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Pocket di Analogue: un sogno per nostalgici e innovatori

Immaginatevi in giro per una grande città, immaginate il traffico, l’attesa per i mezzi che non passano, gli odori forti, una panchina triste e sconsolata e voi che tirate fuori la vostra console portatile. La accendete e dentro SBAM una vastissima collezione di titoli originali Game Boy e Game Boy Advance e… e non solo, perché grazie a un magico adattatore trovate anche titoli Game Gear e Neo Geo Pocket. Tutti nella stessa magica scatoletta.
Magia?
No, Pocket, il nuovo ambizioso progetto di Analogue.

Un sogno per i retrogamer

Cos’è Analogue, chiedete?

E’ una società di sviluppo indipendente che negli ultimi anni ha puntato tutto il suo business su retrogaming e retroconsole, lavoando a console ad alta definizione basate su NES, SNES e Genesis e che ora ha deciso di fare un piccolo salto verso il mobile, e facendolo con stile: infatti Pocket, già dalla sua forma, è una sfiziosa riproposizione in chiave moderna del Game Boy, che ne sfrutta l’architettura di base permettendo di riscoprire vecchie perle del passato Nintendo. Non paga di ciò, però, ha deciso di fare di più, molto di più.
Molto, molto di più, come riporta, fra gli altri, Engadged.

Attraverso un sistema di adattatori, Pocket può infatti permettervi di portarvi dietro buona parte del mondo del gaming anni ’80-’90, facendo sì che possiate caricare anche cartucce di altre console; infine, attraverso una dock station, anche Pocket potrà unirsi alla schiera di portatili con la possibilità di tramutarsi in sistemi di gioco casalinghi da collegare alla televisione per giocare senza neanche perdere l’alta qualità dell’immagine (troppo bello, vero?!)

Se già tutto questo ben di dio non bastasse, tuttavia, sappiate che Analogue ha voluto alzare incredibilmente la posta in gioco.

 

Ed eccolo qui, in tutta la sua eleganza: il Pocket!

Fra archeologia tecnologica e innovazione

Se c’è un lato dell’operazione Pocket che dovrebbe davvero incuriosire, infatti, è l’enorme ambizione che ha guidato gli sviluppatori nella progettazione dell’hardware, con l’obiettivo di raggiungere almeno due scopi.

L’apparato interno del dispositivo è stato concepito come una sorta di ricostruzione filologica dei circuiti di una console portatile d’epoca. Cosa vuol dire ciò? Semplice: se appartenete alle generazioni che hanno fatto la fortuna di Nintendo e degli altri miti delle console tascabili, giocando con Pocket vi potreste imbattere in perfette riproduzioni delle esperienze di gioco originali, soprattutto da un punto di vista visivo; una vera e propria operazione di archeologia tecnologica. Siamo quindi di fronte a un progetto che non ha solo l’obiettivo di far leva sulla nostalgia, ma che soprattutto sembra voler portare ai giocatori contemporanei le sensazioni che un loro omologo degli anni ’90 potrebbe aver provato giocando col suo Game Boy. Un proposito che rasenta il feticismo tecnologico, a ben vedere.

E non è tutto. Sulla carta, in base alle informazioni illustrate fino a questo punto, il progetto di Analogue potrebbe sembrare tutt’al più un’eccellente operazione vintage, in grado di permettere un ampio accesso a un vasto catalogo di vecchie glorie, rinchiuso dentro lo steccato del “gioco-che-fu”, e dunque dando a Pocket niente più che i connotati di un prodotto per appassionati di giochi da collezione.

Invece no: l’ambizione degli sviluppatori è ancor più grande. L’azienda starebbe infatti lavorando a un vero e proprio programma di supporto per sviluppatori, un’operazione che sembra avere come obiettivo l’incoraggiamento a produrre nuovi giochi (attraverso lo sviluppo FGPA) e, particolare da non sottovalutare, nuovi adattatori per far girare sul supporto anche cartucce di altre console d’epoca, mettendo le basi per una vera e propria linea di accessori.

In pratica, Analogue sembra voler attualizzare il vintage per farne un mercato sempre più fecondo.

Che sia una mossa saggia?

Verso la retro-console war?

La nostra è un’epoca videoludica strana, sospesa fra amore per i classici e innovazioni a volte dure ad attecchire, all’interno della quale i linguaggi videoludici si mescolano, si contaminano, generano qualcosa di inedito e a volte molto interessante. Su queste basi, la fascinanzione per il rilancio di stili di gioco e di design di altre epoche non può essere considerato una novità, né un fatto così tanto atipico.

Diverso sarebbe però uno scenario in cui alcuni dispositivi pensati “per il vintage” incoraggino gli sviluppatori a usare tecnologie “antiche” per creare nuovi progetti. Se così sarà non parleremmo più del caso isolato di un team di appassionato che sforna, magari, un semplice omaggio di un classico di un classico, ma di buone fette di industria impegnate a sfidarsi a colpi di giochi che non guardano al futuro e all’innovazione, bensì alla storia del videogioco. Uno scenario che, quasi automaticamente, ci potrebbe portare a pensare addirittura a nuovi tipi di console war, tutte “di nicchia”.

Come dite? Scenario improbabile? In un momento d’oro per il retrogaming?

Non lo sappiamo, vero. Ciò che è certo, però, è che Pocket voglia cavalcare molto seriamente certe (retro)tecnologie. E questa è già di per sé una notizia. Se poi la sua idea avrà successo e prenderà piede, beh… sarà l’inizio di nuove rivalità nell’industria.

 

> Leggi anche: Console vintage: sempre di più (per la gioia dei nostalgici)<

This post was published on 18 Ottobre 2019 16:15

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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