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Autorialità e videogiochi: perché Death Stranding è “un videogioco di Hideo Kojima”

Di tanto in tanto l’internet fa tornare in auge una domanda: perché i videogiochi prodotti da Hideo Kojima riportano la dicitura “A Hideo Kojima game” (“un videogioco di Hideo Kojima”, in italiano)? Può sembrare lapalissiano, ma dato il numero esiguo di videogiochi che riconoscono così palesemente l’autorialità dell’opera, è una domanda più che legittima. Questa volta, tuttavia, non è la stampa a provocare la risposta, ma Hideo Kojima stesso, apparentemente senza provocazioni.

A Hideo Kojima Post

Una relativamente lunga serie di tweet nell’account dell’autore spiegano il suo punto di vista sul definire Death Stranding un suo videogioco:

“33 anni fa nell’insutria dei videogiochi, il team di sivluppo era formato da solo 5-6 persone. Creare e concepire le idee, scrivere storia e specifiche, disegnare la mappa su carta millimetrata, connettere i punti, inserire i dati direttamente, gestire la bandiera, costruire un linguaggio semplificato con la logica, comprimere le immagini in numeri binari, condurre tutta la direzione e scrivere anche lo script del manuale.

E dopo dovevo anche occuparmi della gestione aziendale, produzione e promozione. Anche quando il team si è ingrandito e i compiti sono stati suddivisi, il mio modo di fare giochi non è cambiato, come gli indie.

Ho coinvolto me stesso nella creazione dall’alto al basso. Questo è UN VIDEOGIOCO HIDEO KOJIMA.”

L’ultimo punto riassume abbastanza l’intero concetto: Hideo Kojima è coinvolto in ogni processo della produzione, e per questo ne reclama l’autoralità. Così è per Death Stranding, così era per Metal Gear Solid fino a che Kojima e Konami non rupperò i rapporti (generando peraltro una serie infinita di meme).

E oltre Kojima?

Non annoiandovi ulteriormente andando a ritirare fuori quello che successe con la copertina di Metal Gear Solid V quando la dicitura “A Hideo Kojima Game” venne rimossa, parliamo piuttosto di una critica che l’autoralità spesso comporta all’interno del mondo di chi i videogiochi gli sviluppa, ovvero la questione “riconoscimenti”.

Se da un lato nessuno si permette di negare i meriti di Hideo Kojima, dall’altro sembra quasi che venga a mancare il riconoscimento del lavoro delle altre centinaia di persone che lavorano a titoli di questa portata, apparentemente invisibili. Inoltre, anche in aziende dove il nome del  “regista” non è così altisonante, non sono rari i casi di sviluppatori che, avendo cessato la loro collaborazione con la casa di sviluppo prima dell’uscita di un determinato titolo, non hanno mai ricevuto riconoscimento del loro nome all’interno dei crediti del gioco in questione. Che dire poi di chi lavora in settori non direttamente connessi alla creazione in sé per sé del gioco, come chi si occupa di marketing o testing?

Cosa, per voi, da diritto ad una persona di reclamare il proprio diritto di essere nominato nei crediti di un gioco?

This post was published on 17 Giugno 2019 20:21

Giorgio Crosali

Faccio cose, vedo luoghi, incontro gente, scrivo robe.

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