Leggere bene, se non benissimo, il proprio contratto di lavoro è una di quelle pratiche che andrebbero trasformate in regole d’oro e appese sulle stanze di tutti quelli che, per necessità, hanno dovuto iniziare a fare i conti con il temibile mondo del lavoro; questa targa in oro andrebbe anche applicata sulle stanze di tutti quelli che vorrebbero andare a lavorare per Riot Games, software house nota al pubblico per aver generato quel juggernaut universalmente conosciuto come League Of Legends, il MOBA di maggior successo del mondo moderno.
Lo scorso anno Kotaku, con un report d’inchiesta, aveva parlato del sessismo che serpeggiava tra le file dell’azienda portando alla luce un caso di sessismo denunciato da due dipendenti dell’azienda. Secondo le ultime indiscrezioni le presunte vittime non potrebbero in alcun modo intraprendere azioni legali nei confronti della software house a causa di una clausola arbitrale firmata dalle stesse insieme al contratto d’assunzione.
Vediamo più nel dettagli cosa è successo
Il report di Kotaku realizzato da Cecilia D’Anastasio parla chiaro: Riot Games è (o era almeno a fino un anno fa) una software house che non vede di buon occhio il sesso femminile. Nel corsi di tale report si può leggere un po’ di tutto, dalle molestie verbali perpetrate ai danni di alcune dipendenti all’atmosfera che permea gli uffici della compagnia.
La clausola arbitrale che sarebbe stata firmata dalle due dipendenti a cui avevamo accennato sopra determina le metodologie di risoluzione di eventuali controversie. Queste controversie vanno risolte in modo separato dall’azione legale, attraverso l’arbitrato privato. Un documento rilasciato da Riot riconferma l’impossibilità per le dipendenti di contestare l’arbitrato; quest’ultimo sarebbe l’unica metodologia d’azione possibile per i lavoratori dell’azienda per affrontare temi come la discriminazione, le molestie, le ritorsioni o problemi legati alla retribuzione.
Secondo quanto dichiarato da Ryan Saba, avvocato che rappresenta le cause legali di Riot, a Kotaku esiste un precedente nell’azienda per ottenere con successo una giuria in una situazione dove l’unica soluzione prevista è invece legata alla clausola arbitrale. I dipendenti di Riot Games, per mostrare la loro opnione sul tema, hanno deciso di organizzare uno sciopero per il 6 Maggio; sembra che tale sciopero stesse venendo progettato da mesi, con continui rinvii a causa dei comportamenti dei piani alti dell’azienda.
La storia di Riot Games non è un caso isolato nel mondo dei videogiochi; numerose software house sono state tacciate di comportamenti scorretti nei confronti dei loro dipendenti.
L’ultima della lista sembra essere NetherRealm Studios, autrice del violentissimo e splendido Mortal Kombat 11 che abbiamo avuto l’occasione di recensire giusto la settimana scorsa. Secondo quanto raccolto da PC Gamer alcuni ex-dipendenti della software house americana hanno spiegato alcuni dei processi che hanno portato alla nascita di Mortal Kombat 11 evidenziando un certo sfruttamento dei lavoratori a contratto per determinati compiti, senza dimenticare il solito e ormai maledetto crunch time; una pratica diventata tristemente comune all’interno del mondo dei videogiochi.
Secondo quanto dichiarato da tali sviluppatori NetherRealm Studios è una software house dove le settimane lavorative, nel corso del periodo 2014-2016, sono arrivate a durare 100 ore filate con una media di 14 ore per giornata. Questi ritmi estenuanti di lavoro sono stati accoppiati, anche, a salari da fame per le medie americane se non si apparteneva stabilmente al team principale: i cosidetti contractors, secondo quanto dichiarato da Beck Hallstedt, potevano guadagnare durante il corso di un’ ora di lavoro dagli 11 ai 12 dollari, una cifra decisamente bassa per una posizione del genere quando si lavora ad un titolo tripla a.
Secondo Isaac Torres il problema è legato alla gestione dei tempi di lavoro.
“Gli sviluppatori di NetherRealm Studios sono alcuni tra i migliori del mondo, per questo motivo si meritano di poter lavorare su di un gioco con una schedule lavorativa umana. È scorretto e dannoso far lavorare così tanto persone con delle tempistiche così sbagliate; è ingiusto far fare il lavoro di un anno a degli sviluppatori nel corso di sei mesi”.
La brutta bestia del crunch torna a far capolino nel mondo degli sviluppatori di videogiochi; già la scorsa settimana avevamo sentito parlare di come Epic Games per stare dietro al successo devvastante di Fortnite, abbia portato avanti pratiche di tale tipo.
This post was published on 30 Aprile 2019 18:47
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