Duke Nukem 3D, pubblicato nel lontano 1996 dalla 3D Realm, è divenuto uno dei protagonisti indiscussi della stagione d’oro degli fps in tre dimensioni negli anni ’90 assieme a Wolfenstein, Quake e, ovviamente Doom. Politicamente scorretto, ricco di satira tanto verso lo star system U.S.A. quanto verso la società, è evidentemente rimasto nel cuore e nella mente di moltissimi giocatori e, a dimostrarlo, è da qualche mese disponibile una mod di Serious Sam 3 che porta fedelmente le scorribande del pupazzone biondo a un nuovo stato di magnificienza. Un fatto che riconferma quanto i videogiocatori di tutto il mondo siano anche estremamente nostalgici, al limite del conservatorismo, se si parla di classici.
La mod in questione, disponibile su Steam, è stata realizzata da un team di due persone, Syndroid e NSKuber, i quali hanno sviluppato il progetto ricreando, al momento, i primi livelli del videogioco, riproponendo la sua inimitabile atmosfera: in Hollywood Holocaust ci ritroveremo dunque a guidare il muscoloso Duke all’interno dell’ormai leggendaria ricostruzione 3d di una Los Angeles post-apocalittica e devastata dagli invasori alieni. Tutto è ricreato con cura, dagli ambienti evocativi (veder splattare marziani in un cinema di quart’ordine fa sempre effetto!) ai commenti al vetriolo che il nostro (anti)eroe caccia fuori di bocca, anche se l’approccio dei due modder è stato abbastanza intelligente da prevedere un ampliamento dei singoli livelli per renderli più appetibili per i palati contemporanei.
Si tratta di un’operazione che da un lato, causa la grafica scintillante, rende forse troppo distante l’esperienza di gioco da quella originale togliendo tutta l’affascinante atmosfera da classico creato con poche risorse in qualche garage di periferia, ma dall’altra riesce a portare ai giocatori tutto lo sporco e il divertimento del gioco originale, fin nei minimi dettagli (un esempio: i cabinati delle varie sale gioco presenti nel videogame, anche questi politicamente scorrettisimi).
Purtroppo il team alla base di questa piccola meraviglia di filologia videoludica hanno dichiarato di non potere al momento andare avanti nella pubblicazione di altri livelli del remake (pur essendo previsti), più che altro per limiti di tempo e risorse, ma già questo primo tentativo non può che far rimanere con la bocca aperta e sperare che il magnifico riesca a continuare nel suo progetto.
Pur essendo uno degli ultimi nati del periodo d’oro degli FPS e pur venendo meno riproposto in sequel o remake (l’ultimo capitolo della serie, Forever, è ormai un gioco di dodici anni fa), l’impatto di Duke sulle generazioni a cavallo fra anni ’80 e ’90 è stato molto forte, e per ragioni che andavano al di là del semplice gaming.
A differenza della maggior parte dei suoi contemporanei, infatti, Duke Nukem 3D era riuscito a precognizzare una certa dissacrazione della figura dell’eroe di Hollywood: mentre all’epoca l’FPS spopolava per il suo riuscire a mettere il giocatore nei panni del più classico archetipo hollywoodiano, ovvero l’eroe tutto d’un pezzo (in Wolfenstein era l’eroe di un film di guerra ann’60, in Doom uno space marine di Alien e così via), Duke riusciva a prendere in giro niente poco di meno che mr. Arnold Schwarzenegger facendo della sua figura una sorta di americano medio (nell’accezione peggiore del termine) con il fucile in mano: sboccato, incline alla violenza, malato di porno e, soprattutto, icona delle masse dal discutibile fascino (il nostro biondone era infatti un improbabile attore costretto a diventare eroe), Duke Nukem è il simbolo di un’età del videogioco nel quale parte dei programmatori, grazie alla natura più semi-amatoriale del loro lavoro, potevano utilizzare la loro creatività per esprimere tutto il lato più anarchico e anticonformista del genere videoludico.
Non è quindi un caso che ancora oggi, a ben ventitrè anni circa dalla prima pubblicazione, prodotti come Duke vengano proposti e riproposti in tutti i modi possibili, soprattutto da una community di modders ormai adulti e ancora affascinati dai miti della propria infanzia (e, a proposito di mod e della loro valenza nel gaming, invitiamo a leggere questo articolo).
Schiacciati fra gli ultimi titoli della fase iniziale del videogioco di massa e l’invasione delle console domestiche, gli FPS come Duke Nukem 3d hanno costituito per certi aspetti i primi passi del passaggio dei giochi digitali da uno stadio sperimentale a prodotti che tentavano di portare nelle case storie giocabili con l’arduo compito di far vivere storie e mondi avventurosi e ricchi d’insidie ai loro giocatori. Dalla base aliena di Doom alla Morte Nera di Dark Forces, passando per i castelli desolati di Heretic ed Hexen, i primi anni ’90 hanno di fatto forgiato il gusto dei giocatori contemporanei e hanno gettato le basi per le successive generazioni videoludiche.
La letteratura critica e sociologica vede in parte del nostalgismo che permea la comunità di gamers segni di un certo conservatorismo, tipiche in alcuni ambienti nerd (specie statunitensi) portati a tornare costantemente ai miti della propria infanzia per riaffermare una visione del mondo più vicina a una sorta di “età d’oro” in cui tutto andava meglio.
In realtà la lettura è parziale e sfaccettata. Se è vero che parte del mondo nerd è infatti aggrappato al mito e a volte incapace di affrontare con spensieratezza in futuro, è anche vero che rileggere con occhio critico e attento, nonché rielaborare e, in questo modo, omaggiare, ciò che all’epoca dell’uscita era visto come qualcosa di nuovo e spesso non gestibile a causa della giovane età e della poca esperienza dei videogiocatori, sembra una reazione in verità naturale e, in realtà, tremendamente umana.
Di sicuro, vedendo il bel restyling di un classico senza tempo, i giocatori più anziani avranno sentito un grosso tonfo al cuore, capace di risvegliare ricordi e di farli tornare a giocare fra lidi loro familiari.
Siamo anche certi che Serious Nukem 3D non sarà l’ultimo tentativo di operazione di questo tipo. Il videogioco sta vivendo un periodo di costante sviluppo e innovazione, tuttavia il peso dei classici è ancora enorme e i classici sembrano non voler lasciare il campo alle nuove leve.
Quanto perdurerà questa situazione? Il videogioco continuerà ancora al lungo a vivere dei miti del passato?
E, soprattutto, cosa ben più importante, le nuove generazioni riusciranno a sviluppare un tale talento critico dal poter contestualizzare e guardare con sguardo equilibrato e conscio i giochi del passato e comprendere i progressi fatti dal loro medium preferito?
Forse la sfida, per un medium così giovane, sta proprio nel valorizzare quello che è già, a tuti gli effetti, un passato già molto importante.
This post was published on 6 Agosto 2019 17:37
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