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Il tappeto vibrante di Microsoft, il VR del futuro trasforma il tuo salotto in una sala giochi

Fin dai suoi primi vagiti l’industria del videogioco contemporanea ha mostrato una sua tensione verso lo sviluppo accessori di gioco sempre più immersivi, in grado di catapultare il giocatore in universi virtuali in maniera sempre più marcata. Fra fantasie da film di fantascienza e tentativi graduali sempre più riusciti, nel corso degli ultimi trent’anni l’obiettivo è stato progressivamente raggiunto, non senza sbavature.

Oggi nuovi modelli di accessori sembrano spingere la soglia di interazione fra corpo umano e realtà virtuale sempre più in su, come nel caso di un brevetto Xbox scoperto ultimamente dai meandri della rete che, almeno sulla carta, rischia di modificare sia il nostro approccio con il gioco sia il nostro ambiente casalingo.

Un tappeto magico targato Microsoft

Di che stiamo parlando?

Di un prototipo di kit per il gioco in realtà virtuale next-gen (il che significa Xbox Scarlett) rilasciato da Microsoft negli scorsi giorni. Ciò che Engadget, in un suo articolo, chiama “tappetino vibrante per la realtà virtuale” sembrerebbe essere la parte fondamentale per un nuovo ambiente di gioco domestico composto appunto dal tappeto stesso, dagli immancabili accessori Kinect e, ovviamente, dalla nostra console.

In pratica, Microsoft punterebbe a far sì che il nostro salotto venga via-via sempre più colonizzato dalle attrezzature da gaming, facendo persino del nostro pavimento uno strumento centrale per goderci appieno una bella sessione di gioco. L’immagine allegata al prototipo, da questo punto di vista, è indicativa:

Lo schema esplicativo del brevetto Microsoft.

Sappiamo cosa vi state chiedendo: “Okay, il visore ha senso e i vari supporti pure… ma il tappeto?! A che serve?!“. Eh, fate uno sforzo, non si chiama certo “tappetino vibrante” per nulla.

Nelle intenzioni di Microsoft, la next gen VR sembrerebbe passare attraverso un concetto che, se ci pensiamo, appare abbastanza logico. Per essere davvero immersiva, secondo l’azienda un’esperienza di gioco virtuale deve far entrare il giocatore davvero all’interno delle grotte di Skyrim, deve far quindi avvertire davvero l’urto che potrei provare gettandomi da una rupe e atterrando su una superficie rocciosa o far provare il terrore di un terremoto.

Logico, no?

Il terremoto in salotto

Insomma, secondo Microsoft, affinché il nostro divertimento aumenti serve che il videogioco tolga un un po’ di spazio fisico alla nostra vita domestica per creare un a vera e propria “sala giochi” all’interno della nostra abitazione.

La ricerca di una “fisicità” dell’esperienza videoludica non dovrebbe però sorprenderci: il dual shock, pur “lavorando” soltanto sulle nostre mani, nasceva con l’obiettivo di venderci l’idea di sentire un elicottero passare sulle nostre teste. E se torniamo con la memoria ai mitici anni ’90, persino alcuni cabinati (come quelli simulativi) avevano anticipato l’idea che dovesse esistere un’area di gioco dedicata nella quale poter provare le sensazioni dei nostri alter-ego virtuali.

L’idea del tappeto vibrante sembra voler riportare la questione in questi termini, dando al giocatore un vero e proprio “spazio dedicato” per vivere altri mondi o, se vogliamo usare una divertente metafora, un vero e proprio “tappeto volante”. Non solo, immaginate se un giorno questa tecnologia riuscisse, per dire, a simulare la sensazione di calore che potrebbe derivare dal camminare su un pavimento infuocato? E se i suoi tremori fossero utilizzati per rappresentare metaforicamente le turbe psichiche di una persona, un po’ come accadeva in Hellblade grazie a immagini e sonoro? Un potenziale davvero pazzesco!

 

Già così sembra fin troppo dentro la storia, figuriamoci come starebbe se giocasse col possibile nuovo supporto Xbox…

 

Microsoft “riscrive” la nostra casa?

Se da un punto di vista dell’esperienza ludica potremmo arrivare a un punto di svolta positivo, rimangono diverse domande aperte verso un tipo di tecnologia così particolare:

Anzitutto, varrebbe davvero la pena di domandarsi se parte dell’industria videoludica veda nel futuro l’opportunità di un ritorno a supporti di gioco sempre più ingombranti per soddisfare nuove necessità esperienziali, specie dopo un lungo processo di costante miniaturizzazione dei devices avuto nel corso dell’ultimo ventennio.

Legato a ciò, rimane inoltre un’altra incognita: se l’industria del videogioco andasse in questa direzione vorrebbe dire che essa, potenzialmente, potrebbe un giorno incidere anche sulla moda e sullo stile degli interni d’appartamento. Per costruire queste sale giochi casalinghe si dovrebbe quindi lavorare sul design degli interni o adattare, anche strutturalmente, alcune stanze.

Aree di gioco del genere potrebbero infatti richiedere spazio, molto spazio. Al momento il vr è una tecnologia dalla diffusione contenuta, di nicchia quasi. Ma se un giorno prendesse piede e diventasse mainstream in quanti potrebbero davvero permettersela in termini di spazi ma, soprattutto, possibilità economica?

Sicuramente, non basterebbero le monetine spese in sala giochi.

A proposito di modi innovativi di giocare, leggi: Sì, si può giocare a Skyrim con Alexa (e non solo a Skyrim!)

This post was published on 7 Ottobre 2019 12:52

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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