Il mondo dei videogame, si sa, non è assolutamente esente dalle influenze di mode e trend, più o meno momentanei; senza ovviamente dimenticare la costante ricerca della “formula vincente“, quella che assicura il miglior ritorno di vendite. Ubisoft sembra aver trovato la sua ricetta segreta per accontentare i suoi fan e senza incorrere in flop clamorosi; la ricetta segreta sembra rispondere al nome di: open world.
Come sicuramente ogni fan del publisher francese avrà avuto modo di constatare, tutti gli ultimi titoli pubblicati rispettano tutti gli stessi canoni: un vasto mondo da esplorare, una main quest lunga il giusto e tante, tantissime storie secondarie per soddisfare i fan più esigenti.
I risultati hanno dato ragione ad Ubisoft, che sembra intenzionata a continuare su questa strada, tralasciando, stando alle parole del suo CEO, lo sviluppo di videogame più brevi, almeno per il momento.
È inutile fare finta di niente e negare che praticamente quasi tutti i più recenti videogame editi da Ubisoft sono accomunati da una struttura simile e, oramai, perfettamente collaudata. Prendiamo ad esempio Assassin’s Creed: Odyssey. L’ultimo capitolo del franchise targato Ubi rispecchia appieno le attuali politiche del suo publisher: creare un mondo di gioco vasto e completamente esplorabile, una trama principale lunga a sufficienza per non stancare i giocatori, ed una serie di attività secondarie per tutti coloro che desiderassero “qualcosa in più”.
Intervistato da Gamesindustry.biz, Yves Guillemot, CEO di Ubisoft, ha espresso a chiare lettere che l’azienda per cui lavora non ha alcuna intenzione di tornare sui proprio passi, ricominciando a sviluppare titoli più brevi (come Unity, per intenderci).
“Il nostro obiettivo è assicurarci che il pubblico possa avere la possibilità di giocare ad un Assassin’s Creed: Unity all’interno di un Assassin’s Creed: Odyssey. Il giocatore potrà vivere na storia di 15 ore, ma potrà anche vivere altre storie. Lui vivrà in quel mondo, alla ricerca di ciò che desidera maggiormente. Potrete vivere un’esperienza, o molte esperienze, come AC: Unity.”
Sempre stando alle parole di Guillemot, una longevità come quella di Odyssey, stimata in circa 60 ore di gameplay, sta a significare che i giocatori hanno investito decisamente molto più tempo nel completamento del gioco, molto più di quanto non avessero fatto in precedenza. Sotto questo aspetto, inoltre, Ubisoft ha intenzione di “allungare” ancora di più la vita dei propri titoli, aggiungendo DLC che possano fornire nuovi archi narrativi, o anche nuove tipologie di microtransazioni, con relativa valuta virtuale.
Il CEO di Ubisoft ha fatto intendere a chiare lettere quanto il publisher francese intenda proseguire su questa strada; basti guardare la struttura dell’oramai prossimo Ghost Recon: Breakpoint per rendersi conto della serietà delle dichiarazioni di Guillemot.
Tuttavia, questa nuova direzione sembrerebbe mettere a rischio alcuni franchise che mal si sposerebbero con la formula precedentemente menzionata. Giusto per citare alcune main entry delle saghe più attese: se con Beyond Good and Evil 2 questo approccio potrebbe senza dubbio essere funzionale, provare ad immaginare il nuovo capitolo di Splinter Cell ambientato in un mondo aperto delle dimensioni di quello visto in Origins ed Odyssey, infarcito di side quest ed attività secondarie, risulta quantomeno difficile, per non dire azzardato.
Sotto questo aspetto, c’è da dire che il publisher francese non è il solo ad aver adottato questa politica nello sviluppo dei propri titoli. La stessa CD Projekt Red, parlando di Cyberpunk 2077, ha confermato quanto oramai lo sviluppo di videogame open world, magari con una mappa di gioco più piccola e più curata, sia una realtà oramai consolidata dell’industria videoludica.
Quanto influirà questa nuova prospettiva di Ubisoft sul suo parco titoli? Ai posteri l’ardua sentenza, nella speranza di non vedere snaturate alcune delle nostre saghe preferite. Restate sintonizzati in attesa di ulteriori news in merito.
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This post was published on 11 Settembre 2019 18:19
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