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Dauntless: il successo della dedizione e della complessità

Ad una settimana dal suo rilascio ufficiale Dauntless, il videogioco free-to-play di caccia cooperativo ispirato a Monster Hunter, ha superato gli oltre 6 milioni di download tra PS4, Xbox One e PC. 

Questi ed altri dati sono stati comunicati da Phoenix Labs, gli sviluppatori di Dauntless, che non senza una puntina d’orgoglio si son dichiarati sorpresi del successo del proprio progetto.

Considerando la tipologia di gioco molto atipica e indirizzata ad una particolare nicchia di giocatori, rimane in effetti molto curiosa questa immensa scalata alla popolarità di una nuova IP free-to-play. Vediamo insieme cosa ha ispirato Phoenix Labs e come sono riusciti a far diventare un genere di videogiochi esplorato unicamente dal celebre franchise Capcom un prodotto di massa.

 

Back in the 2000′, I was in a very clunky videogame

 

 

L’ovvia ispirazione per Dauntless, un videogioco in cui un team di quattro giocatori affrontano bestie ferali con armi ed armature pseudo-fantasy, è ovviamente l’action hack n’ slash in salsa preistorica di Capcom, Monster Hunter.

Il primo Monster Hunter fu uno dei titoli più pubblicizzati all’epoca della seconda metà di vita della PS2: faceva parte di un trittico di nuovi titoli Capcom pensati unicamente per il gioco online, assieme ad un racing game (Auto Modellista) e Resident Evil: Outbreak. 

Sebbene fosse parecchio innovativo per la sua epoca, con un sistema di matchmaking, struttura delle missioni e suddivisione del loot che anche giochi contemporanei quasi non riescono a eguagliare, il suo particolare stile di gioco volutamente legnoso e punitivo assieme ad una grande accozzaglia di bug e impennate di difficoltà lo resero un titolo particolarmente mal digesto fuori dal Giappone, specie per chi si aspettava una sorta di Devil May Cry in cooperativa.

 

 

Monster Hunter ebbe però un successo strepitoso in patria, dove ogni anno venivano prodotti nuovi capitoli o versioni aggiornate e rivedute di quelli precedenti soprattutto per le console portatili di Sony e Nintendo, diventando uno dei franchise più redditizi per la casa di Osaka. Tra i paesi stranieri in cui il franchise riuscì a sfondare ci fu anche l’Italia, con la più alta player-base d’Europa.

Quando Capcom capì che anche il pubblico occidentale desiderava giochi impegnativi e che richiedevano costanza anche grazie all’incredibile successo dei Souls-like (i quali condividono molte meccaniche con Monster Hunter), decise di sviluppare un nuovo capitolo della serie per home console, con nuove tecnologie e meccaniche di gioco ma che rispettasse lo stesso identico spirito di progressione, crafting e studio dei mostri del capostipite: fu così che venne annunciato Monster Hunter: World all’E3 2017, destinato a diventare il capitolo più venduto di tutta la serie un anno più tardi.

Nel frattempo, un piccolo team canadese di developers provenienti da Riot Games, Blizzard, Activision ed altri importanti studi AAA avevano già annunciato ai Game Awards 2016 il loro primo titolo, ispirato proprio alla saga di caccia di Capcom alla quale avevano giocato per migliaia di ore nel loro tempo libero. Il team era Phoenix Labs, ed il loro gioco Dauntless.

 

Il clone (e non solo) giusto al momento giusto

 

 

Fa quasi sorridere che lo sviluppo di Dauntless sia iniziato parallelamente a quello di Monster Hunter: World, attualmente uno (se non l’unico) dei suoi più grandi rivali nonché titolo ispiratore.

Phoenix Labs iniziò a progettare Dauntless proprio nel 2016, con l’idea di portare su PC quella sensazione e quelle meccaniche che Capcom non è mai riuscita a trasportare nei computer occidentali, integrandole nel frattempo a fattori e meccaniche di gioco social molto più simili a quelle degli MMO come Word of Warcraft e Destiny.

L’annuncio di Monster Hunter: World, unico AAA dello stesso genere che avrebbe portato ulteriore competizione sia su console che su PC, non ha spaventato troppo Phoenix Labs che anzi sono rimasti estasiati sia come fan del franchise che come sviluppatori, spiegando come un titolo simile avrebbe portato più giocatori ad approcciarsi a questo particolare genere. 

 

 

Sebbene il progetto abbia subito alcuni ritardi per via di problemi di stabilità di gioco, il team non si è mai dato per vinto ed ha continuato a supportare il titolo per tutta la closed alpha e beta, per poi rilasciare la open beta a Maggio 2018. I dati parlavano già all’epoca, con un incredibile 2 milioni di giocatori partecipanti attivamente durante i mesi successivi.

Nonostante l’immediato successo, Phoenix Lab ha poi continuato ad ascoltare i feedback dei giocatori, migliorando le interfacce, la stabilità dei server (uno dei più grandi problemi durante la beta) e soprattutto realizzando una campagna marketing aggressiva ma non invasiva, gettando la pulce nell’orecchio di moltissimi giocatori ignari del titolo o del genere, e non solo chi all’epoca sentiva il bisogno di saziare la propria voglia di Monster Hunter prima dell’arrivo di World su PC.

L’ultimo tassello per il meritatissimo successo di Dauntless è stato infine il cross-play, ovvero la capacità di far giocare online ogni possessore del titolo sia da PC, PS4 e Xbox One. L’uscita su home console ha permesso anche a chi ha iniziato a giocarci su PC di portare con sé i propri dati e non dover ricominciare da capo.

 

 

Aggiungeteci infine un continuo miglioramento delle meccaniche ed un sistema di microtransazioni e battle-pass unicamente per i cosmetici come su Fortnite, ed avrete uno dei titoli free-to-play più competitivi e soprattutto più ispirati di questa generazione, un degno rivale della serie di Capcom alla quale si ispira. 

La popolarità di Dauntless sta raggiungendo livelli inimmaginabili, ed è destinata solo ad aumentare di questo passo. Non possiamo far altro che congratularci con Phoenix Labs e augurargli buona fortuna per il futuro. Se volete anche voi unirvi alla caccia ma siete ancora inesperti, date un’occhiata alle nostre guide!

This post was published on 1 Giugno 2019 16:20

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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