Il futuro dei videogame sembra essere sempre più “immateriale” ogni giorno che passa, con buona pace di collezionisti ed appassionati del formato fisico. È inevitabile, quindi, che ci sia qualcuno che paghi questa tendenza al digital delivery, e questo qualcuno è il caro, vecchio negozio su strada; e quando si pensa ai negozi su strada, è inevitabile pensare a Gamestop.
Il retailer videoludico per eccellenza ha subito una nuova batosta, vedendo calare il valore delle proprie azione di circa il 40%, che hanno toccato il valore di 4,80 dollari l’una. Per arrivare a valori così deludenti, bisogna andare indietro nel tempo, addirittura fino al lontano 2003.
Alla base di quanto ora detto c’è stato l’annuncio della diminuzione del 10,33% dei ricavi dell’azienda americana. A dare la notizia è stato il CEO George Sherman, e le ripercussioni delle sue dichiarazioni sono state immediate e decisamente preoccupanti, soprattutto alla luce del fatto che Gamestop, nonostante tutto, non ha subito alcun genere di perdita.
Quanto accaduto fa riflettere tutti gli addetti ai lavori che, oramai da tempo, si pongono sempre la stessa domanda.
Come abbiamo sottolineato in apertura, la “sterzata digitale” del mondo dei videogame è oramai chiara a tutti, così come è chiara e lampante la volontà delle major di investire sempre di più in servizi come lo streaming. Se Microsoft aveva “aperto le danze” con il Game Pass, se Sony aveva proseguito sulla stessa strada con PS Now, anche Google non è rimasta a guardare, presentando in pompa magna il suo ambiziosissimo progetto: Stadia.
Ma quali sono le ragioni dietro il calo così repentino dei ricavi di Gamestop? Stando ai dati diffusi dal colosso americano, alla base di tutto ci sarebbe una netta diminuzione delle vendite hardware, calate del 35%. Nonostante le ottime vendite registrate da Nintendo Switch, sembra proprio che Playstation 4 ed Xbox One siano entrate nella loro parabola discendente.
L’unico campo in cui Gamestop ha registrato un aumento dei ricavi è quello dei collezionabili: le vendite di t-shirt, tazze, statue e gadget vari sono in crescita del 10,5%.
Nonostante sia chiaro che questa cosa al digitale sia solo all’inizio, e che gli effetti ora registrati non sono che un “antipasto” di ciò che verrà di qui a qualche anno, c’è da dire che i negozi fisici sono stati dati per morti in più occasioni ma, contro ogni previsione, sono ancora tra noi.
Ogni rivoluzione, più o meno grande che fosse, ha stravolto determinati ambiti della nostra società, e l’industria videoludica non può fare eccezione. Quanto affermato nel titolo del presente paragrafo corrisponde, né più, né meno, alla domanda che hanno dovuto porsi tantissime industrie dinnanzi ai grandi cambiamenti del mercato: chiudere baracca o abbracciare il nuovo che avanza?
Ebbene, chi vi scrive è fermamente convinto che i negozi su strada, così come tanti altri esercizi commerciali, finiranno per adeguarsi alle nuove tendenze, accentuando ancora di più alcuni cambiamenti, già sotto gli occhi di tutti. È ad esempio possibile che, in un futuro non molto lontano, il classico negozio di videogiochi si occuperà della compravendita di titoli e console, nuovi ed usati, soltanto in minima parte, destinando sempre più spazio dei suoi scaffali a nuovi beni quali, ad esempio, i gadget.
Un domani, chissà, gli store fisici potrebbero diventare dei giganteschi outlet, capaci di vendere action figure, portachiavi, oggettistica varia, o addirittura linee di abbigliamento dei franchise più famosi, relegando i videogame retail solo ad una fascia limitata della sua clientela: quella dei collezionisti.
Per quanto riguarda l’Italia, c’è ancora una fetta di utenza che continua ad acquistare console e videogame presso il proprio negoziante di fiducia. Nonostante gli store su strada non possano sempre competere con le offerte di colossi come Amazon, e nonostante la corsa al digitale di cui sopra, molti consumatori continuano a preferire i retailer, soprattutto per acquisti più “sostanziosi”.
È probabile che l’oramai imminente nuova generazione di console possa dare nuova linfa ai negozi di mezzo mondo, ma lo scenario più probabile è quello menzionato in precedenza, con un profondo restyling del concetto stesso di retailer che, da semplice negozio di videogiochi, diventerà un’attività commerciale a 360 gradi.
Ci siamo detti più volte che l’industria videoludica si muove a velocità elevatissime, che chi si ferma è perduto e che non ci si può opporre all’evoluzione, ma vogliamo chiudere il nostro articolo con una domanda tanto facile quanto non scontata: siamo veramente pronti a dire addio al caro, vecchio negozio di videogiochi?
This post was published on 6 Giugno 2019 16:51
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