Qualche giorno fa, Gamespot ha dato un po’ di luce a una notizia che, se decontestualizzata, può sorprendere i più: secondo il sito, le forze armate americane hanno messo a disposizione di soldati in servizio e veterani dei codici speciali per riscattare gratis videogiochi da Steam, permettendo loro di rifornire gratuitamente la propria collezione. Un provvedimento che rientra all’interno di una politica di assistenza e supporto per i membri delle forze armate, categorie senza dubbio caratterizzate da una forte condizione di stress, ma che soprattutto alimenta di nuovo vecchi dibattiti sui rapporti fra videogioco e mondo militare.
Un rapporto assolutamente non scontato né banale.
Secondo quanto riportato, i gi0chi in questione sono riscattabili gratuitamente dalle categorie interessate attraverso dei codici riservati accessibili tramite una vera e propria procedura ufficiale: l’inserimento è infatti subordinato all’accesso a Steam mediante l’ID militare dei soldati. Ne consegue che, per le forze armate statunitensi, quella del fornimento di videogiochi ai loro uomini sia una questione molto seria e con implicazioni ufficiali.
Fra i titoli nella lista di quelli accessibili troviamo una certa varietà, dato che essa include sia titoli “top” come Soul Calibur IV o Tekken 7 quanto una miriade di titoli indie, che sembrano essere stati donati dagli sviluppatori stessi in nome della “causa”.
Va detto che non si tratta dell’unica iniziativa di questo tipo, e che anzi la pratica di permettere ai militari un facile accesso all’intrattenimento videoludico da parte dell’industria è pratica piuttosto diffusa: esiste per esempio una vera e propria rete di supporto per veterani e militari, Game of Grunts, che proprio pochi mesi fa ha promosso l’ottenimento di due anni di iscrizione gratuita a Xbox Game Pass e di un anno a Xbox Live Gold per le categorie coinvolte.
Segnali interessanti di quanto questo settore sia ritenuto “strategico” dalle istituzioni.
Da un punto di vista delle pratiche sociali e dei provvedimenti presi nel corso degli anni, questi atteggiamenti delle forze armate rientrano, in realtà, all’interno di una pratica ormai diffusa e di lungo respiro.
Come nella maggior parte dei paesi, infatti, i militari americani godono di una lunga serie di agevolazioni sociali e di accesso facilitato a servizi di svago e intrattenimento. La lista è lunghissima e comprende servizi di tutoraggio per i bambini, ingressi gratuiti o forti riduzioni per musei e, persino, l’opportunità per future spose di soldati di poter avere gratuitamente il loro abito nuziale. Di fatto, scorrendo i singoli provvedimenti fino ad arrivare ai giochi gratis, dal loro numero e dalla loro portata emerge un quadro che fa comprendere quanto il ruolo del militare continui a essere centrale nella società americana, segno da una parte del radicamento della professione all’interno di quest’ultima.
Non deve certo sorprenderci, se pensiamo che di fatto le forze armate rappresentino una parte importante delle politiche dei governi americani, sia per quanto riguarda il loro utilizzo in politica estera che per il ruolo che esse continuano ad avere all’interno dell’ideologia dell’american way of life. Un atteggiamento che vale non solo per i repubblicani di ferro come i falchi di Bush e McCain (Trump è un caso a parte, essendo in parte inviso anche a molti conservatori), ma anche per i democratici più “lib“.
Il binomio videogioco-formazione mentale dei soldati è sempre stato al centro di un nutrito dibattito popolare, caratterizzato anche da inesattezze e luoghi comuni di vario tipo. E’ certo, a tutt’oggi, quanto spesso il videogioco sia stato utilizzato più volte come supporto formativo per i militari, ed è comprovata l’esistenza di particolari simulatori bellici con l’obiettivo di allenare riflessi e concentrazione, ma a quanto pare i collegamenti non si limiterebbero alla sfera dell’addestramento.
Secondo uno articolo pubblicato da CNBC il gioco ad alta concentrazione, in particolare se in compagnia, aiuterebbe i soggetti a superare gradualmente lo stress post-traumatico sviluppato in guerra. Un fatto particolare, che senza dubbio dà una motivazione differente e molto più complessa a quello che sembrerebbe il contentino dato dal governo degli Stati Uniti a dei soldati troppo dipendenti dal videogioco.
Videogioco come terapia quindi, un concetto interessante e per niente scontato, cosa ne pensate?
This post was published on 9 Ottobre 2019 15:17
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