Dal lancio dell’Epic Store lo scorso anno, il settore dei negozi digitali di giochi è diventato un nuovo terreno di confronto fra diverse compagnie dopo anni di strapotere di Steam, sia per l’ascesa dell’acquisto in digitale sia per i vantaggi insiti nell’abbattimento dei costi di distribuzione fisica derivanti da essa. Non è quindi impensabile che altri attori vogliano salire su questo palco tirando fuori il coniglio bianco dal cilindro e ritagliarsi uno spazio. E’ il caso di Vince McMullin, che è al lavoro con la sua compagnia per lanciare Turboplay, digital store che sembra voler sfidare il colosso di Valve sfoderando armi del tutto inedite che sembrano ispirarsi più a Spotify che ai giganti del settore…
Il settore sta per vedere l’arrivo di un altro interessante competitor?
Qual è l’aspirazione di McMullin, sviluppatore di videogiochi indipendenti da vent’anni e ora in corsa per l’affermazione in un mercato leggermente differente? Secondo un lungo reportage-intervista di Game Industry, l’obiettivo sarebbe quello di creare un nuovo modello basato su una maggiore centralità dell’utente rispetto ad alcune ferree logiche commerciali che regolano la selezione dei giochi “spinti” dal sistema.
Secondo McMullin, infatti, i criteri con i quali Steam (a tutt’oggi il più diffuso, apprezzato e anziano store digitale) supporta i prodotti pubblicati in esso ha delle pecche che possono ledere lo scopo principale di una piattaforma di questo tipo, ovvero offrire all’utente la possibilità di scegliere il miglior gioco per lui senza troppe “influenze” e “interferenze” esterne.
Per supportare la sua tesi racconta di come, al lancio di un suo gioco alcuni anni fa, le dinamiche sulle quali è basata la determinazione della popolarità dei prodotti prodotto sin dai suoi primi istanti di pubblicazione decretarono il suo insuccesso: al momento del lancio del suo Heavy Gear Assault, un problema tecnico fece sì che il gioco non fosse accessibile per un giorno intero e a quel punto, non potendo essere compreso nelle whishlist degli utenti, il gioco scomparve in poche ore dalla home page perdendosi nell’oceano di Steam senza che molti potessero accorgersi di lui e provarlo.
Un episodio utilizzato da McCullin per spiegare il suo ambizioso obiettivo: rilanciare con una piattaforma in grado di poter controbattere radicalmente a queste logiche.
Nei piani di McMullin, Turboplay è stato concepito per essere uno store dalle logiche molto più “pop” rispetto agli altri.
A una piattaforma “fredda”, sulla quale conta molto più l’ottica del “gamer di professione” (al quale si rivolge un sistema basato su di una strana sinergia fra una serie di sviluppatori che tentano la fortuna con i propri prodotti e le spietate logiche descritte dal racconto in merito al lancio di Heavy Gear Assault), McMullin sembra voler contrapporre uno store più ad altezza uomo, con una varietà di offerta che punta a coprire non solo la fascia dei “gamers puri e duri” ma persino intere famiglie che vogliano avere accesso al pc gaming in maniera “protetta”.
Per spiegare il concetto McMullin fa riferimento a quella che è la piattaforma di streaming legale mainstream per eccellenza, ovvero Netflix, notando come all’interno di esso coesistano film e serie di vario tipo e genere e come anche i bambini possano navigare tranquillamente al riparo da contenuti non adatti a loro, un obiettivo al quale sembra puntare anche Turboplay.
In pratica il concetto è: “Il gioco non è solo roba da pro, quindi possiamo puntare a una fascia di pubblico diversa e creare una nostra audience, differenziata da quella che di solito troviamo su Steam”.
Un’audience che, ipotizziamo, sia molto più incentrata sul puro divertimento, più casual e alla più alla ricerca di svago, riportando il gioco per PC in una dimensione più “morbida”, che cavalchi concetti come community, rapporto “uno-a-uno” con gli sviluppatori e, ovviamente, il rifiuto delle communities più tossiche e dai contenuti più politicamente “pericolosi”.
Una formula che può avere fortuna?
This post was published on 25 Settembre 2019 12:00
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