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Perché è importante che nei giochi calcistici le squadre abbiano i nomi reali

Per il Piemonte Calcio, ha segnato il numero 7: Cristiano Ronaldo!

Non suona benissimo, vero? Sapete ormai un po’ tutti che Juventus e Konami hanno dato il via a una partnership che garantirà a PES 2020 l’esclusività della licenza della squadra bianconera. Di contro, EA, per il suo FIFA 20, dovrà accontentarsi di mettere in campo il prestigioso Piemonte Calcio.

Questa notizia ha creato un po’ di malumori tra i giocatori che ora sono molto indecisi su quale gioco acquistare e che, anche nel caso li acquistassero entrambi, si ritroverebbero comunque con due titoli monchi. PES 2020 avrà la Juventus, ma si può acquistare un gioco solo per la presenza di una delle squadre più forti del mondo, nonostante l’assenza di tutte le altre licenze della Serie A e delle coppe europee?

FIFA 20, invece, abbonda di licenze, ma la Juventus è la Juventus e non è facile digerire la sua sostituzione con un team dal nome che fa tanto calcio degli anni immediatamente del dopo guerra.

Perché al giocatore interessa così tanto? Che differenza fa vincere una coppa o sfidare un’altra persona online manovrando la Juventus o il Piemonte Calcio? La differenza c’è e cercherò di spiegarla, nonostante io personalmente abbia da un po’ di tempo abbandonato i titoli calcistici (per motivi che non sono all’ordine del giorno).

L’Italia è un paese di allenatori

Se avessi scritto questo articolo negli anni ’90, il titolo sarebbe stato: Perché NON è importante che nei titoli calcistici le squadre abbiano i nomi reali.

I tempi sono cambiati: ricordate International Superstar Soccer e ISS Pro Evolution? I nomi delle squadre e soprattutto dei giocatori erano più falsi di una banconota da 30 euro, ma all’epoca non ci badavamo più di tanto, perché il gioco calcistico era visto come un passatempo post compiti, come potevano essere i videogiochi di altri generi. Io ricordo benissimo che già all’epoca, all’acquisto di ISS Pro Evolution, la prima cosa che feci fu entrare nell’editor per cambiare i nomi di tutti i calciatori e quando dico tutti, voglio dire TUTTI, anche quelli della nazionale nigeriana (che era uno squadrone con i vari Amokachi, Ikpeba, Okocha, Babangida), ma il mio era più un vezzo, un volere un titolo calcistico che fosse il più fedele possibile.

Tutto sommato, segnare con Del Perio o con Batustita non mi dava fastidio, perché nella mia, nella nostra, ingenuità, non cambiava l’obiettivo ultimo per cui si giocava a un gioco di calcio: divertirsi senza sentirsi allenatori navigati.

Crescendo, la passione per il calcio ha divampato in milioni di ragazzini che, oggi, da adulti, percepiscono il videogioco calcistico in modo del tutto diverso. Anzi, è il medium videoludico stesso, in senso generale, ad essere cambiato, ad aver ampliato il suo modo di proporre i vari contesti della vita reale. Una simulazione calcistica odierna è alla ricerca spasmodica della realtà, non si accontenta più di mostrare undici personaggi che corrono dietro a una palla con la sola regola del vince chi segna più gol. La simulazione calcistica contemporanea è ormai un prolungamento quasi naturale del gioco del calcio che vediamo in tv o allo stadio, questo a discapito anche del divertimento, perché riesce a catturare l’essenza anche di quelle partite tattiche e noiose per cui non pagheremmo mai il biglietto.

Ed è per questa ragione che il giocatore contemporaneo dei titoli calcistici non si accontenta più di segnare con Roberto Larcos, ma ha bisogno di eseguire alla perfezione schemi e moduli con cui vorrebbe che la propria squadra del cuore giocasse e i tricks del giocatore preferito.

L’Italia è un paese di allenatori e dirigenti sportivi. È appurato che in Italia ci siano milioni di allenatori senza patentino, i quali sarebbero riusciti a ribaltare un 3-0 fuori casa se solo quell’incompetente dell’allenatore, nell’esercizio delle sue funzioni, avesse seguito i loro dettami. È altresì dimostrato che i tifosi riuscirebbero a vendere il miglior talento della squadra del cuore al triplo di quanto sia riuscito ad ottenere un dirigente sportivo pagato per fare proprio quello.

Non è una critica, anzi, io stesso sono così ed è bello, tutto sommato. La passione per il calcio porta anche a queste crisi d’identità, a queste trasformazioni. Il giocatore di titoli calcistici contemporaneo non vuole essere solo gamer o supporter, ma anche allenatore, dirigente e calciatore.

È per questo motivo che i nomi reali delle squadre e dei calciatori sono importanti nei videogiochi di calcio. L’utente lo sa che sta manovrando la Juventus, nonostante ci sia scritto Piemonte Calcio, ma l’immedesimazione con ruoli non appartenenti alla propria vita lavorativa ne viene meno, va così a decadere uno dei moderni sentimenti del giocatore appassionato di calcio in tutte le sue forme: l’appagamento per aver vinto, contro tutto e tutti, quell’agognata coppa che manca da molti, troppi anni.

This post was published on 17 Luglio 2019 12:36

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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