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I Videogiochi sono una droga? Secondo Devolver Digital si e pure di qualità

Da quando il nostro medium preferito ha iniziato la sua diffusione a macchia d’olio, non poche polemiche si sono sollevate circa la sua onnipresenza sugli schermi dei nostri televisori, pc e cellulari. Le discussioni sulla pericolosità dei videogiochi non si sono praticamente mai arrestate, fino alla decisione dell’OMS, che ha reso il “gaming disorder” una malattia a tutti gli effetti. La domanda che in molti si stanno ponendo è: i videogame sono una droga? Secondo Devolver Digital si, ma se droga deve essere, che sia di qualità!

A prendere posizione sulla spinosa questione è Mike Wilson, co-fondatore del publisher, che ha rilasciato delle dichiarazioni in perfetto stile Devolver: provocatorie e volutamente sopra le righe. Wilson non ha infatti escluso che i videogiochi possano essere paragonati a degli stupefacenti, ma ha rincarato la dose, affermando che il loro scopo deve essere quello di far “viaggiare” il giocatore, donandogli nuove esperienze, e non quello di renderlo dipendente.

Devolver Digital: il videogame come LSD

 

Chiunque conosca il mondo dei videogiochi indipendenti, non potrà non aver mai sentito nominare Devolver Digital, o non aver mai provato uno dei titoli da loro pubblicati. Da Shadow Warrior e Not A Hero, da Scum a Broforce, passando per The Talos Principle e senza ovviamente dimenticarci di Hotline Miami: tutti i videogame del roster di Devolver sono caratterizzati dal fatto di essere molto distanti dalle tendenze del mercato dei tripla A, per donare delle esperienze di gioco uniche e, a volte, di essere politicamente scorretti.

Sotto questo aspetto, un videogame prodotto da Devolver non passa decisamente inosservato, come non sono passate inosservate le ultime conferenze tenute all’E3, vedere per credere. Sulla base di questa premessa, le dichiarazioni, rilasciate dal co-fondatore del publisher a GamesIndustry, non potevano di certo scadere nella banalità. Mike Wilson ha infatti equiparato i publisher e developer a produttori e spacciatori di sostanze stupefacenti, affermando però quanto questo ruolo comporti delle responsabilità non da poco.

“Stiamo nutrendo la nazione, stiamo nutrendo il mondo e scegliamo ciò che mettiamo nelle nostre creazioni, che spesso sono il risultato di ciò di cui ci siamo nutriti noi a nostra volta. Siamo un po’ come delle case farmaceutiche.”

Wilson ha poi continuato.

“Siamo il luogo in cui le persone si rifugiano nei loro momenti più vulnerabili; quando si sentono molto giù di morale, o quando si sentono come un pezzo di merda, o quando la loro vita non sta funzionando come dovrebbe, perché viviamo in questa società fatta di vincenti e di perdenti, che si basa su tutti i tipi di cose che sono quasi impossibili da realizzare per i giovani di oggi.”

Gli sviluppatori devono essere consapevoli del loro ruolo

Una delle saghe più riuscite di Devolver Digital.

Nel corso della Reboot Developer Red Conference, Wilson ha dichiarato di non essere in possesso di risposte chiare ed univoche sul ruolo rivestito dal videogame nella società moderna; tuttavia, il co-fondatore di Devolver ha affermato che, senza dubbio, gli sviluppatori devono essere consapevoli del loro ruolo di “spacciatori virtuali” e, quindi, agire e creare con più consapevolezza.

“Che voi pensiate che i videogiochi siano droghe o meno – e, a proposito, non sono affatto contrario alle droghe – tuttavia, se proprio dobbiamo diventare degli spacciatori, offriamo alle persone degli acidi. Offriamo alle persone qualcosa che li aiuti ad espandere i loro orizzonti ed a crescere. Non offriamo loro del crack o della cocaina. Non offriamo loro delle metanfetamine. Non dobbiamo creare dei tossicodipendenti.”

Se qualcuno di voi ha iniziato a scandalizzarsi, vi consigliamo di calmare i vostri bollenti spiriti: nonostante il paragone azzardato, le parole di Wilson dipingono quella che è la tendenza del mercato videoludico degli ultimi tempi, fatto da società che cercano di fidelizzare a tutti i costi la propria utenza, spingendola a spendere sempre più denaro, con campagne di marketing al limite dell’aggressivo. Secondo il co-fondatore di Devoler, questo atteggiamento dovrebbe radicalmente cambiare.

“Saremo capaci, tutti insieme, di raccogliere la nostra merda ed essere consapevoli su ciò con cui stiamo alimentando i nostri amici, noi stessi, il pubblico in generale, ed i giovani nel loro stato più vulnerabile? E, in caso contrario, chi lo farà? Lo lasceremo decidere ai capi del casinò? Lo lasceremo alle persone che usano termini come “acquisizione e monetizzazione degli utenti”? Proveremo a competere in questa pratica?”

La provocazione di Mike Wilson e la risposta di Devolver Digital

Come prevedibile, Devolver ha dovuto prendere le distanze dalle dichiarazioni del suo co-fondatore che, in ogni caso, ha sottolineato tutta una serie di problematiche attuali dell’industria videoludica. Se è vero, ad esempio, che sempre più publisher stanno limitando la presenza e l’influenza delle loot box nei loro titoli, è altrettanto vero che questa è una diretta conseguenza dell’entrata in vigore di leggi che le vietano espressamente.

Il succo del discorso di Mike Wilson parte proprio da questi presupposti: se l’industria di settore non farà niente per porre un freno al suo lato peggiore, ci penseranno altri, e le conseguenze potrebbero essere nefaste per tutti. E, su quest’ultimo punto, il buon Mike ha ragione da vendere.

Restate sintonizzati per ulteriori aggiornamenti in merito.

 

 

Leggi anche: Il Videogioco non teme le malattie mentali

This post was published on 5 Novembre 2019 16:48

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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