Il mondo del gaming e quello della moda si sono incontrati altre volte su queste pagine: Capcom ha collaborato con una nota azienda del settore per realizzare delle scarpe a tema Street Fighter V, Fortnite ha più volte dettato legge anche in tale campo con delle collaborazioni di rilievo e così via. Oggi andiamo a parlare di quando il mondo dell’eSport e quello dello streetwear si sono recentemente incontrati in un successo niente male: quello della squadra 1000 Thieves e del loro merchandise.
In sostanza questa è la storia di come una squadra esportiva sia riuscita a costruire, attraverso un planning ben realizzato e al talento di designers e marketers, un’identità che funziona anche nel mondo dell’abbigliamento riuscendo a sostenersi in un mondo (quello eSportivo) in cui i fondi nazionali per la costruzione di squadre sono ancora lontani anni e anni.
Quest’intuizione targata 100 Thieves ha permesso alla compagnia di realizzare praticamente mezzo milione di ricavi vendendo merch per soli cinque minuti, prima che tutto andasse soldout.
Vediamo insieme qualcosina sulla vicenda.
Per sopravvivere nel mercato degli eSports ci vuole un’ idea geniale.
Molti già lo sanno ma il mondo degli eSports è tutto fuorché un luogo rassicurante. Nonostante le leghe digitali di sport elettronici siano in vita da quasi dieci anni, nonostante ci siano tornei come il The International o leghe come l’Overwatch League, siamo ancora lontani da poter definire con certezza il futuro del mondo del gaming competitivo. Le notizie di squadre che vengono sciolte per mancanza di fondi sono sempre piuttosto frequenti e i segnali che generalmente possiamo carpire girando nel web e simili sono tutto fuorché positivi.
Alcune squadre hanno deciso di intraprendere strade poco battute: mentre nel mondo degli esports le società che si mantengono unicamente grazie alla vincite nelle competizioni sono ancora la maggioranza, qualcuno come 100 Thieves ha deciso di trasformare la propria squadra in un brand.
Nel mondo degli sport tradizionali sono molteplici le società che hanno deciso di intraprendere una simile strada: i Los Angeles L akers, ad esempio, hanno una collezione tutta loro dedicata allo streetwear mentre rimanendo in italia abbiamo la Juventus che dirige il mercato essendo la prima squadra ad aver proposto materiale dedicato all’abbigliamento da strada.
Nel mondo esportivo qualche nome in grado di dettare parole in ambito moda c’é stato quà e là: Andbox ha lanciato una sua collezione mentre store come H4X hanno cercato di tirare fuori quanti più prodotti possibili dedicati direttamente al mondo degli sport digitali. 100 Thieves è la prima squadra a fare della sua incursione nel mondo dell’abbigliamento un successo in larga scala.
100 Thieves è una squadra fondata nel corso del 2017 da Matt Haag, conosciuto sul web come Nadeshot ed ex giocatore professionista di Call Of Duty. Dopo essersi ritirato dal mondo del gioco competitivo Nadeshot ha messo su un canale youtube da oltre tre milioni di iscritti ed ha poi dato vita alla sopracitata squadra con un obbiettivo: creare un nome che, a tutto tondo, riesca ad avere successo nonostante i numerosi problemi che affliggono gli esports.
Per farlo ha deciso di mischiare il mondo del gioco competitivo, il mondo dello streaming, quello di youtube e quello della moda tutti insieme, per poter creare una compagnia che si occupa di intrattenimento nel modo migliore possibile.
Per cercare di riuscire in queseta sua missione Nadeshot ha cercato in giro per il mondo dei videogiochi personalità competenti che potessero aiutarlo a raggiungere tale obbiettivo. Uno di questi, John Robinson, è un veterano del mondo dei videogiochi ed ha lavorato, in precedenza, presso publisher enormi come EA o Nexon senza dimenticare l’esperienza come founder di una software house per videogiochi mobile; egli ha dichiarato di aver accettato il posto di lavoro presso 100 Thieves perché interessato alla visione a lungo termine narrata da Haag, primo caso da lui osservato nel mondo degli esports.
Intervistato da TheVerge, John Robinson (presidente di 100 Thieves) ha dichiarato
“La miglior definizione che possiamo utilizzare per parlare di 100 Thieves è dire che siamo un po’ come i Lakers, un po come Supreme ed un po come Barstool Sports (un magazine americano che tratta di cultura relativa allo sport NDR).”
Streammare è una cosa seria.
Per il suo presidente ciò che rende speciale l’avventura di 100 Thieves all’interno del mondo esportivo è il suo tipo di approccio al modello di business. Invece che cercare di puntare sull’ottenere giocatori talentuosi con cui vincere premi che dovrebbero portare a sponsorizzazioni, la squadra è interessata a creare prima un pubblico grande interessato ad una pletora di cose: lo stile di vita dei giocatori, l’intrattenimento, i contenuti riguardanti il mondo degli sport digitali e così via; non è più questione di vincere o meno per un fan dei 100 Thieves, è questione di poter vivere il momento sui social network.
Come ogni squadra che si rispetti ci vuole anche qualcuno che ne curi il lato prettamente sportivo; per risolvere il problema, a Giugno del 2018, la squadra ha ingaggiato Jacob Toft-Andersen, ex giocatore professionista di Dota 2 e gli ha incaricato di curare al meglio delle sue possibilità il settore esportivo. I contenuti riguardanti il marchio 100 Thieves sarebbero stati curati da Jackson Dahl, un creativo presente all’interno del brand sin dai primissimi vagiti della squadr.
Qualcuno che si occupasse dei contenuti c’era, qualcuno che si occupasse del lato esportivo anche: mancava unicamente qualcuno in grado di prendersi la briga di trasformare il nome 100 Thieves in un marchio d’abbigliamento di successo. Questo qualcuno è Doug Barber, nome già noto agli appassionati dello streetwear per aver curato per anni Reigning Champ, diventato poi responsabile del lato brand and appareal.
Fino a questo momento 100 Thieves era semplicemente un’associazione intenzionata a fare grandi numeri e grandi cose ma mancava ancora quello che potevamo considerare il salto di qualità; quest’ultimo è arrivato durante l‘ottobre 2018 quando Drake (si, lo stesso di God’s Plan) è diventato co-founder dell’azienda dietro 100 Thieves.
Alla sua partenza il progetto 100 Thieves non era ambizioso come lo è ora; dal punto di vista contenutistico l’obbiettivo della squadra era quello di portare prodotti video ispirati ai documentari già presenti sulla piattaforma, con niente di particolarmente nuovo sotto il fronte; una grande squadra con una grande narrazione non poteva vincere davvero. Jackson Dahl solo dopo ha pensato a come doveva essere davvero il progetto e a cosa bisognava realmente pensare in tal caso: agli spettatori.
“Ho iniziato a pensare seriamente dopo il primo paio di mesi a cosa fosse davvero interessante per i nostri spettatori. Che tipo di contenuti vorrebbe vedere un audience composta principalemente da giocatori? Come può la narrativa esportiva concentrarsi su ciò?“
Il risultato lo vediamo al giorno d’oggi: il progetto 100 Thieves possiede si contenuti di tipo documentaristico ma anche numerose altre proposte per il suo pubblico: The Courage and Nadeshot Show, ad esempio, è un podcast che include altri streamer famosi dell’ambiente mentre Selfmade è un podcast business focused realizzato da Haag stesso dove intervista businessmans che ammira.
A tutto questo va sommato il comparto streaming con contenuti regolari a base di Fortnite e Minecraft ed a una pletora altre trasmissioni realizzate da un team di personalità famose tra cui lo streamer CouRage o la streamer Valkyrae.
La scelta di portare avanti un contenuto in streaming concentrato sulla personalità dei suoi frontman è dovuta al successo ottenuto da Haag su piattaforme come Youtube, con l’intenzione piuttosto chiara di creare un’intero universo che girasse intorno a Nadeshot stesso. Come a voler creare un marvel cinematic universe (sic!) utilizzando lo streaming e l’esport come base.
L’abito potrebbe fare il giocatore.
100 Thieves non si è fatta subitissimo notare nel panorama delle squadre esportive per i risultati sui campi da gioco; la compagnia ha inizialmente fatto parlare di sé per un certo stile negli abiti e nel vestiario. La squadra, fin da subito, ha cercato di cementare la sua visione del mondo del gaming trasformando tutte le sue icone in modelli in grado di comunicare con fermezza l’appartenenza ad un brand ben specifico. Il mondo che viene presentato negli stream è brandizzato 100 Thieves con felpe e t-shirt, tutto materiale che è possibile acquistare per sé all’interno di un “fornitissimo” store.
A differenza di quello che è possibile trovare con le altre squadre i 100 Thieves hanno dalla loro un pubblico che anela a tali prodotti e che, di conseguenze, può vendere in quantità limitate eseguendo il cosidetto drop. Esattamente come marchi molto blasonati tipo Supreme, la squadra mette invendita una quantità limitata dei prodotti del proprio merch a prezzi ampiamenti sopra quelli la media del mercato vedendo tutto andare sold out nel giro di minuti senza doversi preoccupare di magazzini o oggetti invenduti. Durante il suo drop più recente, la compagnia ha dichiarato di aver ottenuto ricavi per mezzo milione di dollari, cifre che possono mandare avanti l’associazione per un po’ e che rappresentano un guadagno più che notevole.
A tal proposito l’esperienza del sopracitato Doug Barber potrebbe fare la differenza rispetto la concorrenza in ambito appareal. Secondo quanto ha dichiarato a TheVerge, il business dell’abbigliamento non è solo legato alla produzione di abiti a tema o di cappellini con visiera ma richiede una visione a 360 gradi della propria immagine. È Barber a suggerire agli streamer e alle personalità di 100 Thieves come apparire su Instagram, come parlare durante le sessioni di streaming o come camminare durante un video. Un eventuale ampio successo dell’abbigliamento legato al brand potrebbe aiutare la squadra ad autosostenersi senza dover obbligatoriamente appoggiarsi sulle vincite delle proprie squadre, per non dire altro.
“Non stiamo semplicemente creando merch per supportare gli affari legati al mondo dell’esport. Noi stiamo creando un vero brand di vestiario, qualcosa che sia in grado di fare la differenza tra 100 Thieves ed il resto del mondo”.
Ovviamente ciò a volte non basta ed è necessa rio che la squadra si sostenga a suon di sponsor: è normalissimo nei loro contenuti vedere prodotti Redbull o indumenti firmati Cash App; un video documentario riguardante la gaming house dedicata a Fortnite include un frigorifero pieno di pizza rolls di Totino; tutte collaborazioni che portano un grande numero di introiti alla squadra, almeno secondo le parole di Dahl.
Ma i giochi?
Il punto dolente della questione 100 Thieves è forse da andare a pescare nel suo comparto esportivo, visto che la squadra al momento possiede due soli team di livello legati a Fortnite e League Of Legends. Non che non abbiano provato con altri giochi eh, ma per un motivo o l’altro la squadra si è sempre tirata fuori dalle altre competizioni.
Il primo esempio potrebbe essere legato al mondo di Clash Royale: la squadra del brand è stata una delle prime ad entrare nelle leghe realizzate da Supercell ma anche una delle prime ad abbandonare la barca, dopo nemmeno nove mesi di attività. A detta di Robinson, il mondo del gaming mobile è una questione off-brand per il mondo 100 Thieves. Il team ha smesso anche di partecipare ai tornei di Apex Legends, stavolta a causa delle difficoltà di creazione relative alla scena esportiva del gioco stesso; al momento la squadra del team è composta da un singolo giocatore.
Altre volte ad allontanare la squadra da una particolare scena esportiva è stato un problema moentario. 100 Thieves non parteciperà alla nuova lega di Call Of Duty perché Activision ha deciso di trasformarla in una specie di tour de force tra un grande numero di città, avvicinando l’evento ad una lega sportiva tradizionale come quella calcistica o cestistica. Rispetto alle classiche leghe esportive che conosciamo, come le i tornei Majors di Dota2 o i tornei online di Fortnite, queste hanno costi particolarmente più elevati da sostenere, costi che al momento non valgono la candela per il brand.
Secondo il manager esportivo del brand, l’allontanamento della squadra da molti titoli non indica il volere di concentrarsi su altri alti del business bensì l’intenzione di non voler saltare su qualsiasi carro per cercare di fare soldi; le parole d’ordine in tal caso sono:” fewer,bigger,better”