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L’E3 2020 sarà a base di influencer e novità per evitare il collasso

La fiera più famosa del mondo dei videogiochi, l’E3 di Los Angeles, ha certamente subito un grande numero di brutti colpi durante la sua storia recente. Dall’abbandono delle scene da parte di Sony per una vasta gamma di motivazioni all’E3 Gate che ha reso pubblici i dati sensibili di numerosi giornalisti videoludici provenienti da tutto il mondo, segnando uno scandalo senza precedenti all’interno del mondo dei videogiochi.

Per cercare di recuperare il terreno perso l’ESA (Entertainment Software Association) sta cercando di rimodellare la fiera losangelina basandosi su concetti differenti da quelli del passato, spostando l’attenzione dagli addetti ai lavori al pubblico attraverso concetti come il queuetainment (sic) o la presenza di influencer alla fiera. Nel fare questo però stanno uscendo fuori informazioni e dichiarazioni che lasciano trasparire un futuro non particolarmente roseo per la manifestazione, destinata alla trasformazione in un carrozzone acchiappa pubblico più che alla mecca del settore.

Vediamo insieme quali sono le modifiche più importanti e cosa ci preoccupa della nuova iterazione dell’E3.

Tra influencer e problemi spiccioli.

L’Entertainment Software Association sta provando ad effettuare un rebrand dell’E3 per migliorarne la portata e aumentarne le dimensioni del pubblico, davvero minuscolo se considerato con i numeri che fiere come la Gamescom fanno.  Da fiera per gli addetti ai lavori, con un pubblico di giornalisti e simili, l’E3 potrebbe diventare un festival per gli appassionati di videogiochi con ampia presenza di influencer e ospiti di caratura social.

Queste sono le dichiarazioni ottenute dal sito americano Gamedaily, tutte relative al pitch deck presentato ad un incontro interno dell’ESA. Il pitch deck mostra alcune idea per il futuro della fiera; la struttura di quest’ ultima è quasi sicuramente destinata a cambiare per poter andare incontro ai feedback ricevuti durante le ultime edizione; feedbacks provenienti da publisher e da altre personalità del settore videoludico.

Uno degli esempi portati nel documento di presentazione del nuovo programma prevede la presenza di giocatori NBA dei Los Angeles Lakers come volti per giocano ad un titolo di Basket di fronte ad appassionati o ad attori/celebrità che partecipano ad un torneo di un qualche videogioco.

A tal proposito anche il layout fisico della fiera finirà per cambiare drasticamente; il report del sito americano presenta anche una mappa dell’ala ovest del LA Convention Center aappositamente rimodellato sulla base  di quello che potrebbe essere il nuovo assetto della fiera, con otto nuovi poli dedicati alle novità in fatto di intrattenimento. A partire dal 2020, in sostanza, la fiera potrebbe diventare ancora più grande con 10.000 nuovi possibili visitatori con altrettanti biglietti in vendita e potrebbe veder l’importanza dei giornalisti ampiamente ridimensionata.

La differenza più importante è probabilmente legata alla distribuzione dei giorni: nel nuovo programma dell’E3 potrebbe esserci un giorno solo dedicato agli addetti ai settori, ovvero il primo della fiera; questo permetterebbe al pubblico di affollare l’evento nei successivi due giorni grazie ai pass messi in vendita.

Basterà questo a cambiare le sorti dell’E3?
Plausibilmente no.

È possibile abbattere la concorrenza?

Anche con diecimila biglietti extra in vendita l’E3 non si avvicinerebbe minimamente a quelli che sono i più grandi eventi riguardanti il mondo dei videdeogiochi. A parlarne più nello specifico è stato Daniel Ahmad, conosciuto su Twitter con il nome di ZhugeEX e senior analyst per Niko Partners.

Le cifre che si possono leggere nel tweet sono ovviamente relative alla somma complessiva dei partecipanti all’evento ma parliamo di ordini di grandezza differenti; diecimila biglietti non faranno la differenza con una concorrenza così agguerrità.

Un’altra delle soluzioni proposte per ravvivare la fiera vede l’evento assomigliare ad un Playstation Experience, ovvero il trasformare il tutto in una specie di enorme spettacolo cinematografico con vari palchi in cui poter assistere alle presentazioni; per puntare ai non addetti ai lavori ci sarebbe idee riguardanti un’app per smartphone in grado di prenotare il proprio turno ai vari stand, evitando agli astanti attese di ore e ore per provare un dato videogioco, in modo non dissimile da quello che Disney propone ai suoi clienti dei parchi di divertimento con Fastpass.

Un’altra idea che potrebbe essere messa in pratica per la rinascita dell’E3 è invece legata a quello che gli esperti hanno chiamato the power of social good, ovvero una modifica progressiva dell’immagine pubblica dell’evento per dare al brand un retrogusto di lotta sociale. L’E3 finirebbe per diventare la fiera dei videogiochi che vengono prodotti in studios attenti alle minoranze, che trattano tematiche scomode appartenenti alle sfere d’interesse LGBTQ e via dicendo; un’ iniziativa che di per sé è lodevole ma che risulta quasi spregevole nel suo strumentalizzare a fini monetari determinate tematiche.

Per l’ESA l’obbiettivo è quello di sfruttare la propensione di millennials e post-millenials ad apprezzare pubblicamente certe iniziative socialmente utili per riempire la fiera di tematiche positive che siano in grado di generare appeal. Può una soluzione simile salvare una barca che sta colando a picco dopo gli innumerevoli scivoloni?

Quindi la barca sta ufficialmente affondando?

L’ESA sta cercando di salvare l’E3 in ogni modo perché l’evento ha affrontato progressivamente perdite d’importanza e perdite d’immagine nel corso degli ultimi anni. Ormai tutti quanti i grandi nomi appartenenti al mondo dei videogiochi hanno deciso di sfruttare l’E3 in modo particolare affiliando ad esso degli eventi specifici: parliamo dell’EA Play che si tiene fuori dai padiglioni del LA Convention Center, delle punkissime conferenza di Devolver Digital, di Microsoft che ha tenuto la maggiorparte dei suoi stand all’interno del Microsoft Theather di Los Angeles, di Activision che ha preferito concentrare i suoi sforzi lontano dal palcoscenico.

Tutti gli sforzi sopra descritti, in un modo o nell’altro, potrebbero anche far assomigliare maggiormente l’evento losangelino ad una fiera consumer come la Gamescom; ciò potrebbe non bastare in ogni i casi.

Ci vorranno anni ed anni per far sì che la stampa si dimentichi delle informazioni andate rubate a causa di un’ imperdonabile leggerezza, ci vorranno anni di miglioramenti continui per far sì che i problemi organizzativi ed i problemi di sovraffollamento per la struttura della fiera vengano risolti.

Tutti questi sono problemi che non si risolveranno di certo mettendo degli influencer su dei palchi o chiamando dei giocatori di basket a dimostrare la loro abilità sul titolo del momento; sono  questioni identitarie che potrebbero non venir coperte dalle strategie degli esperti.

I videogiocatori sono stati bombardati da anni di E3 e potrebbero davvero non volerne più sentir parlare, a prescindere dai termini con cui viene proposto.

This post was published on 18 Settembre 2019 9:30

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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