuri che l’assenza di difficoltà tecniche non renderà più pigre le menti di chi crea e sviluppa?
A voi nei commenti la risposta.
This post was published on 17 Novembre 2019 9:30
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