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GTA V ancora primo nelle classifiche: perché?

Ogni generazione videoludica ha i suoi must, titoli talmente iconici o dalle caratteristiche così convincenti da rimanere saldi in cima alle classifiche del mercato nonostante la proposta di concorrenti spietati, scenari che cambiano e, ovviamente, il loro superamento a livello tecnologico. E, guardando la classifica dei videogiochi più venduti negli ultimi anni (anzi, in pratica nell’ultimo decennio), ma uno in particolare torna costantemente. Esempio di una combinazione di ferro fra immediatezza e gameplay di spessore, narrativa d’impatto e puro nonsense, Grand Theft Auto V è tornato ancora una volta in cima alle classifiche: ormai la strada per la leggenda è aperta.

Ritornando primi

Come riportato da Matthew Handrahan, redattore capo di Game Industry, nonostante l’agguerrita concorrenza il kolossal di Rockstar ha scalato di nuovo sia la classifica delle vendite in digitale sia quella relativa alle copie fisiche dell’area EMEAA (Europe, Middle East, Asia and Africa) superando titoli come Crash Team Racing Nitro Fueled o Assassin’s Creed Odissey. In termini analitici, come spiegato dall’articolo, certo alla base della riconquista del primo posto c’è una sostanziale stasi all’interno del mercato di riferimento in questa sonnolenta fine estate 2019, tuttavia il fatto che un videogioco di ormai quasi sei anni fa sia talmente venduto da poter aspirare costantemente ad arrivare in testa fa ben pensare alle dimensioni della popolarità del titolo.

Certo va detto che GTA V non è solamente un’epica storia crime in single player, e neanche un semplice open world in grado di soddisfare la voglia di dolce far nulla di molti giocatori, ma l’unico portello d’accesso per la prima vera incarnazione multiplayer della saga videoludica, ovvero GTA Online, le cui mappe continuano a ospitare migliaia di gruppi di giocatori in giro per il mondo e vengono tutt’ora rifornite di contenuti da un team molto attento all’offerta (l’ultimo, enorme, è Diamond Casino & Resort che aggiunge un casinò virtuale e un’altra storyline al mondo di gioco).

Tuttavia, giustificare il successo di vendite di GTA V per la sua semplice valenza strategica come punto d’accesso alla componente online ci sembra alquanto limitante, in quanto la sensazione che abbiamo è che l’eredità di questo gioco sia stata molto più profonda e in grado di esprimere al meglio lo spirito di un’intera generazione.

Estetica da film crime contemporaneo: un game design è moderno, citazionista e colto.

Il GTA definitivo?

Senza scendere troppo nell’elogio a distanza di anni (cosa che tra l’altro sarebbe inutile, dato che GTA V continua a essere osannato da tutti), è bene parlare di come il titolo Rockstar fosse stato una sorta di summa della filosofia dietro GTA, in grado di esprimerle al meglio e di raggiungere vette sino ad allora intoccate dai giochi della serie. Certo, obietteranno molti, ciò prevedibilmente potrà essere detto per tutti i futuri prodotti Rockstar, dato che lo studio ci ha ormai abituato a un costante rialzo della posta in gioco a ogni nuovo progetto e che già all’uscita del futuro sesto episodio cambieremo idea, definendo il titolo del 2013 niente più di uno scherzetto ben riuscito in confronto alla magnificenza del nuovo capitolo.

Tuttavia, è innegabile come GTA V abbia racchiuso in sé delle caratteristiche in grado di appagare, di anno in anno, numerosi nuovi giocatori.

Individuarli non è facile, però.

A incollare gli utenti allo schermo potrebbe essere per esempio la grande libertà a loro concessa da un titolo divenuto in pratica un simulatore di vita alternativa nel quale poter esplorare pressoché liberamente un universo parallelo, oppure l’umorismo cinico, satirico e ricco di cattiveria che permea tanto la storia principale quanto le sequenze di free roaming, oppure, ancora, l’onnipresente cura per una narrazione sempre più cinematografica (nel senso di una capacità di ricrerare un respiro da solido cinema di genere all’interno di un medium altamente interattivo come il videogame) e sempre più curato artisticamente.

Ora, tutte queste caratteristiche (se si eccettua, forse, la narrativa), sono in realtà tipiche di ogni Grand Theft Auto. Proprio per questo, proprio per la sua caratteristica di riproposta costante di una formula via via migliorata, alcuni arrivano a paragonare GTA a un Fifa, o a un’altra serie basata sul costante perfezionamento di qualcosa che già di per sé appaga i giocatori. In questo caso, il titolo Rockstar non sarebbe altro che un contenitore mezzo vuoto che coccola i giocatori proponendo al giocatore esattamente ciò che vogliono: un gioco dedito al caos, al divertimento fine a sé stesso, all’uscire fuori dai limiti.

Anche questa, tuttavia, è una risposta che non ci convince del tutto.

Lo spirito del tempo

Paradossalmente, chi scrive pensa che la fortuna di GTA V a distanza di tanti anni sia figlia di una somma di tutti i fattori elencati: riproposta dell’esperienza base di GTA, un ambiente di gioco vivo e complesso, una narrazione in grado ai appagare anche coloro che erano alla ricerca di una storia emozionante.

Non c’è dubbio che un giorno anche la storia di Michael, Franklin e Trevor sarà lentamente “dimenticato” a causa dei titoli successivi, ma solo col tempo ci renderemo conto della verità: GTA V rimarrà, più di altri suoi predecessori, per aver alzato l’asticella dell’esperienza di gioco a un livello molto alto e, soprattutto, in una maniera talmente d’impatto da non riuscire a immaginare un gioco senza le novità da esso introdotte (e del resto è questo che fa un classico: riscrive le regole del gioco).

Riuscireste a giocare a un open world con poche e ridotte interazioni? Vi soddisferebbe affrontarne uno la cui main quest non sappia collegare in modo quanto più logico possibile le side?

Crediamo di no, e crediamo che ciò dipenda anche per la splendida e bilanciata esperienza di un gioco che, siamo sicuri, rimarrà per molto nei nostri cuori.

Leggi anche: Doom Eternal|Anteprima Gamescom 2019

This post was published on 23 Agosto 2019 15:37

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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