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Metal Gear? “Un progetto dell’intelligence americana”

Partiamo da un dato di fatto: il Mondo è un posto in cui può capitare di ritrovarci davanti cosine estremamente divertenti, come la notizia, riportata qualche ora fa dal sito d’informazione russo in lingua inglese “The Moscow Times”, che secondo il vice capo di stato maggiore russo la saga di Metal Gear avrebbe l’obiettivo di “manipolare direttamente le coscienze, specialmente dei giovani”, attraverso un’azione di rappresentazione della Russia, della sua storia e di molte sue figure volto a creare diffidenza e disaffezione. Detta in parole povere: Metal Gear sarebbe un’arma in mano all’intelligence americana usata per propaganda antirussa… sì, ragazzi, è sabato e siamo tutti ancora un po’ assonnati mentre scriviamo, ma possiamo assicurarvi che è tutto vero, il vice ministro della difesa russo ha detto che i giochi di Hideo Kojima (KOJIMA!!) sarebbero strumenti di propaganda americana (AMERICANA!!).

Già, sappiamo già cosa state pensando… ma vi assicuriamo che la questione è abbastanza complessa e va oltre, molto oltre, la semplice politica…

Cosa ha detto di preciso il viceministro

Chiamato in udienza presso la Duma, durante una tavola rotonda del suo ministero, il vice capo di stato maggiore Andrei Kartapolov, fra gli uomini con in mano il destino della difesa di una delle superpotenze mondiali, ha relazionato circa l’influenza degli Stati Uniti sul web e sulla loro azione di condizionamento dell’opinione pubblica in funzione antirussa dichiarando che gli U.S.A. starebbero foraggiando artisti russi “non tradizionali” (?) e “apertamente ostili” nei confronti dello stato

Sì, ragazzi, non guardate il calendario, aspettate, giuriamo che non è il 22 giugno 1963, ma il 22 giugno 2019. No, veramente, calmi, non siamo finiti dentro Metal Gear Solid 3: Snake Eater, né dentro Dalla Russia con Amore.

Oggi, nel 2019, in un quadro politico oggettivamente complesso e ricco di tensioni fra occidente e la Russia di Putin, alcune serie di videogiochi e film vengono contestate politicamente da un potere politico in quanto non conformi all’immagine che quel potere vuole avere a livello internazionale.

A sottolineare questa cosa c’è anche un altro caso, di solo qualche giorno fa: le autorità russe avrebbero infatti dimostrato il desiderio di girare una “controversione” dello show HBO Chernobyl (vi è piaciuto e volete continuare a immergervi nelle sue atmosfere? Allora non perdetevi quest’articolo del nostro Cirox sui migliori titoli che trattano il disastro), più in linea con la versione russa su ciò che accadde nel 1986.

Prima di scandalizzarci, va detto che in generale non è una novità il fatto che la politica tenti di appropriarsi dello scenario videoludico o di metterlo in discussione, sono dinamiche costanti, che toccano sia problemi di carattere internazione e di massimi sistemi sia questioni inerenti i contenuti “morali” dei giochi (sesso, violenza e così via…). Se dicessimo che ciò che è accaduto a Mosca è sintomo allarmante del fatto la politica tenti di influenzare l’industria del gaming diremmo una banalità e ci inoltreremmo in uno scenario molto complesso e sfaccettato. Ci sembra inoltre abbastanza superfluo attaccare la posizione russa difendendo la linea autoriale di Hideo Kojima, da sempre critico non solo con gli U.S.A. e le loro politiche, quanto proprio col potere costituito in quanto tale (Snake Eater docet: il game designer attacca duramente anche il mito sovietico, dandoci una lettura molto critica). A nostro parere, però, la questione è più sottile e rappresenta un fatto interessante e quasi positivo per il nostro medium preferito.

Hideo Kojima

Kojima l’antirusso?

Metal Gear Solid, tutta la saga di Metal Gear Solid, rappresenta una pietra miliare della storia del videogioco contemporaneo; non solo per la sua complessità narrativa e pseudo-cinematografica, quanto per il fatto di aver saputo regalarci una rilettura critica del ‘900 pochissimi anni dopo la fine della Guerra Fredda. Se c’è una cosa che Kojima ha fatto, infatti, è stata quella di raccontarci la grande crisi politica e culturale che il Mondo ha vissuto fra gli anni ’40 e i 2000, dalla Seconda Guerra Mondiale alla guerra al terrorismo di Bush passando per la Guerra Fredda e l’età del disgelo.

Nel corso dei tantissimi anni di onorata carriera Kojima ha quindi dato una sua lettura da autore di un periodo storico doloroso e ricco di passaggi ambigui, costituendo un tesoro inestimabile all’interno dell’industria dell’intrattenimento mondiale.

Chi scrive, per esempio, reputa tutta l’opera del maestro giapponese la sua vera “prima introduzione” a certi temi, sia da un punto di vista di conoscenze che per quanto riguarda l’etica e la capacità di riflessione.

Come spesso accade quando le goffe (sì, goffe, goffissime!) categorie della politica entrano nel campo dell’arte e soprattutto dell’arte pop, nel suo intervento il vice capo di stato maggiore è apparso come un enorme elefante che tenta di camminare sulle uova. Potremmo definirlo il solito terribile caso di “ignoranza”, invece si tratta qualcosa di più profondo: in momenti di ripresa di una contrapposizione fra Stati Uniti e Russia, tutto l’immaginario popolare sulla Guerra Fredda e sul periodo sovietico/post-sovietico, dettato inevitabilmente dal “vincitore” (l’America) sembra destinato a dover essere attaccato e riscritto da altri. Aspettiamoci quindi attacchi a 007, ai film di Schwarzenegger e Stallone con più collegamenti con la Guerra Fredda, ai romanzi di Tom Clancy… praticamente al 50% della narrativa di genere di produzione occidentale!

E Kojima non fa eccezione, perché Kojima non ha dato una lettura in sintonia un sentimento nostalgico verso l’U.R.S.S. che si respira da qualche anno in Russia, attraverso un appiattimento e una semplificazione di fatto del messaggio dei Metal Gear.

Un altro gioco colpito da attacchi “politici”: Devotion

Complimenti involontari

In mezzo a questa tristissima vicenda, che ovviamente riempie di tristezza i nostri cuori di fieri kojimiani e fa perdere ancora un po’ più di fiducia nell’umanità, c’è un dato molto positivo che dovrebbe farci riflettere.

Siamo sicuri che il “blacklistaggio” di Metal Gear Solid non sia un gigantesco atto di legittimazione del potenziale narrativo e comunicativo del videogioco?

In passato, la censura videoludica si è per lo più scagliata verso contenuti ritenuti “sbagliati” perché contravvenivano alla “morale pubblica”, equiparando i vari GTA, Saints Row e chi più ne ha più ne metta a giocattoloni creati da “deviati” che in nome del divertimento finivano per creare roba eticamente inaccettabile (con buona pace della critica sociale contenuta in quei titoli, ma “vabbè”). L’episodio delle forti critiche russe a MGS, così come il caso di Devotion, survival horror taiwanese criticato dal regime comunista cinese perché sotterraneamente critico verso di esso, ci porta a una conclusione: se il videogioco comincia a essere considerato “pericoloso” o “scomodo”, esso non viene automaticamente legittimato come opera d’arte?

Che i grandi della Terra stiano finalmente scoprendendo che un videogioco è un’opera d’arte, in grado di provocare e indurre alla riflessione, equiparandolo al cinema, alla televisione e alla letteratura?

Lungi da me dire che il provvedimento russo sia “giusto”, eh, anzi, ma a occhio e croce il vincitore di quest’assurda storia è ancora una volta Kojima. Anzi, da questa storia l’autore giapponese potrebbe aver ottenuto un grande riconoscimento.

Il migliore possibile, forse.

 

 

This post was published on 22 Giugno 2019 16:44

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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