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Hasanabi ed il vento del cambiamento sociale su Twitch

Hasan Piker, popolare streamer di Twitch noto per le sue idee politiche atipiche in America e per il suo impegno sociale, ha dichiarato in un podcast che con le sue apparizioni e trasmissioni sta cambiando il pubblico di Twitch, rendendolo più consapevole ed educato a livello politico. 

Il suo intervento ha aperto una nuova discussione per la più famosa piattaforma di streaming mondiale, che da un momento all’altro potrebbe iniziare a trasmettere non solo mero intrattenimento, ma anche discorsi e programmi più “profondi”. 

 

Un pesce fuor d’acqua e la speranza di un’evoluzione

 

Hasan Piker è un giovane giornalista americano con origini turche, ed è diventato famoso su internet grazie al suo show Breakdown, dove affronta e si confronta con la propaganda politica americana ed i vari problemi del governo statunitense.

Grazie al suo incredibile talento nell’affrontare la situazione attuale della nostra generazione, è riuscito a crearsi un seguito non indifferente anche su Twitch, dove il suo canale conta ben 90 mila followers. 

Nel corso della scorsa giornata ha partecipato ad un popolare podcast per leftwingers e socialisti su Twitch denominato Chapo Trap House, presentato da alcune personalità del gaming come Felix Biederman. Durante la trasmissione, Piker ha spiegato agli ascoltatori e agli altri ospiti come la sua esperienza con Facebook lo abbia rattristato e scoraggiato, mentre come con Twitch sia riuscito a raggiungere un nuovo pubblico, ovvero quello dei teenagers e giovani adulti maschi che giocano per l’appunto ai videogiochi.

 

Tutti quelli che ora guardano le news su Facebook sono over 65 anni. Ed è terribile, se ci pensate. Voglio dire, hanno diritto di voto, ma non gli importano niente delle mie opinioni e punti di vista di sinistra. Quindi sono venuto qui su Twitch perché so che qui c’è un pubblico giovane, per lo più maschile e propenso ad una politica reazionaria, ed il problema è che i loro idoli politici sono un branco di idioti. E per questo non sanno niente di politica. Voglio dire, la maggior parte delle idee che hanno sulla Sinistra solo solo stereotipi inesatti provenienti da gente come Steven Crowder o Ben Shapiro”

 

 

Piker ha ammesso che ha incontrato inizialmente molta difficoltà a dialogare col suo pubblico, che rispondeva per lo più con meme come Pepe the Frog o altre prese in giro ai suoi ideali politici. A suo dire, però, il semplice fatto che qualcuno entrava in discussione senza insultare la loro intelligenza o magari divagando dallo stereotipo del “Social Justice Warrior imbarazzante”, è qualcosa che influenzava moltissimo il loro punto di vista. 

In America, sempre secondo Piker, vi è una gigantesca ignoranza sociale e politica perpetrata dalla classe dirigente affinché la gente non possa capire cosa sia effettivamente la Destra e cosa la Sinistra, e si va avanti a stereotipi. Con un giusto ed equo dialogo da entrambe le parti, la gente può iniziare tranquillamente a capire che niente è prestabilito e che possono esserci idee sociali e politiche che possano interessare anche i videogiocatori. 

 

La status attuale della community di Twitch

 

 

Non c’è da stupirsi che Piker abbia trovato una strenua resistenza al suo progetto sociale su Twitch. La community del popolare sito di streaming, abitata in gran parte da videogiocatori, è uno degli ambienti più tossici, discriminatori e generalmente imbarazzanti di tutto l’internet. 

Abbiamo ad esempio casi in cui intere community o followers di streamer attaccano determinati personaggi con meme e inside joke, incapaci di venir comprese e bloccate dai moderatori di Twitch. Casi come il TriHard meme, utilizzato per offendere giocatori di colore, o quella del pollo fritto utilizzata in modo molto simile sono solo due esempi della quotidianità sulle chat dei canali.

Razzismo e discriminazione sono dunque collegati dalla maggior parte degli spettatori esterni a questo mondo direttamente alla classe sociale dei videogiocatori, che a loro volta trattano in malo modo e classificano come “leftist” in America o “buonisti” qui in Italia chiunque li critichi o li insulti. Ciò genera un ciclo senza fine in cui non si insulta l’ideale politico o sociale, ma semplicemente la persona per non essere a nostra volta insultati prima. 

 

 

L’obiettivo di Hasan Piker è proprio questo: cercare di cambiare questa visione generale che la gente ha dei videogiocatori come retrogradi, reazionari, razzisti e dell’alt right, stereotipi sociali e politici in cui moltissimi videogiocatori d’oltreoceano si identificano per mancanza di alternative, solidarietà o ignoranza.

Un grosso problema da sormontare sarà però quello delle politiche interne di Twitch: fino a che punto si potrà parlare di politica e società all’interno di una piattaforma pensata per streammare videogiochi e quindi denigrare o bloccare argomenti come razzismo e discriminazione? Solo un mese fa una cosplayer lituana ha ricevuto uno strike al canale ed una sospensione della sua trasmissione perché stava preparando un cosplay di colore. 

Parlare di politica in modo sano, costruttivo e genuino è probabilmente una delle operazioni più difficili al giorno d’oggi, vuoi per l’ignoranza generale in merito o per le norme politically correct che bloccano qualsiasi accenno ad essa per “proteggere” gli utenti.

 

 

Allo stesso modo, una lenta ma costante fidelizzazione dei viewers a trasmissioni come quelle di Hasan Piker potrebbe generare col tempo una nuova generazione di giocatori e persone consapevoli della politica e della società in cui vivono, limitando magari futuri casi di razzismo e discriminazione proprio grazie all’informazione.

D’altronde, se uno degli ospiti di Chapo Trap House è riuscito ad approcciarsi dal nulla alla complicatissima saga di Metal Gear Solid proprio grazie ad una discussione nel podcast, c’è speranza che Twitch diventi un terreno fertile per un confronto e dibattito politico equo e solidale.

 

 

This post was published on 21 Maggio 2019 13:14

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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