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Giudice proibisce ad un ragazzo di giocare ai videogiochi violenti

L’escalation di violenza negli Stati Uniti sta assumendo contorni decisamente preoccupanti. Tutti noi abbiamo appreso delle recenti sparatorie avvenute sul suolo americano, sconvolti dal fatto che spesso, ad aprire il fuoco, siano stati dei ragazzi. Abbiamo anche appreso il fatto che molti stiano tentando di addossare la colpa ai videogiochi, che sarebbero rei di spingere i più giovani verso comportamenti antisociali e violenti. Tuttavia, tutte queste dichiarazioni era rimaste tali, senza mai sfociare in provvedimenti di altro genere. Tutto questo fino ad oggi. Un giudice americano avrebbe infatti emesso una singolare condanna nei confronti di uno studente liceale, proibendogli, di fatto, di giocare a videogiochi violenti, a seguito di alcune sue discutibili dichiarazioni sui social network.

Videogiochi violenti: la parola passa al giudice

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Diciamocelo chiaramente: la situazione americana sta decisamente sfuggendo di mano. Nonostante il problema sia chiaramente rappresentato dalla facilità con cui, negli Stati Uniti, è possibile venire in possesso di un’arma, sono ancora in molti a credere che il problema sia rappresentata dai media violenti, che “corromperebbero le menti” dei giovanissimi. Vi abbiamo già riportato in passato le parole di Matt Bevin, il Governatore del Kentucky, che affermava che i videogame fossero la vera ed unica causa della strage avvenuta in Florida. Se già queste dichiarazioni potevano sembrare preoccupanti, per la loro gravità, si sono presto aggiunte quelle di Donald Trump. Il Presidente degli Stati Uniti ha infatti rincarato la dose, affermando che i videogiochi stanno letteralmente creando mostri, e che c’è bisogno di fare qualcosa.

Il caso di cui stiamo per parlarvi, chiariamolo subito, è di una portata completamente diversa. Un giudice ha infatti proibito ad uno studente di Chicago di giocare ai videogiochi violenti, a causa di una sua dichiarazione controverso avvenuta sui social network. Stando a quanto è possibile apprendere dal Chicago Tribune, il ragazzo sedicenne frequenterebbe il secondo anno di liceo, e si sarebbe espresso in maniera inappropriata sulla recente sparatoria avvenuta alla Marjory Stoneman Douglas High School a Parkland, in Florida. Il liceale, iscritto alla Lake Park High School di Chicago, tramite un video pubblicato su Snapchat, ha ripreso una sua sessione di gioco ad uno shooting game, esprimendo, in maniera decisamente inappropriata, il suo fastidio per l’attenzione mediatica rivolta alle sparatorie nelle scuole: “Fareste meglio a fare silenzio sulle sparatorie nelle scuole, altrimenti ne farò una io“.

Una decisione che ha del clamoroso

Sono realmente i videogiochi la causa di tanta violenza?

Lo scorso Lunedì, la polizia ha appreso dei fatti attraverso un compagno di scuola del ragazzo. Il teenager è stato subito arrestato. L’abitazione del liceale è stata poi perquisita, ma nessuna arma è stata trovata. Dopo aver trascorso una notte nel carcere minorile, lo studente è dovuto comparire nel Tribunale per i Minorenni della contea di DuPage, per rispondere all’accusa di condotta pericolosa. Gli avvocati del minorenne hanno affermato che il commento avesse una natura scherzosa. Il ragazzo era soltanto stufo dell’attenzione mediatica sull’argomento, ma ha convenuto che non fosse appropriato scherzarci su.

Il giudice Robert Anderson ha consentito ai genitori del ragazzo di riportarlo a casa, dove sarà costretto a rimanere a tempo indeterminato. Il pubblico ufficiale ha inoltre proibito al ragazzo di giocare a videogiochi violenti e che il suo telefono cellulare dovrà essere tenuto spento dai suoi genitori. “Puoi giocare a tutti i Mario Kart che desideri“, queste sarebbe state le dichiarazioni del giudice Anderson. Allo stato attuale non sono disponibili ulteriori informazioni sul caso.

Restate sintonizzati per ulteriori news in merito. Se desiderate approfondire il tema dei videogiochi violenti, vi consigliamo di leggere i nostri articoli sulla dipendenza dai videogame, e sulla correlazione tra videogiochi e violenza.

This post was published on 1 Marzo 2018 10:45

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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