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Se la Playstation diventa “di nicchia”

Come noi giocatori ben sappiamo, con l’approssimarsi della next gen il mercato dell’intrattenimento digitale è scosso da una nuova guerra di posizionamento sul mercato nella quale tutti gli attori in campo cercano di piazzare i loro prodotti nel modo migliore possibile per dominare la scena dei dieci anni (giocatori, sentite il vostro portafoglio che si lamenta da qualche giorno, eh?!).

Si tratta di una guerra fredda, fatta di annunci e show galattici come i panel dello scorso E3, ideati per meravigliare, attrarre nuovi acquirenti e soprattutto mostrare i muscoli.

Fra le ultime mosse di questa partita a scacchi, le ultime dichiarazioni di Kenchiro Yoshida, CEO di Sony, lasciano intravedere scelte molto interessanti per PlayStation 5, che si prepara a sbarcare sul mercato puntando sulle armi delle esclusive e dei titoli tripla A.

Proviamo a ragionarci su insieme.

Kenichiro Yoshida, CEO di Sony.

Le dichiarazioni di Yoshida

A riportare le parole di Yoshida è stato, udite udite, niente meno che il Wall Street Journal, il cui corrispondente Takashi Mochizuki ha dedicato un articolo alle prossime strategie della multinazionale giapponese.

Secondo quanto riportato, Yoshida avrebbe affermato che, dati i costi di produzione sempre più alti per le tecnologie di cui la PS5 sarà dotata, l’apertura alle piccole case indipendenti sarà limitata e l’attenzione di Sony spostata sulle major in grado di produrre titoli ad alto budget in grado di essere maggiormente competitive.

L’obiettivo è di quelli senza compromessi: si va a conquistare il giocatore che vuole vedere le gocce di pioggia infrangersi sull’asfalto con un tocco fotorealistico, fanatici della resa visiva in grado di apprezzare le features che la console supporterà, come il ray tracing.

Insomma, Sony dice “Sto per offrire al mercato qualcosa di eclatante, ma per farlo mi servono molti acquirenti sicuri perché (scusate la licenza poetica) la baracca non si manda avanti da sola”.

E, insieme agli acquirenti, a Sony servono sviluppatori in grado di funzionare come “ambasciatori”, titoli in grado di mostrare cosa Playstation 5 sa fare.

Ricordiamoci sempre con chi la Sony dovrà vedersela; non parliamo tanto di NintendoMicrosoft, che pure sono avversari temibili, quanto dell’arrivo sulla scena di un colosso come Google: a prescindere dal successo o meno di Stadia, il suo approdo potrebbe aver condotto il team di sviluppo della PS5 a puntare sul sicuro.

Capirete come il tema cominci a diventare molto interessante….

La Marvel del videogioco?

Quali sono le risposte di Sony, dunque? Blockbuster sotto l’egida della stessa ditta produttrice, che punta a stringere partnership con le grandi major per sviluppare titoli sempre più grandi, sempre più belli, sempre più performanti.

Insomma, sempre più The last of us, sempre meno titoli indie in grado di catturare l’attenzione più per la scrittura o il gameplay che per la grafica.

E’ ovvio che Sony non sta cominciando una guerra agli autori indipendenti, distruggendo le communities di appassionati di giochi a basso-medio budget che sono proliferate nell’ultima generazione, in grado di sostenere a loro modo la console, ma è innegabile che il baricentro del mercato si stia spostando altrove.

Nel suo intervento, infatti, Yoshida dà l’idea di quanto Sony punti a giochi in grado di dare al giocatore un’esperienza quanto più immersiva e potente possibile, che potremmo paragonare a quello di un film Marvel, qualcosa che un titolo di fascia media o bassa, che di solito punta molto più su sceneggiatura e caratterizzazione, non può, oggettivamente, permettersi.

Ci aspettiamo quindi giochi sempre più maniacali nella cura del dettaglio, sempre più capaci di catturare l’attenzione e far brilare gli occhi del giocatore a ogni passo del suo alter ego (“Oh mio Dio, se passo nella stalla dei cavalli mi porto dietro i loro escrementi per tutta la città!”).

Intendiamoci: non è che “fascia alta” sia sinonimo di sola qualità tecnica; i kolossal Naughty Dog  e Rockstar hanno dato prova di come un comparto tecnico di prima grandezza possa sposarsi con unonarrativo di prima scelta, in grado di coinvolgere emotivamente il giocatore.

Il punto è semmai un altro.

L’oggetto del desiderio (e della curiosità…)

Verso una polarizzazione?

Leggendo le dichiarazioni, il quadro sembra chiaro: la Playstation mira a diventare (o tornare con più determinazione?) una console destinata alla massa più che ai piccoli gruppi di appassionati del gioco semi-amatoriale.

I processi di questo tipo, dettati da fattori tipicamente tecnologici, sono pressoché inevitabili all’interno di uno scenario di corsa alla costante innovazione.

Quali le possibili conseguenze?

Gli sviluppatori indie potrebbero soffrirne, vedendo lo spazio dato loro limitato? I supporters della fascia medio-bassa entreranno in contrasto con la politica di Sony? Il rifiorire di giochi incentrati su narrativa e autorialità degli ultimi anni si arresterà per lasciare spazio a un proliferare di meraviglie tecniche?

Siamo appena agli inizi di questa partita a scacchi e ancora non sappiamo come si evolverà ma, come amanti del gioco in sé, vorremmo un mercato sempre in grado di accontetnare tutti i palati, sempre, di generazione in generazione, evitando conflitti assolutamente non richiesti.

>> Tutto quel che c’è da sapere ad oggi sulla PS5 <<

 

This post was published on 1 Luglio 2019 11:14

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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