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Non sono pazzo, sto solo parlando con la mia Playstation

La lotta delle grandi major per il posizionamento sul mercato delle console nella prossima generazione sembra proseguire come una sorta di guerra fredda: mentre da più parti arrivano curiosi inviti a creare alleanze sinergiche fra brand diversi, le mosse di Sony, Microsoft e Nintendo sembrano suggerire che la competizione non è mai stata così viva, impressione sottolineata anche dalla “scoperta” del prototipo di un’assistente vocale in corso di studio da parte di PlayStation, PlayStation Assist.

In che modo Sony crede di riuscire a “battere” Cortana & co.?

Cosa sarà PlayStation Assist?

Secondo Dual Shockers, che si rifà ad alcuni tweet di analisi su alcuni schemi del prototipo usciti in rete, anche PlayStation 5 avrà una propria intelligenza artificiale in grado di interagire con l’utente. Si tratta di una notizia che non dovrebbe certo sorprendere, in quanto, pur essendo una caratteristica “secondaria” dell’offerta Microsoft ai suoi utenti, col tempo Cortana è diventata una sorta di marchio di fabbrica e di “divertimento-nel-divertimento” per gli utenti: a prescindere dalla possibile utilità di un assistente vocale durante una sessione Xbox (complice la dimensione multitasking delle esperienze di intrattenimento personale), essa è diventata una sorta di “status symbol” per il fandom Microsoft, in grado di generare, fra le altre cose, ironia e un certo “senso di attaccamento” ai suoi dispositivi.

Una vera e propria componente del brand, insomma.

Il punto è, però, sembra essere come trovare una chiara “identità” a questo nuovo assistente, in grado di non farlo apparire semplicemente come una risposta all’ormai storica creatura Google.

Secondo le fonti, PlayStation Assist avrà un ruolo molto particolare durante la nostra esperienza, ovvero quello di “assistente di gioco”: una vera e propria intelligenza artificiale applicata al gaming, con l’obiettivo di rispondere a tutte le domande del giocatore a proposito della partita in corso. Nell’articolo si parla per esempio di un’assistente in grado, fra le altre cose, di indicare al giocatore dove si trovano le risorse all’interno della mappa, o come poter battere determinati boss del gioco.

Curiosi?

Una delle immagini esplicative del funzionamento di PlayStation Assist, inserite all’interno della documentazione del prototipo.

“Alex… ehm PlayStation Assist, dov’è il mostro più vicino?!”

Se queste informazioni sono corrette, significa quindi che le nostre partite saranno in qualche modo sempre accompagnate da una sorta di compagno virtuale in grado di attingere alle informazioni della rete (magari avendo come fonte le conversazioni su un determinato tema) per soccorrere il giocatore in situazioni di particolare difficoltà, o semplicemente rispondere in tempo reale a dubbi o domande, che potranno riguardare anche informazioni generiche come consigli su come organizzare una prima partita multiplayer con altri giocatori.

L’obiettivo di Sony sembra quindi essere quella di arricchire la sua offerta con una tecnologia che potrebbe voler “ammorbidire” l’esperienza del giocatore mettendo a sua disposizione una sorta di “intelligenza collettiva” data dalle esperienze degli altri utenti, dando vita a una sorta di rete di supporto fra diversi giocatori. Un approccio del genere è senza dubbio molto particolare, e fa emergere discreti interrogativi su come questa tecnologia potrebbe essere applicata e con quale impatto sul gioco. Se infatti davvero PlayStation Assist fosse in grado di accorrere in aiuto del giocatore anche semplicemente quando è in difficoltà durante la partita, ciò non significherebbe, in linea teorica, sacrificare qualcosa in termini di difficoltà per garantirsi maggiore accessibilità?

La possibilità di un’assistenza vocale per aiutarci a procedere in un gioco può rischiare di banalizzare l’esperienza?

Troppa facilità?

Pensateci: state cavalcando fra le vallate del vostro free-roaming ad alta componente survival, in cui parte del divertimento è data dalla vostra capacità d’orientamento e di ricerca di risorse; che impatto avrebbe il fatto di poter chiedere tranquillamente al vostro assistente artificiale di dirvi in che direzione si trova la città più vicina (magari non ancora scoperta dal giocatore)? Non si creerebbe un gigantesco “bug” in grado di limitare il divertimento effettivo tradendo un po’ lo spirito del gioco?

L’idea di Sony di differenziare la propria “IA mascotte” attraverso un suo diverso “ruolo” è senza dubbio necessaria, in quanto permette all’azienda di esplorare nuove frontiere per quella determinata feature dando dei “plus” al proprio prodotto rispetto alla concorrenza. Si tratta di dinamiche ovvie e naturali, che hanno a che vedere più con l’occupazione di nuovi terreni di gioco che con un’effettiva necessità di quelle implementazioni, ma l’effetto potrebbe essere controproducente. La via intrapresa in questo frangente sembra infatti essere una iper-semplificazione dell’esperienza videoludica, che da un lato potrebbe creare opportunità interessanti per alcune categorie di giocatori (magari quelli non troppo pazienti), dall’altro potrebbe correre il rischio di snaturare molte esperienze videoludiche attraverso una feature che può portare a favorire troppo il giocatore.

Che l’industria, nel correre dietro alle innovazioni del settore, stia diventando troppo “player friendly”?

>>Leggi anche: Sì, si può giocare a Skyrim con Alexa (e non solo a Skyrim!)<<

 

This post was published on 30 Settembre 2019 16:25

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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