Dalla presentazione di Google Stadia, avvenuta qualche mese fa, non si fa altro che parlare di cloud gaming e di come questa tecnologia rappresenti il futuro dell’industria videoludica. Non solo Google ma anche Microsoft e Sony sembrerebbero interessate a investire nei giochi in streaming con progetti come xCloud e PlayStation Now. Su Player.it abbiamo già parlato di Stadia in altre occasioni, con opinioni alquanto differenti, potete leggere qui quella di Daniele e qui quella di Michele.
Come riporta il sito Gameindustry.biz Shigeru Miyamoto non è completamente d’accordo. Per chi non lo sapesse, Shigeru è l’amministratore e il direttore generale di Nintendo EAD ovvero la divisione che si occupa della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie. A suo dire, anche in futuro, continueranno ad esserci giochi divertenti anche se non su cloud. Inoltre non crede che tale tecnologia si diffonderà sin da subito.
Penso che il cloud gaming diventerà più diffuso in futuro, ma non ci saranno dubbi sul fatto che ci saranno giochi divertenti perché girano localmente e non sul cloud.
Il cloud gaming? Avrà successo, ci vorranno ancora anni
Le affermazioni dei Miyamoto mi hanno dato spunto per riflettere sulla questione del gioco in streaming. Il mio punto di vista non è troppo distante dal suo. Credo che il cloud gaming sia un’ottima tecnologia ma non sostituirà mai del tutto il classico gioco fisico, almeno entro i prossimi dieci anni.
I motivi sono molteplici: in primis ci sono le infrastrutture, decisamente non all’avanguardia. Nel nostro paese, anche se internet si è diffuso in gran parte delle aree urbane non tutti sono fortunati allo stesso modo: la velocità di connessione media è al di sotto dei 10mb\s. Prendiamo come esempio la piattaforma Google Stadia: la velocità richiesta per poter giocare a 1080p a 60 fps, il minimo dello standard attuale, è almeno una banda da 20mb\s mentre per il gioco in 4k sono necessari almeno 35mb\s.
Negli altri paesi europei la situazione non è troppo differente, sebbene l’Italia sia tra quelli con la connessione media più lenta e meno omogenea. È anche vero che si sta lavorando alla diffusione, sempre più capillare, della fibra ottica, ma ci vorranno almeno altri 5-6 anni per raggiungere gli standard degli Stati Uniti. Con buona probabilità lo streaming dei videogiochi rimarrà di nicchia almeno fino all’arrivo in larga scala della rete 5G, che garantisce una velocità di connessione incredibilmente più alta: 10 Gigabyte al secondo. Fino ad allora, l’idea del play everywhere ce la possiamo anche dimenticare.
Pur tuttavia, anche se superiamo ampiamente i requisiti minimi di gioco, è sempre possibile che sporadici cali di bitrate possano minare la qualità della nostra esperienza causando gravi problemi di lag. Ergo, giocare in cloud non sarà mai un’esperienza paragonabile a quella del classico gioco offline dal punto di vista qualitativo.
Una questione di abitudine
Inoltre la connessione è solo uno dei tanti ostacoli, il principale rimarrebbe quello dell’abitudine del giocatore medio. Nonostante la crescita degli acquisti in digital download su piattaforme come Steam, PlayStation Store e Xbox Marketplace il mercato videoludico si basa ancora sulle vendite in formato fisico. Insomma, tendenzialmente l’utente è portato ancora a comprare il suo amato box di plastica sia per una questione di “collezionismo” ma ancora di più per una questione di abitudine.
Per nostra natura difficilmente tendiamo a cambiare abitudini e per questo, a mio avviso, passeranno almeno sei, sette anni prima che l’idea del gioco in streaming possa essere considerata una valida alternativa, che comunque rimarrà affiancata alla vendita retrail, Il mio è comunque un discorso che riguarda il videogiocatore medio, lungi da me attribuire questa linea di pensiero all’hardcore gamer che vive di pane e digital download da anni. Ricordiamoci però che questa rimane una nicchia in un mare ben più grande.
C’è poi un altro discorso, che rimane comunque un’incognita perché attualmente non abbiamo ancora una visione completa. Sto parlando del parco titoli: per Stadia, quanto proposto, sembra un buon inizio, il problema viene dopo. Cosa dobbiamo aspettarci? Riuscirà tale piattaforma, magari servendosi anche di collaborazioni come quella con Uplay+, a contrastare Sony, Microsoft e Nintendo la quale, proprio dalle parole di Miyamoto sembra intenzionata a “controbattere” con un parco titoli vastissimo ed originale in formato fisico su Switch?
Vediamo un futuro in cui le tecnologie cloud e streaming si svilupperanno sempre di più come mezzo per offrire giochi ai consumatori. Dobbiamo stare al passo con tali cambiamenti nell’ambiente.
Il cloud gaming potrebbe essere un’alternativa economica?
Le mie parole, non vogliono screditare una tecnologia che ha molto da offrire, mi limito ad riportare dei semplici dati di fatto. Guardiamo però il rovescio della medaglia: potrebbero esserci anche degli aspetti che possono spingere qualcuno ad avvicinarsi al cloud gaming prima del previsto. Una di queste è il costo del servizio base.
Google Stadia è di per sè gratuito fino al 1080p e i giochi vengono acquistati separatamente. Esiste poi un abbonamento da 10 euro al mese con dei giochi inclusi, ma escludendo questo, ci troviamo di fatto di fronte ad una console “gratuita”. E da utenti risparmiatori, con un minimo di informazione cosa tendiamo a scegliere? Una console gratuita, per la quale dovremmo acquistare solo i giochi oppure una console da almeno €400 alla quale poi aggiungere eventuali giochi?
Si tratterebbe di un punto a favore che spingerebbe il pubblico ad essere interessato all’acquisto di Stadia, se non fosse per uno dei problemi palesati prima: la diffusione di una connessione veloce e stabile.
Ergo, è inevitabile che prima di vedere il cloud gaming affiancato, così come lo è oggi il digital download, al retrail dovremo aspettare anni, se non una decade. E chissà, magari tra 20-30 anni potrebbe anche avvenire il “sorpasso” per lo streaming, ma non ora, assolutamente.
Il retrail, d’altro canto, non scomparirà mai. Potrebbe succedere come per i cd musicali o i dvd dei film, che entri nell’ambito di un pregiato mercato di nicchia. E voi, cari lettori, cosa ne pensate? Condividete la mia idea o avete un opinione differente? Scrivetelo pure nei commenti!
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