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La bancarotta del team di Mario & Luigi non ci lascia ben sperare

La saga di Mario è, senza alcun dubbio, il brand videoludico per eccellenza, in grado tanto di generare il platform per antonomasia quanto di cannibalizzare molti altri generi, anche se non tutti sanno molto delle sue incarnazioni j-rpg, sviluppate a partire dai primi anni 2000 per console e per mobile, fra le quali la serie di Mario&Luigi RPG, molto popolare fra il pubblico… cosa che, purtroppo, non ha evitato che Alpha Dream, il suo team di sviluppo, fallisse.

Una notizia davvero triste.

Una saga poco conosciuta

Non è certo strano che il pubblico tenda a identificare Mario principalmente come un personaggio protagonista di titoli di action, principalmente platform e sportivi: del resto, il portabandiera di casa Nintendo è entrato nell’immaginario collettivo proprio per le sue scorribande in mondi colorati e psichedelici estremamente divertenti. Eppure, se ci pensiamo, è altrettanto lampante come non dovrebbe sorprendere che uno fra i protagonisti assoluti del videogioco giapponese sia stato “applicato” anche a uno dei generi più importanti di quell’industria, ovvero il gioco di ruolo dalle meccaniche orientali. Due sono state infatti le serie di questo tipo: i Paper Mario, approdati sia su console fissa che su mobile, e appunto la serie Mario&Luigi RPG, che invece ha avuto uno sviluppo prima su GameBoy Advance e poi sui DS.

Ben sette sono state le incarnazioni di quest’ultima ramificazione di brand fra il 2003, anno di pubblicazione del primo episodio, e quest’anno, quando è uscito il remake di Viaggio al centro di Bowser… ed è proprio per la produzione di questi ultimi progetti che sembrano essere nati i problemi di indebitamento che avrebbero portato Alpha Dream alla bancarotta dopo che, nel marzo 2018, fonti avevano segnalato come il team avesse un debito di circa 400 milioni di euro (come riportato da IGN).

Una fine ingloriosa per uno studio che in passato era riuscito a piazzare alcuni altri bei successi, lavorando anche su altri brand su licenze come Hamtaro.

Dai, non sono prodotti bellissimi?!

Un Mario diverso dal solito

La fine dell’azienda appare tanto più triste e incomprensibile quanto più pensiamo al fatto che, pur essendo più “di nicchia” rispetto alla saga principale, quella di Mario&Luigi RPG è in realtà stata una serie di discreto successo, con un’ottima accogliena da parte della stampa specializzata (venendo anche considerato ventiduesimo nella classifica dei migliori titoli Gameboy Advance di IGN), nonché dal pubblico, che ha reagito con rammarico alle notizie su Alpha Dream.

Forti di trame simpatiche e che riuscivano a riproporre le atmosfere del mondo di Mario, i Mario&Luigi sono considerati un eccellente esempio di come un brand possa allargare la propria sfera di mercato anche ad altri generi rispetto a quelli nei quali si era tradizionalmente sviluppato, e l’idea di un gioco di ruolo elettronico abbastanza incentrato sulla storia, in grado di dare mediamente più corpo ad alcuni personaggi della saga, non può che creare simpatia. Del resto, per quanto abbastanza “bidimensionale” (sia nella grafica che nella trama, come ogni buon prodotto di questo tipo), l’idea di poterci interfacciare con i nostri beniamini ed esplorare i mondi dell’universo di Mario da una prospettiva molto diversa dal solito è senza dubbio affascinante e dà notevole profondità alla storia.

Sorge a questo punto un dubbio: Nintendo la pensa alla stessa maniera? E, in caso le cose stiano così, cosa intende fare a questo punto?

Leggi di mercato e strategie imperfette

Non è difficile immaginare come, ad accompagnare la notizia, sia stata anche una vera e propria ondata di richieste a Nintendo ad affidare il brand a un altro team di sviluppo per continuare il progetto in qualche modo. Al momento non abbiamo certo informazioni circa ciò che accadrà, essendo la notizia quasi fresca, ma questa storia dà comunque idea di un paio di elementi molto interessanti circa il piccolo idraulico italo-americano, ma anche l’intera industria del videogioco.

Da una parte meraviglia senza dubbio il suo essere riuscito a imporsi come punto di riferimento per diversi tipi di pubblico, riuscendo a diventare un chiaro caso di personaggio (e, dunque, di stile di gioco), in grado tendenzialmente di travalicare i generi riuscendo persino a “superare” il gioco base.

Dall’altro impone una piccola riflessione sulla gestione dei brand, le cui emanazioni, appartenenti a generi diversi e, di conseguenza, a team differenti (una situazione logica: non tutte le squadra di programmatori sono efficaci nella gestione di tutti i generi), possa produrre a situazioni nelle quali un fallimento di uno di essi può finire per decretare la morte di filoni che sulla carta sarebbero più che fiorenti o, comunque, a una loro difficile gestione.

Un peccato, no?

>>Leggi anche: Abbiamo provato il simulatore di appuntamenti di KFC<<

This post was published on 2 Ottobre 2019 18:14

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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