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Il regista di Sonic si scusa e decide di cambiare il look del film

Questa settimana è stato presentato il primo trailer del nuovo “attesissimo” film basato sull’iconico porcospino blu di Sega, e la risposta dei fan non si è fatta attendere.

Tra meme, battute e critiche non troppo velate, la pellicola sembra non esser stata apprezzata, soprattutto per colpa del design un po’ troppo realistico di Sonic.

Non tutto è perduto, però, poiché sembra che il regista del film, Jeff Fowler, abbia da dire qualcosa al riguardo che potrebbe stravolgere il destino del film.

 

Quando la Vox Populi viene presa sul serio

 

You VS The Guy she tells you not to worry about

 

Il mercato cinematografico è molto diverso da quello videoludico: ad Hollywood a farla da padrone sono quasi sempre i produttori ed i giganteschi studi cinematografici, che lasciano ben poca libertà ai creativi che lavorano sulle proprie pellicole. 

Quando poi una pellicola è basata su una delle licenze più famose di un medium da miliardi di dollari, allora la posta in gioco diventa molto alta. Il problema è che il medium videoludico è un mondo nuovo partito quasi da zero, e ha dalla sua la caratteristica dell’interazione sia all’interno del gioco che nella produzione e campagna marketing. Due realtà che spesso hanno cozzato in passato.

A quanto pare, questa realtà potrebbe cambiare molto presto: dopo le incessanti critiche e prese in giro riguardo al design di Sonic nel suo primo trailer, lo stesso regista della pellicola, Jeff Fowler, ha preso la parola utilizzando il suo account Twitter.

 

 

“Grazie per il supporto e le critiche. Il messaggio è forte e chiaro…non siete contenti con il design e volete dei cambiamenti. Ci saranno. Tutti quanti a Paramount e Sega sono del tutto impegnati a rendere questo personaggio il MIGLIORE di sempre.”

 

A quanto pare la decisione di cambiare il design di Sonic è ufficiale, ed è avvenuta solo qualche giorno dopo l’uscita del trailer. Dal momento che l’intero concetto del film si basa su un uso diffuso e complesso della computer grafica, un cambiamento simile richiederà decine di ore di lavoro in più, ma lo studio è determinato ad ascoltare la voce dell’Internet e dei fan, coloro che più hanno a cuore questo progetto.

Se pensate che ciò sia una cosa da poco, rifletteteci un attimo: quante altre volte è successo che un film in dirittura d’arrivo decidesse di rivoltare come un calzino il proprio progetto a causa delle critiche e dei suggerimenti dal pubblico? Considerando poi il passato delle pellicole basate sui videogiochi, questo evento ha una risonanza ed un valore parecchio elevato.

 

L’Età Oscura dei film videoludici

 

Questo è un Goomba

 

Non si è mai capito come i più o meno famosi brand videoludici siano riusciti ad essere adattati, in passato, in pellicole dalla qualità infima o al massimo sufficiente. Probabilmente gli studio, vedendo il crescente successo di questi titoli dagli anni 90′ in poi, hanno voluto cercare di salire sul carro dei vincitori nel modo più semplice e meno costoso possibile, ovvero creando un film che della licenza avesse unicamente il nome. 

Il primo film basato su di un videogioco a saltare nella mente di molti è certamente quello di Super Mario Bros. del 1993, che aveva dalla sua un cast di tutto rispetto e costumi, effetti speciali ed un budget notevole per un progetto così underground. Già a prima vista si nota come l’intento del regista fosse quello di raccontare una storia del tutto diversa e completamente slegata dal famoso franchise di Nintendo, ma con l’obbligo di utilizzare il brand di Super Mario il film è diventato una sorta di Blade Runner mischiato ai Looney Toons, fallendo miseramente a raggiungere una qualità che vada oltre il “So Bad it’s so Good“, seguito anche da altri “capolavori” come il film su Mortal Kombat o Street Fighters

Di tutt’altro paio di maniche è invece il fortunatissimo franchise cinematografico di Resident Evil che, sebbene anche qui prenda unicamente spunto dalla storia e dai personaggi dei videogiochi, è riuscito a creare una saga di film action con un grande successo di pubblico e botteghino. I fan più accaniti dello storico franchise survival horror non hanno particolarmente apprezzato questi stravolgimenti e la virata sopra le righe, che invece sono riusciti a far conoscere Resident Evil anche alle masse più estranee al mondo dei videogiochi.

 

 

Vi è poi un nome che al solo pronunciarlo genera brividi e reazioni rabbiose nel corpo di numerosi aficionados: Uwe Boll. Se il mondo ha preso in giro i videogiochi per moltissimi anni nel passato, lo dobbiamo sopratutto alla scarsissima qualità e all’enormità di scene imbarazzanti presenti negli innumerevoli film di questo regista, che ha deciso in passato di adattare brand videoludici come House of the Dead, Alone in the Dark, Postal e trasformarli in qualcosa di inapprezzabile sia per i fan del grande schermo che per quelli del controller.

Ciò che fa più riflettere è che spesso sarebbe bastato davvero poco per rendere questi film discreti per entrambi gli schieramenti: se molti registi avessero fatto come oggi sta facendo Jeff Fawler, ovvero riadattare la pellicola seguendo i pareri di fan e videogiocatori, molti di questi progetti sarebbero potuti diventare qualcosa di più che di un semplice film trash da guardarsi con gli amici per ridere di gusto.

Basti pensare al film basato su Prince of Persia del 2010, una pellicola sicuramente non perfetta ma decisamente più apprezzabile anche per chi non conosce il franchise, proprio perché rimane fedele alle origini e ai temi trattati nel gioco. I videogiochi, specie quelli delle generazioni passate, sono quasi per definizione campy e fuori da ogni schema, e cercarli di adattare ad un medium più serio e realistico come abbiamo visto non ha mai dato i risultati sperati.

Speriamo dunque che, con questo nuovo cambio di rotta, il film di Sonic possa diventare un nuovo passo avanti verso la creazione di una dottrina decente dell’adattamento cinematografico dei videogiochi.

 

 

This post was published on 3 Maggio 2019 12:44

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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