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Stiamo assistendo alla lenta fine di Bioware tra Dragon Age 4 e Anthem

Una settimana di Ferragosto infuocata per gli amanti dell’action rpg e, in particolare, di BioWare, uno dei team protagonisti del successo del genere negli ultimi anni con saghe come Dragon Age e Mass Effectben due programmatori di primissimo piano, il lead producer di Dragon Age 4 Fernando Melo e quello di Anthem Ben Irving hanno lasciato la compagnia a distanza di pochissimi giorni l’uno dall’altro lasciando intravedere cause abbastanza serie alla base dei loro gesti.

Due fatti molto gravi che fanno prospettare un futuro non certo sereno per la compagnia e, anzi, sembrano mettere allo scoperto una crisi che sembra ormai non più disinnescabile.

L’abbandono

La notizia dell’addio di Ben Irving risale a due giorni fa, giorno di Ferragosto.

Attraverso un accorato tweet, il responsabile del progetto Anthem ha dichiarato: “Dopo otto straordinari anni a BioWare ho preso la decisione di lasciare e ho accettato un’opportunità eccitante con un’altra casa di produzione”, per poi, attraverso altri due tweet, confortare la community di Anthem garantendo loro che il gioco continuerà a essere supportato e che avrà un futuro luminoso”, ringraziando poi i fan del supporto.

Ben Irving, responsabile di Anthem

Un addio che Game Informer contestualizza all’interno di un annunciato (ma al momento non confermato) dirottamento del team Anthem sul progetto di Dragon Age 4. Si potrebbe quindi pensare che un insieme di stress e incomprensioni createsi durante lo sviluppo di Anthem, unite al fatto che con la mossa di uno spostamento del team di Irving sul nuovo progetto il ciclo di vita dello sci-fi multiplayer possa ritenersi concluso, possa aver decretato o la volontà del programmatore di abbandonare la nave oppure, fatto ancor più clamoroso (ma forse meno probabile), un suo allontanamento visto l’insuccesso dell’operazione di cui era responsabile.

A questo punto però, con l’arrivo della notizia dell’abbandono di Melo, la questione si fa particolarmente complicata.

Fernando Melo, ancora una volta attraverso Twitter, ha annunciato la sua volontà di lasciare lo studio dopo dodici anni di lavoro al suo interno, durante i quali ha ricoperto delle posizioni estremamente importanti: Melo è stato infatti senior producer di Dragon Age: Origins e Dragon Age 2, e avrebbe dovuto essere proprio il capo della produzione Dragon Age 4, ovvero del progetto che, dopo il caso Anthem, dovrebbe rappresentare una sorta di ultima spiaggia per l’azienda.

Fernando Melo, ovvero colui che avrebbe dovuto dirigere la produzione di Dragon Age 4.

Capite quanto la questione sia complessa? Vogliamo dire: passi un abbandono problematico del capo team di un progetto onestamente fallimentare, ma il caso di Melo sembrerebbe suggerire che la crisi di BioWare sia molto più profonda.

Un contesto difficile

Come ricordavamo lo scorso 24 luglio in un articolo su Cataclisma, evento a tempo limitato di Anthem in corso, l’impressione è che queste difficoltà e dimissioni siano un triste epilogo di una storia di incomprensioni, pressioni da parte di un publisher troppo “tirannico” (Electronic Arts) e incapacità di gestione di un progetto come il titolo sci-fi, tanto ambizioso quanto difficile da affrotnare.

Un chiaro sintomo di questo clima problematico è proprio Cataclisma, che nelle intenzioni del team doveva costituire una sorta di “redenzione” di un progetto riuscito a metà, lanciato poche settimane fa e non, come inizialmente programmato, a fine primavera. Un lancio che, ricordiamolo,era seguito a un periodo di macabro silenzio da parte degli stessi programmatori, tanto che a un certo punto si era teorizzato un loro definitivo abbandono, poi smentito dai fatti.

Sembra però che adesso, Cataclisma o no, rivitalizzazione o no di quello che doveva essere il brand principale di BioWare per gli anni a venire, sia arrivata una sorta di “resa dei conti” al suo interno.

Si tratta, ovviamente, di congetture, e ovviamente ci auguriamo che BioWare tenga duro e che questi abbandoni facciano semplicemente parte del ciclo fisiologico di un team, ma i report di crunch, incomprensioni, tensioni fra capi progetto e fra capi progetto e publisher sono davvero troppo duri da trascurare e non far pensare che questa crisi possa essere fatale per lo studio.

Tempi d’oro per BioWare: Dragon Age: Origins…

Quando un team si sfalda…

Con la dovuta cautela, dato che al momento si tratta di una faccenda  ancora in corso e ancora ricca di lati oscuri, possiamo solo provare a stendere qualche riflessione.

Se le impressioni verranno confermate e davvero BioWare stesse perdendo drammaticamentei pezzi, ciò significherebbe che un team creativo fra i più rivoluzionari delle ultime generazioni sarebbe crollato sotto il peso delle logiche di un pezzo d’industria troppo oppressiva e a tratti spietata, confermando come il rapporto fra creativi e grandi publishers possa oggi dar vita a dinamiche produttive dalle conseguenze assoltuamente nefaste. Se prendi un team creativo con buone potenzialità e vero talento, ma lo schiacci sotto strategie che possono portare a un suo sfinimento, non puoi certo aspettarti una vita aziendale normale.

Perché crediamo che queste dimissioni siano dovute alle logiche spietate della gestione EA del brand?

Perché purtroppo l’industria dell’intrattenimento contemporanea è piena di casi in cui la strategia produttiva e di mercato schiaccia e soffoca le componenti creative che costituiscono la spina dorsale delle grandi produzioni. Gettando uno sguardo al mondo del cinema, basta analizzare la produzione della nuova saga di Star Wars (e in particolare al licenziamento di sceneggiatori e registi coinvolti nello sviluppo) per notare come la tendenza sia sempre più quella di una prevalenza degli obiettivi commerciali sulle dinamiche creative e, soprattuto, su ritmi di lavoro e dinamiche lavorative umane, decretando anche il parziale fallimento di vari progetti.

E questo è un problema col quale quel mondo continua a non fare i conti.

>>Leggi anche: Apre a Tokyo il primo ristorante a tema Okami<<

 

This post was published on 18 Agosto 2019 16:34

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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