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Pubblicato in: News

Pokemon Journey Builder: Nintendo vuol farci piangere

Gli amanti dei Pokémon sanno che il 15 novembre non sarà una data come tutte le altre, perché quel giorno arriveranno i nuovissimi titoli Spada e Scudo, che siamo certi faranno tornare tantissimi allenatori a gareggiare per “prenderli tutti”. Due nuovi capitoli che si aggiungono agli ultimi usciti per Switch (Pokémon Let’s Go, Pikachu! e Let’s Go, Eevee!, 2018) e che portano avanti la ventennale serie di Nintendo, una linea che non ha bisogno di presentazioni data la sua enorme fortuna e il suo attraversare senza problemi varie generazioni di giocatori e console. Forse proprio per questo il colosso giapponese ha deciso di celebrare l’evento a modo suo, in una maniera molto particolare che promette di far leva sulla nostalgia dei fan… pronti a scoprire di che si tratta?

“Ah, quand’ero giovane e allenavo Pokémon…”

Pokémon Journey Builder è una web app accessibile semplicemente collegandosi a un sito dedicato attraverso il quale, attraverso un facile settaggio, chiunque può costruire un video che ripercorre le tappe fondamentali delle nostre “carriere” di allenatori di Pokémon: in pratica potremo “ricostruire” i nostri ricordi delle partite ai giochi precedenti (scontri affrontati, Pokémon utilizzati, scelte effettuate), e generare un vero e proprio “album di memorie” in formato audiovisivo da vedere e rivedere e da condividere con amici e vecchi compagni di avventure mediante una semplice condivisione social, uno strumento tanto semplice da padroneggiare quanto efficace nel suo scopo: permetterci di onorare la nostra “carriera” da giocatori.

Unico problema?

Per il momento Pokémon Company lo ha reso disponibile soltanto in giapponese. Sigh.

Ah, i ricordi…

Fidealizzare, fidealizzare sempre

Non è difficile comprendere il motivo di quest’interessante azione di marketing virale: si tratta di un sistema altamente emozionale per serrare ancor più le fila del proprio nutrito fandom grazie a un “rito” (la condivisione dei ricordi), in maniera non molto diversa da quanto fa Facebook quando ci permette di celebrare le amicizie.

Nel caso che vi stiamo raccontando, forse l’esempio più calzante è tuttavia quello dell’anniversario sentimentale; molti fan storici hanno sviluppato un tale legame con il brand dei Pocket Monsters da averlo seguito di console in console fino ad arrivare al fenomeno Pokémon Go nonostante la maggior età e, magari, matrimoni e figli. Del resto, di tutti i prodotti in serie coltivati da Nintendo, Pokémon è quello che ha le caratteristiche perfette per creare una community fertile e costantemente coltivabile nel tempo: mette in scena un contesto “agonistico” (la “caccia” all’animale leggendario) e ha un sistema di gioco basato sul confronto con gli altri, amplificato anche dalle funzioni di rete dei dispositivi di gioco (non a caso portatili e, dunque, adatti al gioco in compagnia di altre persone, magari al parco sotto casa).

Pokémon era ed è concepito per essere parte della nostra vita, per essere portato con noi costantemente e in qualsiasi situazione, per instaurare con i giochi un vero e proprio legame, simile a quello che un allenatore ha con i suoi mostriciattoli. Una parte della nostra vita in grado di generare bei ricordi.

Pronti per il 15 novembre? ^_^

Virale prima del virale

In termini di sociologia del videogioco quella dei titoli Pokèmon appare ancora oggi come una delle più interessanti e sofisticate operazioni commerciali del dopoguerra.

Di base i titoli sono concepiti per essere dei prodotti facilmente accessibili, discretamente rigiocabili e in grado di essere fruiti ovunque (anche in vacanza), in grado di favorire l’incontro con altri giocatori (e, da questo punto di vista, Pokèmon Go è stato un capolavoro di meccaniche e concept) e, quindi, la “condivisione” del nostro divertimento. Sono “trovate” come Journey Builder, tuttavia, a far comprendere quanto la macchina di Pokèmon Company sia stata perfetta.

La verità è che Pokèmon è ancora sulla cresta dell’onda poiché è stato il primo caso in cui un brand videoludico è riuscito a uscire dallo schermo e a entrare nelle nostre vite di peso e senza chiedere il permesso, sfruttando le dinamiche che si andavano creando nei gruppi di giocatori-non diverse da come facevano gli album di figurine o lo sport prima dell’avvento dei giochi digitali (non a caso i Pokémon erano anche protagonisti di una linea di carte collezionabili).

Più che le pubblicità in televisione sfruttava il passaparola, l’elemento dell’esperienza condivisa, per trovare sempre più “acquirenti”.

Oggi, con l’arma dei social, l’azione comunicativa si fa più sofisticata e dirompente: con questi presupposti, nonosante i più di vent’anni di onorata carriera, sembra che i Pokémon non si fermeranno ancora per molto tempo.

>>Leggi anche: I generi videoludici che hanno caratterizzato gli anni 2010 – 2019<<

This post was published on 12 Novembre 2019 12:08

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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