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Non avete anche voi paura per il remake di Medievil?

Prima del primissimo capitolo di Medievil era difficile pensare ad un videogioco il cui protagonista fosse uno zombie. Sir Daniel Fortesque, il prode cavaliere di Gallowmere che tutti ingannò con la storia dell’eroismo, fu il primo fulgido esempio di eroe cartoony non morto della storia del medium. Il titolo, sviluppato da SCEI Cambridge (diventata poi la Guerrilla Cambridge di Killzone), con la sua release nel nel 1998 porto per la prima volta nel mercato tridimensionale una mascotte che puzzava di marcio sin da lontano, con ossa e denti in bella vista. Il prode cavaliere Sir Daniel Fortesque, conosciuto globalmente come eroe morto per mano di Zarok durante la battaglia di Gallowmere, non era altro che un mucchio d’ossa in cerca del suo posto all’interno della storia.

Il mondo dei videogiochi attuali è molto diverso da quello che ventuno anni fa accompagno il cammino del nostro prode mucchietto d’ossa. Lo spazio per i videogiochi single player, per le esperienze sostanziose e lineari è passato da molto tempo e, al giorno d’oggi, i titoli maggiormente di grido hanno una componente multiplayer pronunciata che lascia poco spazio a protagonisti bislacchi come il sopracitato cavaliere.

Fortunatamente sembra anche che questo mondo abbia subito un attacco di febbre nostalgica da qualche anno a sta parte, grazie anche al successo delle remaster in alta definizione e a titoli come Crash Bandicoot N. Sanity Trilogy o Spyro Reignited Trilogy. In questo ambiente qui, leggermente più accomodante di quanto si possa pensare si va a posizionare il remake di Medievil, da noi già provato in anteprima con una demo ed in procinto di arrivo.

Come siamo arrivati a vedere un remake di Medievil? Chi è Sir Daniel Fortesque? Si merita tutta questa attenzione?
Scopriamo insieme in questo articolo retrospettivo in cui andremo a parlare delle brutture e delle meraviglie del primo capitolo della saga.

Il mio nome è Daniel Fortesque, eroe di Gallowmere.

Medievil è un hack and slash tridimensionale con ampie spruzzate di formula magica degli action adventure dell’epoca, all’interno di un mondo con dei sentori da titolo horror. Il titolo, in origine esistente come il nome di Dead Man Dan, non doveva essere altro che una riproposizione pedissequa (ma tridimensionale) del gameplay del buon vecchio Ghost ‘n Goblins di Capcom, virato poi sul maggiormente adventure grazie all’aggiunta dei puzzle. Questa aggiunta, diventata poi ampia parte del titolo, fu fatta grazie al successo di videogiochi come Super Mario 64 e Tomb Raider, diventati veri e propri fenomeni pop all’epoca grazie alla terza dimensione e alla vastità dei livelli di gioco.

Tutto ciò fu imbevuto in uno stile gotico che non guardava al realismo ma alla magia di Tim Burton. A Nightmare Before Christmas fu una delle maggiori ispirazioni per la realizzazione delle ambientazioni del titolo, caratterizzate da geometrie distorte e da costruzioni sbilenche; anche la colonna sonora fu profondamente ispirata da quella del film di Burton e, al giorno d’oggi, risulta ancora come una delle opere musicali più apprezzate legate al mondo della prima console Sony.

Visto con gli occhi di oggi il titolo presenta un gameplay non particolarmente felice ed una telecamera decisamente problematica. Quest’ultima è stata la diretta conseguenza dell’inesperienza della software house con il mondo tridimensionale che da qualche hanno era il centro del mondo dei videogiochi. Nell’intervista fatta da Playstation a Chris Sorrel (creatore del titolo) in occasione del lancio di Playstation All-Star Battle Royale è possibile comprendere la situazione in cui si trovava all’epoca Millennium Interactive, lo studio diventato poi SCEI. Alla ricerca di un publisher lo studio, dopo aver sviluppato prototipo per tre piattaforme differenti (Saturn, Windows e Playstation) si ritrovò davanti la fortuna di un contratto in esclusiva con Sony stessa.

I manager di SCEE, persone eccezionali e lungimiranti, adorarono letteralmente MediEvil e, nel giro di poche settimane, firmammo un contratto per farne un gioco in esclusiva per PlayStation. Alcuni mesi dopo diventammo addirittura il secondo studio di Sony nel Regno Unito.

Un’altra sfida molto importante, comune a gran parte degli sviluppatori dell’epoca, derivò dalla nostra inesperienza con le nuove tecnologie 3D. Aspetti come il controllo della visuale e del personaggio ponevano nuovi e interessanti ostacoli, che andavano approfonditi con attenzione e richiedevano molte prove prima di arrivare a soluzioni soddisfacenti.

Fortunatamente per Sorrel e soci, l’avere un mondo tridimensionale come base per il proprio titolo aveva dalla sua dei seri vantaggi in fatto di libertà creativa. Grazie anche alla capienza del cd un maggior numero di livelli potevano essere inseriti all’interno del titolo e questo ha permesso ai designer di dare libero sfogo alla propria fantasia. Il famoso livello del formicaio, ad esempio, è direttamente ispirato al film Alien di Ridley Scott e al senso di claustrofobia che la nave spaziale Nostromo era in grado di dare; altri livelli erano decisamente e diversi da quello che le produzioni dell’epoca, in media, donavano al giocatore.

Un livello chiede al nostro prode teschietto di recuperare un pericoloso sigillo all’interno di un villaggio dormiente abitato da esseri umani profondamente inquieti, un altro chiede al giocatore di risolvere gli indovinelli di un gargoyle insolente al fine di fuggire da un pericoloso manicomio pieno di monaci impazziti e statue semoventi, con tanto di partita a scacchi finale che harry potter scansate. Tutte queste idee aiutavano il titolo ad avere una personalità forte e decisa, un carisma dark che andava a prendere una bella fetta di giocatori durante un epoca priva di light horror sotto forma di videogioco, visto lo strapotere di Resident Evil da una parte e di giochi completamente child-oriented dall’altra

Spooky Goth Boyfriend.

Come accennavamo all’inizio, il nostro Sir Daniel Fortesque ha dalla sua una trama molto semplice che mette al centro del nostro protagonista una grande menzogna: nonostante negli annali di storia il nostro sia ricordato come un prode cavaliere senza macchia ne paura, alla guida di una legione di soldati autori della sconfitta di Zarok, potente stregone di magia nera
All’atto pratico una freccia si è portata via la vita del nostro ossuto cavaliere durante le primissime fasi della battaglia, lasciandolo ancora lontano dal salone degli eroi a cui aspirava.

Il salone degli eroi non è nient’altro che una specie di Valhalla interno al titolo dentro cui vivono molti degli eroi più valorosi che abbiano mai solcato le terre dell’epoca; luogo con troppa virtù per un cavaliere che nulla ha potuto contro le prime frecce della battaglia, no? A Sir Daniel la seconda possibilità sarà data direttamente dal suo acerrimo nemico e al suo incantesimo di necromanzia che lo ha riportato erroneamente in vita.

Sin dalla cripta della famiglia Fortesque si respira, densissima, un’atmosfera carica di umori gotici, ben supportati dall’immaginazione del giocatore a causa delle limitazioni tecniche dell’epoca. Per essere un gioco uscito nel 1998, Medievil si difende ancora un minimo grazie a colori vibranti e ad un immaginario di grande potenza che travalica tutte le limitazioni dovute alla potenza di calcolo. Nel corso dell’avventura con Sir Daniel al controllo ci ritroveremo ad esplorare laghi maledetti, cattedrali dotate di splendide (e pericolose) vetrate, campi di zucche infestati e numerose altre ambientazioni dotate di un fascino che ha ampiamente superato la prova del tempo che passa.

Parte del successo di Medievil si deve anche alla grandissima quantità di armi che il nostro prode scheletrino potrà portare con sé per abbattere gli avversari; tra spade, archi, balestre, asce, martelli e cosce di pollo al giocatore sarà lasciato l’imbarazzo della scelta e, sebbene al giorno d’oggi questo il comparto ludico è sicuramente quello invecchiato peggio, all’epoca sapeva difendersi in un mondo di titoli privi di grandi guizzi.

Il problema principale riguardante il ritorno di Medievil nel nostro mondo videoludico è legato proprio al suo gameplay. Nella demo da noi sperimentata il titolo si gioca esattamente come l’originale, senza miglioramenti o update di sorta e ciò stride fortemente con tutto il resto delle produzioni videoludiche attuali. Non è necessario aggiungere un open world al gioco per modernizzarlo, almeno non quanto sia necessario aggiungere ai colpi feeling di pesantezza o un sistema di combo che permetta di evitare il button smashing.

Nel tentare di cavalcare l’ondata di nostalgia, gli autori di Medievil Remake (Other Ocean Interactive) hanno lasciato intatti i ritmi di gioco pulendo qua e là ciò che serviva a livello di animazioni e timing ma non hanno fatto i conti con l’evoluzione del genere. C’è il concreto rischio che, nel corso del 2019, Medievil risulti un gioco vecchio di venti anni pad alla mano. Perché cercare di ottenere il calice al 100% in ogni livello per delle armi nuove se ogni colpo sferrato non regala soddisfazioni di alcun tipo? È legittimo avere nel 2019 dei problemi di telecamera che potevano essere scusabili soltanto durante gli albori dei mondi tridimensionali?

La paura di ritrovarci fra una settimana con un prodotto vecchio in mano è tanta ma, poiché la speranza non muore mai, vi chiediamo di continuare a seguirci al fine di scoprire cosa ne pensiamo e se, il remake di Medievil, è qualcosa che merita il nostro tempo ed i nostri danari.

This post was published on 20 Ottobre 2019 13:15

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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