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La next-gen non avrà tempi di caricamento: ecco perché è importante

Quando una nuova generazione è alle porte, ci si interroga il più delle volte su quanti passi in avanti riusciranno a fare le console dal punto di vista grafico. Le specifiche tecniche delle nuove piattaforme di gioco sono sempre molto attese e spesso vengono ricondotte solo alle potenzialità grafiche e ai nuovi orizzonti visivi raggiungibili dai videogiochi. Una generazione di console, però, non è solo questo, i futuri videogiochi non potranno essere giudicati solo sulla base di una possibile grafica fotorealistica.

L’hardware di PS5 e della prossima Xbox cambierà le “regole del gioco” anche sotto molti altri punti di vista, come ha spiegato lo sviluppatore Crytek, in un’intervista rilasciata a Wccftech. Una delle caratteristiche più importanti delle due console sarà rappresentata dalla presenza di un SSD che sostituirà il classico disco rigido. Questo cambiamento andrà a impattare sulla velocità di calcolo dei dati e, dunque, sulla presenza dei caricamenti nei videogiochi.

Se la qualità visiva continuerà ad aumentare facendo stessi grandi passi previsti per qualsiasi nuova generazione di console, il vero punto di svolta sarà sicuramente il nuovo sistema di archiviazione veloce che è stato promesso. Oltre all’ovvio vantaggio di ridurre i tempi di caricamento, si apriranno molte possibilità anche per i giochi progettati per lo streaming. Questo è anche un aspetto su cui i motori di gioco dovranno evolversi abbastanza drasticamente, ma è sicuramente eccitante.

L’intervistato afferma che ci sarà una riduzione dei tempi di caricamento, ma altri si erano già espressi in merito “annunciando” la totale scomparsa di quest’ultimi. Più della grafica, quindi, la presenza o meno di schermate di caricamento che frammentano l’esperienza è il cavallo di battaglia della prossima generazione. È davvero così importante? Noi riteniamo di sì.

I caricamenti non sono next-gen

Partiamo da una premessa: dire, oggi, “la grafica non è importante” è una scemenza bella e buona. L’affermazione più vicina alla realtà potrebbe essere, “la grafica non è la cosa più importante”, almeno non per tutti. Per quanto mi riguarda, il connubio storia / gameplay supera il mero fattore grafico (non quello estetico che è ben diverso) in modo netto, ma va riconosciuto che non si può pensare di addentrarsi nella nona generazione di console senza prendere in considerazione la grafica dei videogiochi.

Se la grafica non fosse davvero così importante, non avrebbe senso passare da una generazione all’altra, ma basterebbe rispolverare il proprio Nintendo 64. Entrano poi in gara altri fattori, altre caratteristiche che ci convincono del passaggio e, come abbiamo accennato precedentemente, attualmente si parla in modo insistente dell’assenza di caricamenti per convincere l’acquirente a portarsi a casa una PS5 o una next Xbox. O entrambe.

Dal canto mio, posso dirvi che sdoganare questa feature ha aumentato la mia voglia di next-gen perché ritengo fondamentale che un’esperienza videoludica non presenti mai caricamenti. Pensateci bene: se è vero che la grafica ha subito graduali impennate, da generazione a generazione, questo si può dire solo in parte per i caricamenti. Questi sono sempre stati presenti e, anche se oggi esistono titoli che riescono a limitarne l’ingerenza, la maggior parte dei videogiochi moderni continua a far aspettare i giocatori di fronte a una schermata nera, o intermezzi che sembrano in game ma servono a mascherare un caricamento, a seguito di un game over o dell’ingresso in una zona più o meno ampia della mappa.

Se ritengo sia inaccettabile nel 2019, come ritenevo lo fosse nel 2017 e nel 2018, immaginatevi come potrei stimare un caricamento nel 2020 o nel 2022. Le questioni da tirare in ballo sono principalmente tre, dal mio punto di vista:

  1. Giustificare l’acquisto di una nuova console
  2. Tempistiche più vicine alle esigenze odierne
  3. Immedesimazione nell’esperienza di gioco (la più importante)

Analizziamole brevemente tutte.

Vuoi i miei soldi? La grafica non basta

Il videogiocatore è cresciuto e ha nuove necessità da soddisfare per ritenersi pienamente gratificato del passaggio da una generazione all’altra. Ammirare un paesaggio ricreato alla perfezione e interagire con un personaggio che mostra un’espressione del viso talmente realistica da sembrare umana sono azioni che subiscono un forte depotenziamento se poi la velocità di calcolo di questa magnificenza grafica non è abbastanza rilevante, così da costringermi ad aspettare trenta secondi solo per uscire da una casa.

Checché se ne dica, le console vengono acquistate per i videogiochi che ci girano (le esclusive sono ancora essenziali) e se questi non presentano migliorie al di fuori della grafica, tanto vale aspettare un po’ più di tempo per terminare la generazione in corso.

Una partita veloce e via

Il nerd senza vita sociale è uno stereotipo ormai superato. Il gamer odierno ha un lavoro, una famiglia e, di tanto in tanto, esce con gli amici per una pizza o per giocare di ruolo, dunque, la possibilità di effettuare una partita veloce è sempre ben accetta. Tralasciando le trite e ritrite questioni su aggiornamenti e patch da scaricare, se ho solo mezz’ora di tempo e quindici minuti li passo a vedere una schermata di caricamento, potete capire come la frustrazione possa insinuarsi.

I caricamenti nei videogiochi sono una grossa perdita di tempo e sul serio possono creare dei mostri.

La realtà non ha caricamenti

A parte la fila alle poste, la vita reale non presenta caricamenti. La questione più importante che mi fa dire che i caricamenti debbano essere debellati riguarda l’immedesimazione del giocatore nell’esperienza proposta dagli sviluppatori. Il videogioco moderno vuole rappresentare la realtà e, nel caso di titoli ambientati in mondi fantastici, costruire in modo credibile universi paralleli.

Ora, si possono fare tanti bei discorsi su teraflops, GPU, HDR, 4K, ray tracing, etc., ma la rappresentazione della realtà non può limitarsi alla realizzazione grafica di ciò che vediamo, deve essere concreta e verosimile in quanto deve dare la percezione al giocatore di essere il protagonista di una storia che non abbia punti morti obbligati e su cui egli non può minimamente influire. Ciò passa da un’intelligenza artificiale all’altezza, ad esempio, e, appunto, dall’assenza di schermate e intermezzi di caricamento che non sono funzionali a ciò che stiamo facendo e vivendo in un mondo, sì, virtuale ma che ha la pretesa di identificarsi come reale.

Immaginate Red Dead Redemption 2 con caricamenti, seppur brevi, nell’atto di oltrepassare la porta di un saloon o mentre si sconfina da una regione all’altra in sella al proprio cavallo: sarebbe comunque un capolavoro? Probabilmente sì, ma minato da gravi problemi nell’immedesimazione, nell’incontro tra giocatore e realtà del videogioco.

È di primaria importanza, quindi, che la next-gen non abbia tempi di caricamento. Lo confermiamo con ferma convinzione.

LEGGI ANCHE —> Stiamo assistendo alla lenta fine di Bioware tra Dragon Age 4 e Anthem?

This post was published on 19 Agosto 2019 12:12

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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